BODY SHAMING KAPPAÒ:  CHI DI PARRUCCA FERISCE…   [Bozzetto  9]

DI WALTER GALASSO

Avatar wp_16251317


   In una malfamata caffetteria, ‘Cornucopia’, gestita da un avanzo di galera, Gimmy Loto, un ex rapinatore che per anni ha guardato il sole a scacchi in una cella 3 per 4 della locale casa circondariale, quattro malviventi nel retrobottega, parlando un argot du milieu, si spartiscono un grisbi, che si sono procacciati con un colpo ben riuscito. La stanza in cui si trovano è attigua a una specie di bisca clandestina, con un’aria assai viziata, un grande vano dove ci sono pure tre macchine per giocare a videopoker. Tutte occupate. Dei giovinastri né uti né puti, perdigiorno che non hanno nulla di meglio da fare, sono intenti, in preda a una manifesta alienazione del loro bacato Io, a usarle in una coazione a ripetere, un’ossessione sintomatica della penosa fragilità delle loro coscienze.
   Nella principale stanza del bar Lorena, bruna quarantenne, un tempo squinzia niente male, oggigiorno depressa signora dalla venustà sfiorita, lavora con una brutta cera. Questo job non la esalta, ma ella se lo fa piacere, deve (esercitarlo) perché deve, il marito, ch’ella suole definire ‘pezzo di merda suina’, un suo coetaneo, l’anno scorso ha conosciuto una femmina molto più giovane, se n’è invaghito di primo acchito, in un torrido coup de foudre, e, dopo essersi messo insieme a questa femme fatale ‘sfasciafamiglie’, è andato a convivere con lei, in un’altra città. Ha abbandonato senza scrupoli il tetto coniugale, perdutamente innamorato, in un’erotica tempesta ormonale, di quello schianto di pin-up, ha mollato baracca e burattini e s’è lasciato alle spalle il suo matrimonio. Lady Lorena, che dal ‘The Day After’ della loro rottura apostrofa la rivale, almeno una volta al giorno, “quella mignotta” -ogni tanto, però, cambia epiteto: “quella puttana”-, s’è ritrovata suo malgrado single, senza ricevere alcun sussidio da quel fedifrago mascalzone, e con un figlio da crescere. Ergo ha avuto dannatamente bisogno d’un gagne-pain. Quando ha letto, su un giornale di annunci, che il boss di ‘Cornucopia’ cercava una collaboratrice, anche senza esperienza, purché ben motivata, disposta con stacanovismo a sgobbare quotidianamente, non ci ha pensato due volte. Lo ha contattato, si sono dati appuntamento, il mister le ha fatto, per così dire, una specie di provino, lei ha superato l’esame e l’indomani è diventata il tuttofare in gonnella del datore di lavoro. Un uomo che ogni tanto perpetra ai suoi danni qualche atto di mobbing, come quando, la scorsa settimana, le ha fatto un mega cicchetto davanti a tutti, perché s’era accorto ch’ella non aveva lavato con meticolosa precisione una tazzina. Questi immorali momenti, però, sono eccezioni a una norma che può andare, nel complesso quel maschio alfa con lei si comporta discretamente. È un tipaccio, si crede, ed è veramente, un bandolero due punto zero, in questo rione la sua appartenenza alla malavita è conosciuta pure dalle pietre, e la signora, che sin dai tempi in cui era ragazza, fidanzata con lo stronzo che l’ha scaricata, è sempre stata una persona ammodo, fan della Legge, non può certo gradire la propria iscrizione sul libro paga d’un siffatto brigante. Ma tant’è, è coartata (dalla sfiga) ad esserne lavorativamente aggiogata.
   Quanto al tramonto delle sue nozze -la coppia è scoppiata dopo diversi anni di bonaccia nel loro ménage-, lei è ancora affetta da una ferita non cicatrizzata. Quando, magari involontariamente, le balugina la loro felicità durante la luna di miele, prova una malinconia così lancinante da farla vacillare a livello psicologico. In quei momenti ha voglia di piangere, si sente perdente e moscia, ha la sensazione che la sua dignità abbia fatto una figura barbina, in una waterloo dei suoi diritti. Non ne parliamo se pensi al suo coniuge mentre fa l’amore con l’altra, con reciproci orgasmi, in amplessi origliati dai vicini. Ah, se avesse quella poco di buono tra le mani! Le darebbe un milione di sberle, fino a cambiarle i connotati, fino a farla pentire amaramente del suo impune furto. Sì, quell’arpia le ha scippato artatamente la sua agrodolce metà, non si è peritata di devastare il destino di un’altra donna, e meriterebbe, senza se e senza ma, di essere fagocitata da una tremenda geenna.
