DI WALTER GALASSO
Il Big Bang di questa storia, ambientata nella città lariana, è stato un bel gesto, un atto di affettuoso aiuto a un essere umano in difficoltà. In principio fu una Cometa, nel suo stato incipiente, quasi embrionale. Persone di buon cuore, che raccolgono un SOS e prestano soccorso a un bambino che ne ha tanto bisogno, nell’anno 1986. Prende l’abbrivo, con questa adamantina solidarietà da parte di due famiglie molto legate alla sfera dell’etica, un’evoluzione esponenziale. Quel soccorso non può e non deve restare una cattedrale nel deserto, una calorosa eccezione a una gelida indifferenza: ha da lievitare, crescere, assurgere a sistematica e istituzionale vicenda d’accoglienza. In un positivo effetto domino, il bene calamitando l’edificante voglia di bis a oltranza, quell’engagement protettivo mette radici, si amplifica in un impegno polifonico, e questo lavoro di squadra, nel simbolico anno 2000, si cristallizza nell’Associazione Cometa, e poi, nel 2001, in una Fondazione.
L’aiuto a infanzia e gioventù che versino in problemi si coniuga con uno slancio anche didattico, sportivo e generalmente ricreativo. Contestualmente questa pleiade avverte con spontanea coerenza un’istanza di apertura alla formazione professionale nel complesso mondo del lavoro. Un progresso a macchia d’olio, una diacronica avventura che esclude dalla categoria delle proprie regole i freni, le parentesi, qualsivoglia rallentamento, stasi, cesure: ogni caratteristica antitetica a uno sviluppo h24 e sempiterno. Fra i tanti momenti, in questo excursus, degni di particolare menzione v’è l’istituzione della Scuola Oliver Twist, che albeggia nel 2009. Se i fondatori di questa bella dimensione nel milieu di Como -e/ma anche di un paradigma a ogni latitudine e longitudine- avessero redatto una road map, avrebbero potuto scrivere ‘pietra miliare’ in corrispondenza della nascita di questo Istituto, fucina di ufficiali insegnamenti.
Hors ligne e altamente utile questa scuola secondaria. Il Lavoro s’innesta, in un armonico connubio, sul verbo ‘studiare’. Il senso di un job non è più una Meta molto lungi, che teorici scolari tra i banchi non possano vedere se non con un fantastico binocolo verso il futuro. Qui, in questa ‘palestra’ intitolata a un celeberrimo protagonista della letteratura universale, docenti umanamente vicini ai discenti come sorelle e fratelli maggiori, e utili come guide che danno dritte preziose e sincere, insufflano nel contempo, nelle vigili menti di chi impara, sia la teoria che il know-how in qualche mestiere. Che diventa uno in particolare -senza ‘qualche’- ben presto, quando i professori contribuiscono a enucleare, quasi con arte maieutica, da ogni studente la sua verità, i suoi desiderata professionali. Aiutano gli allievi -ad uno ad uno, in una didattica personalizzata- a intuire che cosa vogliano fare nella società, a quale occupazione preferiscano votarsi nella loro vicenda economica. Qui si abolisce la subordinazione cronologica e logica degli studi a una redditizia professionalità. I primi non sono più propedeutici alla seconda, che è già presente, ovviamente nella misura del possibile, nell’apprendimento scolastico.
Più importante di dieci saggi, per capire la pregnanza metodologica e contenutistica di ‘Oliver Twist’, è l’ascolto dei protagonisti, delle persone direttamente interessate. Nel video ‘Rinascimento – Scuola Oliver Twist – Cometa’, bellamente corredato anche di sottotitoli in inglese, ragazze e ragazzi esternano, con prosa inequivocabile, tutto il loro apprezzamento del sistema educativo e pedagogico adottato in questa school. Che, tiene a precisare la prima protagonista, è pure ‘come una seconda casa’. Definizione che fotografa in modo esaustivo come e quanto in questo plesso si ponga in essere una totale ottemperanza a un cardinale dettame di Cometa, ossia il principio dell’accoglienza, cifra della sua Mission. Poco dopo un amico della ragazza definisce il building ‘fantastico’ -prova provata di quanto il suo animo ne gradisca l’atmosfera- e spezza una lancia in favore dell’utilità degli insegnamenti, che “davvero servono a noi”. Un suo collega: “è come una ditta che ti aiuta…”. E un altro: “mi piace perché è una scuola reale”. I volti denotano sincerità al 101%, le lodi sono farina del loro sacco e restano del tutto aliene da una captatio benevolentiae. Ogni discepolo sente davvero che “mentre fai la pratica ti fanno imparare la teoria”, riconoscenti parole dette, successivamente, da un ragazzo mentre non fissa chi lo sta intervistando, con lo sguardo altrove, psicologicamente intento ad ammirare nell’immaginazione i positivi processi a cui sta alludendo.
Lo stile in auge in queste aule è ben presentato da un docente, che lo equipara, indirettamente, a un celebre canone della narrativa cinematografica (e non solo): ‘show, don’t tell’. Il bravo e pragmatico professore mostra, in una lezione, come una fertile operazione vada svolta, senza dire, senza introdurla con un fiume di vocaboli minacciati dal rischio d’una sterile autoreferenzialità. In Oliver Twist il tentativo di unire in matrimonio studi e lavoro va subito al dunque. E ciò è dimostrato anche dal ‘generatore’ “Il bello di stare insieme”, l’articolo -di ‘CiaoComo’- in oggetto.
Una partnership fra la scuola di Cometa e l’azienda Bennet, già finanziatrice di sussidi generosi e adesso positivamente impegnata nel demandare a questa lodevole gioventù, agli allievi del settore ‘Design del Tessile’, il compito di proporre dei prototipi di (riciclabili) shoppers. Un input al loro estroso talento. I creativi di DDB Italia, l’agenzia di comunicazione di Bennet, dall’alto della loro esperienza, e dal basso della democratica umiltà di trattare alla pari ragazze e ragazzi, discretamente hanno dato qualche suggerimento, anch’esso, però, ‘socratico’. Non hanno, infatti, pontificato e imposto egemoni modelli di creatività: si sono limitati ad aiutarli a diventare se stessi, a estrinsecare meglio il valore già presente nelle loro intelligenze. I risultati? Ottimi, va da sé. La vincitrice, Vittoria, s’è prodotta in una performance fumettistica, in cui dialogano una pera e una frazione di formaggio, pasta a guisa di farfalla e un red pomodoro e, dulcis in fundo, cioccolato e pane. Hanno meritato un premio anche altre menti, per esempio quella di Giulia, che ha voluto mettere un accento sulla dialettica complementarità fra una polarità yin e una yang nella dimensione dei cibi. O Linda, più semplice ma altrettanto importante. Ha enunciato erga omnes una regola valevole universalmente, non solo quando si comprino derrate: in una lista della spesa non deve mai mancare l’amore…
Walter Galasso
Sentire i ragazzi parlare così della scuola riempie il cuore di gioia e commuove. Grazie Walter Galasso per raccontare, in SCUOLA.HIT, le storie di una scuola che funziona nonostante tutto…perchè se la scuola vince, vinciamo tutti. Questa rubrica è preziosissima!!!