DON CHISCIOTTE, NON KOOK MA ‘KO-OK’   [PICASSO, DON CHISCIOTTE;  ERRI DE LUCA AL LICEO GIORDANO BRUNO, ROMA;  UN PERDEDOR YENILMEZ  (MICRORACCONTO)]

DI WALTER GALASSO

Avatar wp_16251317

RADIO GIORDANO BRUNO – FACEBOOK,  LORINI ALESSANDRA,  DIRIGENTE SCOLASTICO

DON CHISCIOTTE DI PICASSO: MULINI PICCINI, ASTA ‘HASTA EL SOL’

   Don Chisciotte, personaggio che può sembrare kook -strambo, eccentrico, stravagante, mattoide, svitato-, merita un nuovo aggettivo: ‘ko-ok’, nel senso che fra gli innumerevoli meriti di questo gigante della letteratura universale v’è la meravigliosa capacità di trasformare ogni kappaò in un okay, ogni sconfitta in uno slancio positivo, ogni débâcle in un potenziale seme di agognate res gesta. Non molla mai, ci crede sempre, asso della cosiddetta resilienza. Rischia di spezzarsi, ma è h24 lungi dalla possibilità di piegarsi. Forse Pablo Picasso, nel celeberrimo sketch su Don Quijote, ha cristallizzato simbolicamente questa ‘asintotica’ istanza di un’eroica challenge nell’altezza della sua lancia, che tende a superare, a nord, nientepopodimeno che il Sole. In un mero, densissimo dettaglio di PAINTING il geniale artista ha sintetizzato un’articolata STORY. Sale verso e oltre il Sole la lancia del cavaliere della Mancia, che guarda avanti, mentre i mulini, gli ostacoli per antonomasia in queste avventure, sono giù, piccoli, comparse: marginalia. Mulini piccini piccini, come quisquilie, e asta ‘hasta el sol’. Un racconto chilometrico in un semplice disegno.

DON CHISCIOTTE NELLA GENIALITÀ DI PABLO PICASSO

   Don può alzare bandiera bianca? Può scendere al compromesso di un armistizio? Qui ci vuole un adynaton per alludere all’impossibilità -radicata nel suo DNA narrativo- di arrendersi o accontentarsi di un ‘pareggiotto’ con l’avversario. L’Ingenioso Hidalgo Don Quijote abbasserà la cresta quando un sopravvalutato scrittorucolo, per esempio XY, in auge in un ‘star system’ da operetta, busserà -toc toc!- alla Porta dell’Olimpo della Letteratura, “Sono XY, ho venduto tante copie, posso entrare?”, e sentirà “Prego, si accomodi, prenda il posto di Miguel de Cervantes”. Un Autore che forse è stato un demiurgo un po’ autobiografico quando ha plasmato così il suo eroe. Il fulgido gioiello letterario, fondamento della narrativa moderna e uno dei libri più venduti di tutti i tempi, è albeggiato, nella sua elaborazione embrionale, quando il grandissimo romanziere, già schiavo e con tanti altri problemi, era ingiustamente in carcere. Il grande ne ha ultimato la prima parte a 57 anni -oggigiorno in un talent show potrebbe essere accettato in ‘The Writer Senior’ o ‘Uomini e Gloria, Trono Over’- e molto tempo dopo il povero Miguel s’è sciroppato la tortura di un mezzo plagio. Un impostore, collega del succitato XY e furbetto del quartierino, ha avuto la diabolica idea, qual canaglia parassita, di aggiungere un farlocco seguito alla storia, pensando di correre verso la gloria a larvato rimorchio. Il Cervantes, a seguito di tale porcheria, schifato da cotanta meschinità, s’è dato una mossa e s’è risolto a pubblicare il resto del capolavoro. E forse ha desiderato vergare il suo autografo anche sulla fronte dell’uomo nascosto dietro lo pseudonimo ‘Alonso Fernandez de Avellaneda’ -il responsabile dell’apocrifo-, più o meno come in seguito Zorro inciderà con il suo stocco una ‘Z’ su un nemico dopo averne asfaltato l’onore.

