MASSIMO GIANNONI, PITTORE CHE RACCONTA LIBRI GRATTACIELI DI NEW YORK

DI WALTER GALASSO

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Massimo Giannoni, In studio.  –  YouTube – Arte San Lorenzo – 28 nov 2023

[INPUT:   E-MAIL,  16 apr 2013, 14:30,  DA GALLERIA RUSSO, ROMA,  A WALTER GALASSO   /   Anteprima – Preview – Massimo Giannoni, Tutto in una stanza]

   Store Seeber, gioiello in quel di Firenze, internazionale tempio, stracult, del pianeta Libri. Amato da celebrità come Thomas Mann, Ungaretti, Lawrence, Montale, Pratolini, Lukács e tanti altri illustri aficionados. Corre un anno vicino al Duemila, e s’immerge nella solenne e vivacissima atmosfera di questa galattica libreria un fuoriclasse, il pittore Massimo Giannoni, rientrato da un viaggio a New York. Un artista, è noto, ha un animo speciale, include nella sua intelligenza antenne particolarmente performanti, vede e sente, dopo pochi secondi, ciò che ad altri non appare nemmeno dopo mezzo millennio di ininterrotta contemplazione. Il Maestro, ammaliato da uno spettacolo ieratico e semplicissimo al tempo stesso, calamitato dal caleidoscopico tourbillon di quelle immagini, ricche di eterogenee sfumature, assai eloquenti anche se nessun libro ha le corde vocali, si abbandona, nella sua reazione ermeneutica, alle sue visionarie impressioni analogiche. Mentre il suo poietico Io è ammaliato da ognuna di quelle pubblicazioni, icone di Valore non transeunte, esse entrano, alla velocità della luce, in lui, e insufflano nella sua sensibilissima Stimmung la sensazione di somigliare nientepopodimeno che ai grattacieli della Grande Mela. Via Tornabuoni si trasforma tout court in una Manhattan del Bel Paese. E in quel preciso momento forse si pone ontologicamente in essere, in una epifania che affonda comunque le radici in un già consolidato ambito di causalità biografica, il connubio fra la poetica del Giannoni e la centralità delle biblioteche nel suo orizzonte tematico. Una palingenetica coupure nel suo percorso professionale, anche su un piano squisitamente tecnico, come lui stesso ha dichiarato in un’intervista a “Qui News Firenze”.

   Nel ‘sentire’ quelle faraoniche collezioni di letterari oggetti come un simbolico, intricatissimo paesaggio di titani, il talentuoso spettatore da un lato intuisce contestualmente che ha da innovare, rispetto alla rima funzionale tra pennello e acquerello, la tecnica, lanciando un SOS a grumi di pittura a olio affinché lo aiutino a rappresentare a menadito lo spirito di quella biblioteca; dall’altro si arricchisce filosoficamente. Nella sua Weltanschauung quei libri iniziano a diventare il tridimensionale, plastico logo del Tempo, nella sua diacronica complessità; delle infinite storie dell’umanità, dei frutti che rampollano ad oltranza dalle intelligenze di ogni essere umano, nessuno escluso. In questa mezza Istituzione, di per sé un tempio, adesso, con la presenza del creativo ospite sui suoi metri quadrati, tutte quelle librerie guadagnano un significato in più, e assurgono alla dignità di emblemi silenti d’un tempo ibrido, in parte complicatissimo e universale, in parte inerente a una normale quotidianità.
   Massimo Giannoni tiene a mettere un mnemonico accento su tutta la pregnanza, esistenziale e professionale, che quella storica visita ha avuto nel suo fertile cammino. Era ancora lì, in un fideistico abbonamento del suo cuore a quegli innumerevoli motivi di stupore, e scattava fotografie a ripetizione. Assimilava, nella sua ritentiva equivalente a una spirituale cassaforte a prova di bomba e d’oblio, “il gioco di luci acide” che, svelte come tanti scoiattoli diplomatici, volavano nel viaggio ‘mensole (di masserizie) – copertine (di libri)’, arricchendo ambedue le polarità. All’apogeo di questa situazionale meraviglia, nell’interpretazione sui generis che le ha regalato d’emblée il pittore, il fulgido gioco di riflessi legati cromaticamente al legno rossiccio.

