UN PERDEDOR YENILMEZ   [(Un perdente invincibile) – Microracconto  1  –  (Terza parte di  ‘DON CHISCIOTTE, NON KOOK MA ‘KO-OK”)]

DI WALTER GALASSO

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   Miguel, scombussolato, suda freddo, in una sorta di fornace, un inospitale luogo con una temperatura altissima. Il viaggiatore s’è perso in un anecumenico ‘Dasht-e Lut 2’. L’unica compagnia è un regalo del Sole lassù: la sua ombra, inconsistente entità gemella. L’altro, la polarità a cui ha alluso Freud in ‘Psicologia delle masse e analisi dell’Io’, qui non c’è, né a guisa d’amico né di nemico: solo solitudine, mille volte peggio di un avversario, perché non la puoi sconfiggere, e neppure convincere a fare la Pace, Meraviglioso Valore. Il disperato voyager ha sbagliato strada e non sa che pesci prendere in mezzo a questa desertica antitesi al mare. La depressione minaccia come un nichilistico rullo compressore la sua voglia di sorridere. Albeggia un miraggio, ma stavolta le autodifese della fantasia non attaccano con questo personaggio, il quale capisce che la melliflua chimera è solo un allucinato bluff. Per affrancarsi dall’arida impasse egli abbisogna d’una mossa del cavallo, magari di un esemplare arabo berbero, ma i Tuareg, a cui tale razza è tanto cara, sono a una distanza abissale dai granelli di questa rena senz’acqua e con tanta pena, un’ultima spiaggia su cui lo straniero sta per sclerare in sordina. Sente nel suo stato d’animo montaliani cocci aguzzi di bottiglia, horror vacui e un gelo nelle ossa -Brrr!-, pur nell’inferno d’una canicola monstre. Prostrato dalla sete, e anche dall’implosione delle sue mete, cade, la testa sfiora un bollente tappeto di cattivissima sabbia, le ginocchia sprofondano un po’: ahi!, peggio d’un falò, e s’alza di scatto, come una saetta, come una cavalletta, in una disperazione maledetta.

   Può solo rimuovere l’angoscia facendo qualcosa, per non pensarci troppo. E si ricorda che alla vigilia della partenza ha preso dalla sua libreria il primo testo che gli è capitato fra le mani, inserendolo nel bagaglio. Il Caso gli ha voluto bene: è ‘Don Chisciotte’. Lo innalza, mettendolo fra sé e il giallissimo Sun, usandolo dunque anche come un ombrello editoriale -pazienza per la scomodità, meglio il disagio che una scottatura-, e inizia a leggerlo. Man mano che beve questa Letteratura, strana, stranissima, praticamente Super, l’espressione del suo volto cambia a centottanta gradi. A un certo punto l’uomo, ex potenziale desaparecido d’una bruta e brutta sfortuna, rimette istintivamente nello zaino il capolavoro, si guarda intorno, vede la somma ‘Nulla + Niente + Vuoto = Zero virgola zero zero’ e riprende il cammino, esclamando nella sua interiorità, diventata nel frattempo entusiasta come mai prima, ‘Non c’è problema!’.

   Don Chisciotte fa miracoli. Pure ‘sto Miguel, un povero diavolo, molto più scalognato d”El Perdedor’ di Enrique Iglesias, dopo aver letto sue res gesta si sente un mandrake invincibile, ‘yenilmez’, l’aggettivo che Nazim Hikmet ha attribuito al grande ‘Don Kişot’.

Walter Galasso