SALOTTO AZZURRO,  MARE ROSSO,  PATRON D’ORO   [Da articolo a racconto   (Comune:  Trieste  /  1 giornale italiano)]

DI WALTER GALASSO

Avatar wp_16251317

Trieste – Museo Revoltella  (inclusivo del Salotto Azzurro)

[…INSPIRATION FROM: Il Piccolo]

   Il quotidiano americano ‘New York Post’ vara un’iniziativa particolare. Un gioco di alto livello, inerente al Bel Paese. Pubblica la fotografia d’una fabbrica di Trieste, la Alder s.p.a., e fin qui nulla di eccezionale. Peculiare, invece, la domanda che pone a lettrici e lettori, a cui chiede dove, in quella immagine, si annidi l’Arte.

Trieste – Fabbrica Alder

   L’Autore precisa il numero dell’altra pagina su cui si può trovare, scritta in modo capovolto, la risposta al quiz, e per depistare sottolinea che ogni soggetto che voglia dedicarsi a questo intellettuale match contro il dubbio deve non solo azzeccare l’esatta answer, ma non impiegare un tempo superiore a venticinque secondi. Tale conditio sine qua non è del tutto impertinente, perché per trionfare in questo certame occorre non tanto un miniato spirito d’osservazione di quella industria quanto l’intuito per addivenire, con insight, a una conclusione che a posteriori, con il senno di poi, apparirà una mezza parente, a livello concettuale, del cosiddetto uovo di Colombo. Giova intuito, dunque, una capacità che, se in una mente brilla, può apparire pure dopo due secondi, se non prima; se dormicchia in un opaco letargo, a fasi alterne, può non apparire (e fare ‘goal’) pure dopo due settimane, se non di più.
   In Italia un collaboratore di ‘Trieste Cafe’, un giornalista che per puro caso si ritrova davanti a quella picture, e d’emblée decide di partecipare alla sfida, fa un exploit. In men che non si dica esclama “Elementare, NYP, Luciano!”. Nemmeno va a verificare se abbia centrato la verità: dà per scontato il suo successo. Senza montarsi la testa, però. Minimizza la portata del suo ‘numero’: lui è uno del posto, e a Trieste tanti, al suo posto, sarebbero stati ugualmente performanti. Luciano è, infatti, il boss del pianeta Alder, lo possiede da tanto tempo, insieme alla sua cara Annamaria, e molti concittadini sono al corrente della sua passione per l’arte. Non a caso il suo soprannome nella piccola Vienna sul mare è ‘Il Patron’, non nell’accezione più diffusa del termine, ma in una inerente alla lingua inglese. Egli non organizza festival o manifestazioni sportive: scuce soldi, sin dagli albori del suo mestiere di industriale provetto, come munifico ed encomiabile mecenate. Un grande merito, legato a tanti suoi doni filantropici, tant’è che la eco di tale generosità è appunto arrivata pure negli Stati Uniti.
   Questa sua squisita sensibilità stupisce a maggior ragione perché il grintoso soggetto ha sempre esercitato la sua professione con una fredda grinta. Nel mare magnum del suo settore, in mezzo a tanti competitor squali, alle prese con la Mission di galleggiare economicamente in un mercato paragonabile a un oceano con mille pericoli, il capitano (d’industria) è uno scafato timoniere e con un proficuo know-how, spesso studiato, come un paradigma da emulare, da giovani colleghi alle prime armi. Egli sa coniugare questa mentalità con il suo amore per quadri e sculture: ovviamente nessuna contrapposizione, su un piano teorico, fra i due interessi, però talvolta la teoria non è proprio idem rispetto alla prassi. Altri, al suo posto, direbbe a se stesso: “Delle due l’una: o ti dedichi al business, stando sul pezzo e concentrandoti nella professione dell’industriale, oppure cambi mestiere e diventi un altro tipo di attore sociale”. Luciano no, è superiore a ‘sta becera forma di superato manicheismo. Perché mai le due categorie devono essere interpretate come un’antitesi? Il dottor Luciani gestisce per un diuturno periodo la sua impresa, grazie al prezioso aiuto della sua signora, che lo guida amorevolmente come una Ninfa Egeria, in un connubio romantico e bellamente culturale. È Annamaria a spingerlo nell’agone aleatorio del business, a insufflare nel suo animo un fertile lievito di tetragona resilienza, a esortarlo, ad maiora, a non cullarsi, adagiarsi, crogiolarsi o addirittura dormire sugli allori. “Giddap!”, dice spesso a questo cavallo di razza negli affari, per insegnargli ad alzare sempre l’asticella.
   L’autrice di queste toniche esortazioni, però, si sveglia una mattina e, vedendo il suo eroe in pigiama, un po’ diverso da quando era un guaglione, siccome lo ama esattamente come lui ama lei, cioè tantissimo, capisce, con lo speciale cervello che negli esseri umani è nel cuore, che il campione, arrivati a questo punto, merita di godersi i frutti di un così lungo lavoro alle spalle. Sa che il marito le obbedisce a prescindere, e che se gli dà un suggerimento per lui la dritta è vangelo: quando gli suggerisce di appendere le scarpe al chiodo, cioè di vendere l’Alder, di fatto l’azienda è già di altri.
   Quella Società, va da sé, vale un perù, Luciano, dopo una trattativa né lunga né breve, la esita benone, ricava una cifra ghiotta, e brinda, ma fra le bollicine dello champagne v’è pure una piccolissima dose di malinconia. Ci sta, non è mai facile, per qualsiasi persona, rinunciare a una creatura messa al mondo tanto tempo prima, quando, nella posa della prima pietra, la propria soggettività era diversissima. È forse per reagire alla larvata minaccia di una nostalgica amarezza che l’uomo inizia a peterpaneggiare. Dice a se stesso che adesso deve togliersi qualche sfizio a cui ha dovuto rinunciare per decenni, tutto preso dal suo duro lavoro, e che, nel dedicarsi a qualche hobby dionisiaco, deve rivaleggiare, quanto a gagliardia, con Flavio, un suo nipote, di anni ventidue, che sprizza effervescente energia da tutti i pori. Un giorno, rientrando nella loro bella abitazione, confida alla moglie che vuole togliersi un capriccio di gioventù: acquistare, con una parte dei soldi ricavati dalla cessione della fabbrica, una rombante e lussuosissima moto, per poi, sulla sua sella, lui guidando come un centauro fico, farle fare tante belle passeggiate. Ulisse al volante e Penelope Annamaria dietro. Ha pure un’idea circa il preciso modello di bolide a due ruote: ‘Cosmic Starship Harley Davidson’, una chicca impreziosita dal genio di Jack Armstrong, ideale allievo nientepopodimeno che di Pollock (e nipote dello storico astronauta). Prezzo di listino del mostro: 1.280.000 euro e rotti. “Ah sì!?”, risponde, con chili di dissimulato scetticismo, la saggia Annamaria. La sua perplessità non è tanto dovuta a sfiducia verso l’effettiva possibilità che l’ex giovanotto possa fare faville al cento per cento su quell’astronave, quanto alla perfetta conoscenza che la donna ha della sua dolce metà. Lei sa bene che certi lupi perdono il pelo ma non la virtù. Il suo Luciano è chiamato o no ‘Il Patron?’. È chiamato. E infatti… Il mecenate viene a sapere che la ‘Stadion’, nota casa di aste, di Furio Princivalli, sta esponendo un corpus di 117 dipinti, della ‘Scuola triestina’, risalenti al periodo a cavaliere fra ‘800 e primo ‘900.