   Un romanzo immenso, con una vastissima gamma di meriti, fra cui conta, appunto, un inno alla tendenziale invincibilità di un animo ‘inox’, eroicamente cocciuto e prode. Il protagonista è un superuomo che in ogni scacco ne converte d’emblée la negatività in un re-agire, bel verbo in cui egli viene promosso, in una carriera più ontologica che sociale, a Re dell’agire.
   Se in ‘Google Traduttore’ si inserissero, tra ‘Afrikaans’ e ‘Zulu’, due nuove lingue, ‘Banalità’ e ‘Poesia’, potremmo così convertire il nostro concetto:

KO
   ________________

OK

BANALITÀ ⇄ POESIA

L’INVINCIBILE CAVALIERE  {PROF DI HIKMET  [PROF DI ERRI DE LUCA  (PROF DEL LICEO GIORDANO BRUNO, ROMA)]}

   Un interessante riferimento alla tetragona resilienza di Don Chisciotte è stato recentemente elaborato dallo scrittore Erri De Luca, in un incontro con gli studenti del Liceo Giordano Bruno, a Roma.

   Le ragazze e i ragazzi -sotto la guida della Professoressa Alessandra Lorini, Dirigente Scolastico- hanno accolto calorosamente il prolifico e importante Autore, con un’iniziativa tanto carina umanamente quanto interessante a livello culturale. Hanno vergato su una pergamena un ottimo messaggio di benvenuto, caratterizzato dalla ragionata inclusione, nel rispettoso e affettuoso testo, di titoli delle sue opere. A loro la parola.

Caro Erri,
ieri è stato “Il giorno prima della felicità” per noi del Liceo Giordano Bruno, perché anche la sola attesa di te, ci ha regalato gioia ed euforia. Non abbiamo dormito! Noi, come “I Pesci che non chiudono gli occhi” abbiamo provato ad immaginare per tutto il tempo cosa ci avresti detto e cosa avremmo potuto noi dire a te. Non vorremmo parlare “A schiovere” Erri, ma: “Tu, mio” sempre sarai per ognuno di noi. Averti qui, ora, “A grandezza naturale” ci fa venire la voglia di conoscerti “A spizzichi e bocconi” e finalmente non è più “Impossibile”, anzi è semplice, come ne “Le regole dello Shangai”.
Oggi saremo “Cercatori d’acqua” insieme a te, con la curiosità di un bambino. Tu, che ne “L’ora X” hai percorso sentieri ricchi ed articolati, con “Il peso della farfalla” sei tenuto oggi a raccontarci la “Bizzarria della provvidenza”, per farcene dono. Benvenuto Erri, che tu possa diventare nostro “Ospite incallito”.

   Erri De Luca ricambia questa garbata e brillante dimostrazione di vicinanza culturale aprendo il cuore a questi allievi così amici, sbottonandosi con l’uditorio in un amarcord imperniato su pietre miliari della sua formazione. E insegna anche l’ottimismo, con una serenità, olimpica e intensa, che indurrà la dottoressa Lorini a scrivergli, su Facebook, “Grazie Erri della tua pacata presenza al GB”.

   Dopo un sentito omaggio al grande Nolano -“Ho ripreso la filosofia con lo studio della biografia del mio conterraneo Giordano Bruno da cui prende il nome questa scuola”-, racconta in che modo Don Chisciotte, mediante Hikmet, gli ha cambiato la vita. Ed esalta proprio la sua capacità di tradurre ogni sconfitta in una peregrina specie di vittoria.
   “Intorno ai cinquant’anni coetaneo di Chisciotte, ho ripreso a rileggerlo sollecitato dalla lettura di una poesia di Nazim Hikmet dedicata al personaggio di Cervantes: ‘Tu sei il cavaliere invincibile degli assetati’.

   L’Autore si riferisce alla poesia ‘Don Kişot’, segnatamente ai versi

Fakat sen, yenilmez şövalyesi susuzluğumuzun,
Sen, bir alev gibi yanmakta devam edeceksin

[Ma tu, invincibile cavaliere della nostra sete,
Continuerai a bruciare come una fiamma]

   “Era il contrario dell’evidenza: non ne aveva vinta neanche una. In me si spalancò un mondo e nella mia seconda lettura sollecitato da Hikmet trovai che dopo ogni sconfitta Chisciotte si rialzava nonostante le ferite, ma indomito e pronto alla successiva impresa. Compresi ciò che mi era sfuggito da ragazzo, al tempo infatti mi ero concentrato solo sui fallimenti e sulle sue cadute sebbene a ognuna di quelle corrispondeva una ripresa dai colpi subiti, come se ogni sconfitta fosse linfa vitale per rialzarsi di nuovo”.

   Don Chisciotte è Prof di Hikmet, che è Prof di De Luca, che, Prof della gioventù che impara e pende dalle sue labbra mentre egli insegna, le fa un gran bel regalo teoretico. Vincere vale molto; saper perdere, incassare e metabolizzare con eroismo un’eventuale sconfitta vale moltissimo. ‘Non devo aver paura, mai, di nessuno e di niente’, è il mantra numero uno, da recitare prima della colazione e dopo la cena;  #sevincotrionfoseperdovinco è l’hashtag più trendy e virale.

