UNA PASIONARIA H25 RETROCESSA A PITTIMA  [Bozzetto  3]

DI WALTER GALASSO

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   Una ragazza spumeggiante, Sonia Leranio, una tipa glamour, stuzzicante, con un je-ne-sais-quoi che piace a molti aficionados, si reca in una profumeria, uno store della catena ‘Douglas’, sito nell’ombelico d’una cittadina. Saluta affettuosamente una vendeuse sua cara amica, Luana, le augura buon lavoro, scambia con lei quattro amene chiacchiere ed esce dal locale. È spumeggiante, sbarazzina, sfiziosa. Vestita in chicchere e piattini, attira ancor di più l’attenzione con la sua signorile eleganza, scevra d’ogni eccesso che possa farla apparire un po’ trash.
   Poco dopo essere uscita, con uno scatto felino e una grazia parnassiana, si imbatte casualmente in una delle sue cugine  -complessivamente ne ha quattordici-, la squinzia Elisabetta, la quale, dopo essere stata a lungo una persona superficiale, edonistica in modo parossistico, allergica a ogni engagement, ha vissuto nel suo muliebre Io un’incredibile rivoluzione, una drastica svolta a centottanta gradi, così iniziando a recitare socialmente il ruolo di pasionaria assai impegnata. S’è iscritta alla federazione giovanile di un partito di estrema sinistra, prendendo la parola in infuocate assemblee, per perorare la causa di una collettiva battaglia giovanile a favore di una bonifica del leviatano, secondo lei zeppo di avanie, camarille, laidi padroni del vapore, capataz arroganti e sadici, sempre pronti a conculcare i diritti dei deboli. Con la sua parlantina niente male, una coinvolgente foga retorica, tanta sanguigna passione, la battagliera amazzone non si è peritata di portare avanti tesi per certi versi ancora più eversive rispetto all’ideologia del loro mitico archimandrita, Giuseppe, un rosso guaglione noto in città per le sue tante crociate contro l’attuale Amministrazione, capitanata da un industriale indigeno, il dottor Luca P., sardanapalo divenuto sindaco quasi per hobby. Il giovane comunista ce l’ha tantissimo con chiunque non voti la gauche, e non perde occasione per patrocinare ideali progressisti, dem, nei panni di precoce sanculotto del Bel Paese. La parente della signorina Leranio, incredibile a dirsi, è più a sinistra di lui, possiamo dire che nel volgere di breve tempo sia diventata più realista del re. Prova ne è che, mentre il compagno, quando non combatte filosoficamente in qualche ufficiale tenzone politica, tende a cazzeggiare, a gavazzare con la combriccola dei suoi amici, utilizzando il suo spare time per dire puttanate, raccontare barzellette da osteria, fare scherzi da prete a qualche amico, eccetera eccetera, lei, invece, resta sul pezzo, per così dire, pure nel tempo libero, militante h24, anzi h25: come sta facendo adesso.
   Sonia, non del tutto al corrente di questa nuova identità di Eli -solo lei, autrice del nickname, la chiama così-, resta di princisbecco di fronte al suo atteggiamento. Innanzitutto la parente ha un pittoresco e trasandato look, più ribelle della mise d’un punkabbestia. Larghi pantaloni, a zampa d’elefante, con molti spacchi, autografi sparsi qua e là, un adesivo raffigurante un famoso eroe, Che Guevara, incollato proprio su una delle due chiappe; stivali da soldatessa ai piedi, numero 44 -mentre lei porta il 40-, shoes da cui sale un brutto olezzo; un maglione lunghissimo, le maniche coprono quasi interamente le sue belle e affusolate mani, che di tanto in tanto ne escono come un animale, acquattato nella sua tana, possa avvertire ogni tanto l’esigenza di mettere fuori la testolina per vedere che aria tiri nel resto del mondo. E poi, passando alla descrizione del volto, per lumeggiare l’alto suo tasso di stranezza ed esaltazione basta citarne un dettaglio, palesemente finalizzato a épater le bourgeois: la ribelle demoiselle s’è fatta tatuare sulla fronte, in grande evidenza, una falce e un martello, mentre sotto il suo occhio destro, vicino al piercing nelle froge, si legge ‘W il PCI’. Nel suo caso le apparenze non ingannano, e l’abito fa la monaca, nel senso che, se il suo outfit denota Impegno barricadiero e ideologiche pulsioni à gogo, il suo linguaggio… di più.