Libreria Seeber, olio su tela, 160×180 – Massimo  Giannoni

   Nella splendida opera ‘Libreria Seeber’, olio su tela, 160×180, inerente al presente articolo, il pathos demiurgico e visionario di Giannoni si scatena nella sua passionale riconoscenza verso quei momenti così toccanti, dando un enfatico e peculiare risalto al suddetto colore, che in quella circostanza ebbe a sedurlo con intensissima dolcezza. Quella speciale tinta, che pacificamente attenta al rischio di non capire che una biblioteca fa finta di essere solo se stessa, nella ferace immaginazione dell’artista diventa un pelago vago e red. Mosso, forse in un maelstrom indoor, eppur non privo d’una liquida pace, in mezzo ad accumuli editoriali che tangibilmente arieggiano gli altissimi edifici di quella iconica e fantastica metropoli.
   Il pittore è stato di parola con sé. Skyscrapers ha visto in quel subisso di testi, grattacieli noi vediamo in questo suggestivo capolavoro. Questa volta dal dire al fare non sussiste nessun mare negativo, che in qualche modo possa simboleggiare un décalage fra le aspirazioni e i risultati effettivamente conseguiti: c’è solo quel piccolo oceano, pieno di spumeggiante luminosità, riflessi e bolle, schizzi e qualche gibigiana, in mezzo a libri che chiaramente ci appaiono una fiorentina Manhattan. Anzi, per dare all’illustre Massimo tutto ciò che è suo, sono addirittura due i livelli di questa riuscita similitudine. Libri-grattacieli giù, su eleganti mobili con piedi che sembrano tenebrosi slanci verso lo spazio, e poi le librerie ai lati e dietro, torri monumentali, fittamente popolate di e da migliaia di testi, allineati come la proiezione di un senso d’umana coesistenza, mentre la loro ciclopica totalità si specchia vagamente nel rosso al centro. E su, a livello apicale, sono spalancati serramenti che paiono interfacce tra questo pianeta e galassie remote, tipiche dimensioni di un altrove paradossale, limitrofo nonostante tutto, grazie al magico ossimoro di un artista che sogna, a occhi apertissimi, surreali significati. Dipinto ‘in’.
   Non lo consideriamo il paradigma di questo filone tematico, di cui Massimo Giannoni è unanimemente considerato un emblematico alfiere, appunto per non penalizzare le tante simili opere nel curriculum di questo asso. Il connubio ‘quadro-libri’ ricorre in lui, conta fra i topoi, per così dire, delle sue narrazioni pittoriche. La sua ispirazione ha creato il senso di biblioteche come un fermo immagine di film che durano un’eternità. Le storie degli esseri umani, i loro migliori studi, così gli alti livelli della coesistenza come esperienze terra terra ma non per questo irrilevanti, e un’infinità di altre umane caratteristiche sono custodite in esse.
   Anche questo è il senso di ‘Tutto in una stanza’, mostra -25 opere- ospitata, nel 2013, dalla prestigiosa Galleria Russo, a Roma. “L’artista -scrive Alessia Carlino- edifica palazzi enciclopedici, disegna immaginari skyline di un’urbanistica ideale, tratteggia metropoli dedite a custodire ogni forma di conoscenza” [“Tutto in una stanza”, INSIDEART, 22 apr 2013]. In questa importante personale dell’artista è emerso, con un’evidenza anche letteraria, il poietico fuoco dell’iconografia in oggetto. Solo con la straordinaria valenza sintetica dei libri si può racchiudere nel microcosmo di un immobile, ritratto in un momento di disabitata oggettività, tutta l’immensità di un macrocosmo sublime.

Walter Galasso