   In un’edificante Rivoluzione nel pianeta Emoji, svolta epocale che fa scoprire un nuovo orizzonte nell’intimo sguardo del cuore, ogni KO 😵 diventa l”Hip, hip, hip, hurrà!’ di un OK

e della vittoria,

il pollice verso

è ora in su,

la faccina disperata 😭 sfocia in un sorriso senza se e senza ma 😃.

   Il perdente non è un uomo di serie B, non gli passi neanche per l’anticamera del cervello l’idea di tapparsi in casa come un Hikikomori triste, individuo che si lecca in solitudine le ferite. Nella fase finale d’una sconfitta fiorisca la start up d’una imminente rivincita, i gregari peones, alieni dalla depressione e da un’autostima con le gomme a terra, devono somigliare al chihuahua che ringhia contro un collega dell’alano Zeus, cane di eccezionali dimensioni.

   Un allievo di Don Chisciotte è invincibile anche in un brutto quarto d’ora. Facciamo un esempio narrativo e mettiamo il caso che uno sfigato viandante sia tristemente nei guai.

UN PERDEDOR YENILMEZ   [UN PERDENTE INVINCIBILE – MICRORACCONTO]

   Miguel, scombussolato, suda freddo, in una sorta di fornace, un inospitale luogo con una temperatura altissima. Il viaggiatore s’è perso in un anecumenico ‘Dasht-e Lut 2’. L’unica compagnia è un regalo del Sole lassù: la sua ombra, inconsistente entità gemella. L’altro, la polarità a cui ha alluso Freud in  ‘Psicologia delle masse e analisi dell’Io’, qui non c’è, né a guisa d’amico né di nemico: solo solitudine, mille volte peggio di un avversario, perché non la puoi sconfiggere, e neppure convincere a fare la Pace, Meraviglioso Valore. Il disperato voyager ha sbagliato strada e non sa che pesci prendere in mezzo a questa desertica antitesi al mare. La depressione minaccia come un nichilistico rullo compressore la sua voglia di sorridere. Albeggia un miraggio, ma stavolta le autodifese della fantasia non attaccano con questo personaggio, il quale capisce che la melliflua chimera è solo un allucinato bluff. Per affrancarsi dall’arida impasse egli abbisogna d’una mossa del cavallo, magari di un esemplare arabo berbero, ma i Tuareg, a cui tale razza è tanto cara, sono a una distanza abissale dai granelli di questa rena senz’acqua e con tanta pena, un’ultima spiaggia su cui lo straniero sta per sclerare in sordina. Sente nel suo stato d’animo montaliani cocci aguzzi di bottiglia, horror vacui e un gelo nelle ossa -Brrr!-, pur nell’inferno d’una canicola monstre. Prostrato dalla sete, e anche dall’implosione delle sue mete, cade, la testa sfiora un bollente tappeto di cattivissima sabbia, le ginocchia sprofondano un po’: ahi!, peggio d’un falò, e s’alza di scatto, come una saetta, come una cavalletta, in una disperazione maledetta. Può solo rimuovere l’angoscia facendo qualcosa, per non pensarci troppo. E si ricorda che alla vigilia della partenza ha preso dalla sua libreria il primo testo che gli è capitato fra le mani, inserendolo nel bagaglio. Il Caso gli ha voluto bene: è ‘Don Chisciotte’. Lo innalza, mettendolo fra sé e il giallissimo Sun, usandolo dunque anche come un ombrello editoriale -pazienza per la scomodità, meglio il disagio che una scottatura-, e inizia a leggerlo. Man mano che beve questa Letteratura, strana, stranissima, praticamente Super, l’espressione del suo volto cambia a centottanta gradi. A un certo punto l’uomo, ex potenziale desaparecido d’una bruta e brutta sfortuna, rimette istintivamente nello zaino il capolavoro, si guarda intorno, vede la somma ‘Nulla + Niente + Vuoto = Zero virgola zero zero’ e riprende il cammino, esclamando nella sua interiorità, diventata nel frattempo entusiasta come mai prima, ‘Non c’è problema!’. Don Chisciotte fa miracoli. Pure ‘sto Miguel, un povero diavolo, molto più scalognato d”El Perdedor’ di Enrique Iglesias, dopo aver letto sue res gesta si sente un mandrake invincibile, ‘yenilmez’, l’aggettivo che Nazim Hikmet ha attribuito al grande ‘Don Kişot’.

Walter Galasso