   Mentre Sonia, suo malgrado sparring partner del suo protagonismo, l’ascolta con allibito stupore, l’oratrice inizia un impetuoso j’accuse contro i tanti scadenti concittadini da cui si sente attorniata. Molti credono d’essere dei cazzuti supermen tre punto zero, si impancano a personaggi autorevoli e/ma, se li guardi e studi con un minimo sindacale di attenzione analitica, non sono altro che mosci pecoroni. Pirla senza palle, omuncoli né uti né puti, tipici quaquaracquà che parlano e parlano e parlano ma, alla fine della fiera, vendemmiano risultati visibili solo al microscopio. Lo stesso sindaco -in questa animadversione forse la girl, più o meno consciamente, subisce il condizionamento del suo leader politico- fa il duro, convinto d’essere er mejo fico der bigonzo, ma, al netto del becero potere che gli procurano i suoi sporchi conquibus, è solo una tigre di carta. Che schifo, d’altronde, il modus operandi ch’egli adotta nell’esercizio delle sue funzioni! Viscido, ipocrita, paraculo e trasformista, per meglio incollare il suo sedere alla poltrona non esita, quando si ritrova in discussioni pubbliche su qualche avversario, a spezzare lance in suo favore, a fare l’amico del giaguaro, così acciuffa e ghermisce con una fava due piccioni, e che piccioni! Da un lato si erge a galantuomo ricco di fair play con i nemici, padrone d’uno squisito rispetto per chi indossi una casacca politica diversa dalla sua, dall’altro ammorbidisce e addomestica, con questo trucco mellifluo e subdolo, rivali che dovrebbero osteggiarlo toto corde, in una spietata opposizione. E poi, vogliamo parlare della sua astuzia all’interno della coalizione di governo di questo Comune?
   La povera cugina, che non se ne può fregare di meno -lei, va detto, indulge al vizio opposto, socialmente è affetta da un’allergia, senza starnuti, all’impegno: se stesse per accadere un golpe di generali versus la Repubblica sarebbe capace di continuare a spalmare smalto sulle unghie-, cerca di cambiare argomento. Salta d’Arno in Bacchiglione e “sei andata allo stadio domenica?”, sperando che l’altra, così propensa a torturarla e stressarla con argomenti più pesanti d’un mattone e più molesti d’una zecca, si accalori in un discorso terra terra e rilassante. Macché! La sua, purtroppo, è una sfigata illusione. L’altra, infatti, certo non arriva ad annichilire sul nascere un miserrimo dialogo sul popolare pianeta football, secondo lei di scarso spessore culturale, però riesce nell’impresa di iniettare pure in esso concetti di alto e noioso profilo. Sì, è andata, è stata contenta per la vittoria della formazione di casa, la sua squadra del cuore, però l’ha indignata l’orario del match. Oggigiorno, infatti, e non se ne può più, ragioni di vile business inducono lo stato maggiore del calcio al cosiddetto ‘effetto spezzatino’ nei turni di campionato, cioè le partite d’una stessa giornata, invece che giocarsi tutte contemporaneamente, come usava un tempo, si disputano nell’arco di diversi giorni, e a differenti orari, in un venale trionfo dei diritti televisivi e di altrettali porcherie.
   L’interlocutrice, mentre in una performance d’ipocrisia sorride e le dà ragione, annuendo nella simulazione di un idem sentire, pensa ‘Cugina mia, scassi le balle che non ho. E che, rilassati! Ammorbi l’atmosfera come una pittima’.

Walter Galasso