   Le corna pesano moltissimo a questa sfortunata e maltrattata persona, lo sgarro -duplice, da parte di tutti e due- le brucia, e l’ha pure destabilizzata su un piano di equilibrio sessuale. Ella, infatti, un paio di mesi dopo il patatrac ha iniziato a soffrire d’una peculiare forma di frigidità. Il suo apparato libidico è stato affetto da una saltuaria incapacità di provare desiderio e piacere sessuali. Una volta, in un mercoledì di settembre, avvertendo ‘sto problema, e avendo un appuntamento galante con un suo spasimante, intuendo che andando a cena dal drudo quello avrebbe potuto provarci nella fase postprandiale, ha tentato di riattizzare la propria libidine con uno spuntino afrodisiaco. Risultati prossimi al disvalore ‘niente’, tant’è che ha telefonato al potenziale stallone e con la prima scusa che le è venuta in mente, cioè che si sentiva decimi di febbre ed era prudente non uscire per un paio di giorni, ha declinato il galante invito. Abbassata la cornetta, s’è sentita una fallita, una alla mercé di turbe interiori misteriose, che lei interpretava come negativi ed endogeni condizionamenti più forti della sua capacità di debellarli. E ha versato qualche lacrima, augurando ogni male alla prima causa di questa sua débâcle, cioè lei, la megera etera, ladra, con zero etica nell’anima e una satanica propensione a fregare il legittimo marito di una bravissima donna.
   La barista, provata da questa sua crisi a più livelli, da un po’ di tempo è amareggiata anche per una patologia che la imbarazza: s’è buscata un’incipiente alopecia. Guardarsi allo specchio è una mezza tortura. La signora sta perdendo molti capelli, soprattutto al centro della sua chioma, un gap di cui si vergogna molto, a fortiori perché in questa bettola, agli antipodi della finezza di un tempio di sciccherie qual è il romano ‘Antico Caffè Greco’, purtroppo non mancano i cafoni che, privi dell’abbiccì del bon ton, non esitano a macchiarsi di body shaming.
   Ieri l’altro, per esempio, a un certo punto è entrato nel locale un peracottaio che lei detesta, Giovanni Ansaldo, uno dei criminali che adesso stanno nel retrobottega, un tipo che si vanta d’essere il braccio destro del ‘Tribale’, un boss divenuto una star da quando uno scrittore s’è ispirato alla sua cattiveria per scrivere un romanzo. Giò è fiero pure di avere molti soldi –in molti boatos e rumors si buccina che una buona parte della sua ricchezza dipenda non solo da rapine, ma anche dall’abominevole reato dell’usura-. Peccato che la sua ricchezza economica si innesti su una squallida povertà di garbo e cultura. È davvero un personaggio di rara rozzezza, come ha dimostrato, nella suddetta circostanza, quando ha iniziato a fissare il diradamento tricologico in testa alla donna. Poi, senza pietà, prima serissimo, poi sbellicandosi dalle risate, le ha detto che per il suo prossimo compleanno le avrebbe regalato la parrucca da lui usata durante un reato per travisare la propria identità.
   Una ferita che brucia nell’animo di Lorena. Pensa proprio a questa offesa quando entrano due poliziotti, in servizio e in divisa. Tutto accade in pochi istanti. Scatta una vindice reazione nella signora, umiliata da quel maledetto cafone, di cui poco fa ha sentito la voce, mentre ai compari diceva che, avendo lui rischiato di più nel colpo, gli spettava una maggiore quota del bottino. In un istante il suo eroico orgoglio decide di ficcarsi nei pasticci, rischiando il posto di lavoro, pur di farla pagare al brigante, che nel suo inconscio simboleggia pure ogni uomo, come l’ex marito, che le abbia mancato di rispetto. Si rivolge alle forze dell’ordine, parlando a bassa voce con l’agente meno giovane, e dice, nei panni di credibile testimone, che ha intercettato con le proprie orecchie un tizio, uno avvezzo a rapinare banche e negozi con una parrucca in testa, mentre parlava del suo reato più recente. “Adesso è in quella stanza”, bisbiglia, aggiungendo una sommaria descrizione del suo look. Morale della favola: tre giorni dopo scattano le manette ai polsi del villano Giovanni. L’indomani Gimmy, alle cui orecchie è giunta voce che…, licenzia la dipendente, guardandola con disprezzo e chiamandola “infame”. Dopo tre ore la disoccupata Lorena, rientrata a casa sua dopo aver pianto, va in bagno, per gettare acqua sugli occhi arrossati, e vedendosi nello specchio sul lavabo prova una strana sensazione. Contempla il volto di un’eroina acqua e sapone. Lei ha perso, per ora, magari solo per poco tempo, il lavoro; quel bastardo, invece, ha perso addirittura la libertà, e per un bel pezzo. Body shaming kappaò: chi di parrucca ferisce…

Walter Galasso