   Una collezione inclusiva di ‘Mare rosso’, straordinario prodotto dell’ingegno di Vito Timmel. Un artista, ‘maudit’, ch’egli ha imparato ad amare grazie all’opera ‘La mostra’, del Professor Claudio Magris, che ne ha realizzato altresì una versione teatrale.

«Mare rosso» – Vito Timmel

   Le opere saranno vendute all’asta il 24 maggio. Molti aficionados ed esperti, e la stessa Soprintendenza, auspicano che il prezioso insieme resti coeso, ‘Uno’, lungi da divisioni che ne ferirebbero la coerenza culturale. Nessun pericolo, ci pensa Il Patron, il quale, una settimana prima che un banditore canti “…e uno, …e due, …e tre, aggiudicato!”, sostituendo il mito della Harley Davidson con un beau geste molto più in linea con la sua storia, compra tutte, ma proprio tutte, quelle meraviglie e… Se le mette nel suo salotto? No, vuole sedurre ancor di più la sua Annamaria. Il mecenate, da lei ammirato in modo esponenziale per un bel gesto alla seconda, dona questi beni, costati all’incirca mezzo milione di euro, alla sua, alla loro amata città. Essi diventeranno fulgida parte del Museo Revoltella. Qual degno Patron, non poteva che far così, noblesse oblige. E poi, se la sua generosità avesse trionfato solo in parte, che figura egli avrebbe fatto con la sua Dulcinea? Quando la sua dolce metà, lui confidandole, prima dello ‘shopping’, la sua intenzione, lo ha guardato con fierezza e ammirazione, Luciano, un Patron d’oro, ha provato una gioia indescrivibile, che resta il primo fra i premi ricevuti per la sua carineria. Il secondo è quello conferito alla splendida coppia, in una cerimonia indimenticabile, dal Comune, nella suggestiva cornice del Salotto Azzurro. Un giusto plauso a un atto bello e originale, quasi come un ‘Mare rosso’.

Walter Galasso