IL PICCOLO MUSEO DELLA POESIA  [Comune:  Piacenza;   2 giornali italiani]

DI WALTER GALASSO

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GUIDO OLDANI – PALAZZO VESCOVILE DI PIACENZA – CONFERENZA STAMPA SUL MUSEO DELLA POESIA – 22/01/2020 – stefanotorre.it

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Sportello Quotidiano

STEFANO TORRE  –  SPORTELLO QUOTIDIANO

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Libertà

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   Il 17 maggio 2014 albeggia in quel di Piacenza un peregrino tempio di cultura, il Piccolo Museo della Poesia le Incolmabili fenditure. L’artefice e demiurgo, Massimo Silvotti, alfiere d’un raffinato engagement, tiene a precisare che nel parto -un connubio, Parnaso e Museo, che può apparire un ossimoro- l’effetto rampolla dalla causa per impellente necessità, senza il responsabile timone d’una scelta scientemente meditata.
   Sotto l’egida del pioniere Guido Oldani, antesignano che in un effetto domino innesca una reazione a catena di encomiabili adesioni e allineamenti intellettuali, prende l’aire una challenge saporita, all’avanguardia. Dietro la fenomenologia di eterogenee e tridimensionali cristallizzazioni di genialità, accomunate da un lirico élan nella loro posa statica, circola il fluente, liberissimo, arcidinamico spirito di questa filosofica arte. Un armonico contrasto non solo tra statici reperti e velocissimi versi, ma anche tra i limiti in cui questi ultimi serpeggiano, come pesci in un acquario, e le Mete ch’essi attingono: laggiù, nella finitezza della realtà in cui nascono e crescono, toccano il senso lassù, grazie alla superdotata creatività del pensiero lirico. Il fondatore di questa Istituzione, primo Museo della Poesia in Europa, ricorda, in merito a questo concetto, Giacomo Leopardi. “Si pensi alla “siepe” de L’infinito, lo sguardo che, dovendo assoggettarsi al proprio non vedere, in realtà potenzia la propria visione” [“Toccare la Poesia del nuovo millennio”, di Massimo Silvotti, atelierpoesia.it].
   Una tesi che vale così nel milieu genetico di questo tipo di letteratura come, in altro eppur concentrico senso, nell’iniziativa d’un luogo che metta in vetrina entità come endecasillabi. Tu ne vedi un’ipostasi indoor, in luogo chiuso, ma nella visita di questi ‘cimeli’ ti ritrovi, talvolta senza nemmeno sapere il perché e il percome di questa immanenza, in un volo galattico di senso. E, a voyage ultimato, esci arricchito dall’originale e piacentino sito museale.
   L’Associazione Incolmabili fenditure, sin dagli albori di questa coupure, lavora con stacanovismo, un tour de force che è -innanzitutto e tout court- un geografico tour. Si mette a caccia, non solo sul suolo patrio, di libri e riviste, quadri e sculture, epistole e dediche, manoscritti e dischi e altro ancora, un melting pot di materiali pregiati, esibiti senza l’arrière-pensée d’una larvata promozione di qualcuno nella sua attività letteraria. È davvero un Museo.
   L’home di questa dimensione, la sua atmosfera umanistica, l’ambiente spirituale non ha e non avrà problemi, la pleiade che le presiede e ne costituisce la morale quintessenza va a gonfie vele nel suo impegno ad libitum, ma bisogna fare i conti con l’house, con il materiale spazio in cui sistemare questa cultura. La navigazione rischia qualche accrochage, ha da dribblare scogli, eludere collisioni con metaforici natanti avversi, mantenersi lungi dalle secche di inariditi finanziamenti. La solita, drammatica, antipatica storia. L’ironica performance del web designer Stefano Torre, un caustico persiflage versus chi adora e odora il denaro e non riesce proprio a fiutare il profumo dell’aulente poesia -il secondo video di questa pubblicazione- è un semiserio j’accuse contro le minacce, talvolta larvate, che incombono come spada di Damocle sulle sorti del Museo. Un gioiello che rischia di naufragare, o comunque di cambiare rotta e sloggiare dalla ‘sua’ Piacenza. È di questa città, e tale deve rimanere.
   E tale, fortunatamente, rimane, riuscendo addirittura a volare alto quando qualcuno poteva paventare che stesse per effettuare un atterraggio d’emergenza. Riesce a sistemarsi in un suggestivo e barocco edificio, la sconsacrata chiesa di San Cristoforo. Un frame ideale, per certi versi a guisa di proscenio teatrale, impreziosito dagli affreschi del Bibbiena. Il non plus ultra. L’inclusione di documenti poetici in questo ambiente può e deve essere presentato come un paradigma di coerenza. Una storia a lieto fine: dopo il pericolo di un patatrac, un’evoluzione che profuma di apoteosi e si candida a calamitare sistematicamente pellegrinaggi di aficionados della Cultura.
   Un salto di qualità dovuto, a livello economico, anche al mecenatismo di entità bancarie, e soprattutto scaturito sostanzialmente dal tenace e romantico slancio di persone come il poeta Guido Oldani -ne riportiamo, nel primo video, un importante intervento- e il protagonista, Massimo Silvotti. Un intellettuale che, con questo risultato, regala pure una plastica dimostrazione di un’idea a lui cara: con le poesie si può trasformare positivamente l’universo.

Walter Galasso