SBERLA MANUALE NO, SCHIAFFO MORALE SÌ   [Bozzetto  11]

DI WALTER GALASSO

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   Un sottoproletario hors ligne, Beppe Cialdieri, s’è sistemato sui gradini di una chiesa. Look simile all’inconfondibile outfit di un punkabbestia, zazzera brizzolata e in disordine, scarponi, numero 44 -mentre i suoi piedi sono 42-, parzialmente ammantati d’un pittoresco strato di fango, questo strano personaggio sprizza concentrazione da tutti i pori mentre legge un libro impegnato. Molti testimoni di questo sorprendente show, culturale e on the road, restano di princisbecco nel vedere un reietto, un paria socialmente emarginato, in una tale performance.
   Poco fa è transitato, nei paraggi di questo ilota, un affermato professionista, un sardanapalo -è un famoso principe del foro, parcelle monstre per i clienti-, vestito in chicchere e piattini, intento, con un’ingordigia animalesca, a sbranare un ciclopico trancio di pizza, con le mani unte e tracce di pomodoro sulla barba. Uno schiavo della fabbrica dell’appetito. Sembrava che non toccasse cibo da due settimane. Eppure, soggetto con tanti studi alle spalle, avrebbe dovuto avvertire toto corde l’esigenza di apparire in pubblico un vip raffinato, un elitario e sofisticato intellettuale. No, gnam gnam a volontà, istinto ad libitum, disdicevole incapacità di differire un bisogno, non impellente, del fisico.
   Giuseppe, invece, l’esatto contrario. Non conta un fico secco nel leviatano, è uno sfigato che molti concittadini chiamano ‘barbone’, non ha un florido reddito, appare un arfasatto male in arnese, probabilmente residente, e pure in modo clandestino, in un agglomerato di favelas nell’estrema outskirts, se non proprio un poverissimo pezzente senza fissa dimora, ma surclassa l’avvocato di cui sopra. Dimostra a tutto questo quartiere di essere un aficionado di libri, di venerare uno scrittore, di non riuscire a distogliere il suo sguardo da un’opera dell’ingegno narrativo. Bene bravo bis!
   ‘Sto mandrake fa davvero un figurone, che aumenta il tasso della propria intensità quando, a sorpresa, gli si avvicina il dottor Mario Formaggio.
   Un giovane immerso in un vibrante engagement. È molto noto da queste parti, gestisce uno store, disordinatissimo, di testi usati, tutti di un certo livello. Alcuni sono proprio chicche a livello editoriale, e valgono un perù. La sua bottega è una mecca di rarità per un battaglione di fedelissimi avventori, che, a parte l’interesse che manifestano per la sua chic merce, trattano lui come un guru a cui chiedere info e consigli. Quel punto vendita, denominato ‘Seconda Biblioteca d’Alessandria’, è molto più che un mero esercizio: è un laboratorio dove tu, tu generico, percepisci, un attimo dopo aver oltrepassato la soglia d’ingresso, un’atmosfera esclusiva, un non so che di raffinato. Mario, consapevole del carisma che emana fortemente dalla sua persona -costui ha proprio il fisico del ruolo della testa d’uovo piena di ‘rossa ideologia’-, se la tira. Si atteggia a pensatore sui generis, e si vede da mezzo chilometro che per lui il mestiere di esercente nel settore delle pubblicazioni è solo l’ultimo dei suoi punti di forza.
   Orbene, un tipo così, assai gasato, convinto, anzi convintissimo d’essere Qualcuno -o Nessuno, se come Ulisse con Polifemo-, di fronte al signor Cialdieri si mostra simile a un gregario davanti a un campione. Non appena si ritrova a un tiro di schioppo dal clochard -che fa finta di non averne notato la marcia d’avvicinamento- lo saluta con rispetto. I due si conoscono da un paio di lustri, e il rivenditore ha sempre visto in questo insolito e dignitosissimo personaggio un eroe dei giorni nostri. Un paradossale asso di autorevolezza. Un Uomo con la maiuscola, emancipato dalla conformistica soggezione al sistema, un cazzuto spirito libero, innamorato di letteratura e impregnato di un’edificante idiosincrasia verso falsi miti come ricchezza pecuniaria a tutti i costi. O morbosa voglia di avere accesso alla stanza dei bottoni. Per un comunista come Mario, alfiere di una gauche radicale, senza compromessi, dura e pura, uno come Beppe merita un monumento.
   E infatti tende, talvolta pretestuosamente, a incensarlo, a regalargli sviolinate forse degne di miglior causa, vagamente esagerate. Adesso, per esempio, “Beppe, nessuno può togliermi dalla testa che se, puta caso, soffiasse nella Repubblica un vento nuovo e si configurasse una piccolissima possibilità di una rivoluzione istituzionale, con molti privilegiati mandarini pronti a difendere con le unghie e con i denti la loro iniqua superiorità sociale, tu staresti ai materassi, pronto a sfidare a singolar tenzone la lercia casta di fascisti in sella”. E che! Un peana!
   Il destinatario della sperticata lode sorride al suo mittente. A non molta distanza dal duo ci sono men at work, deputati alla ristrutturazione di un edificio. Operai avvezzi a lavorare sodo, con encomiabile lena. Adesso si stanno concedendo, dopo un’autentica corvé, un meritato break. Uno di loro, sor Flavio, un soggetto molto conformista, avendo udito il complimento, e non essendo affatto d’accordo, sbotta in “Ulalà, peppa pippa!”. Quando pronuncia questa espressione, da lui inventata, intende prendere per i fondelli qualcuno. Nel caso in questione il persiflage che rivolge al marxista libraio, senza però avere il coraggio di parlargli in faccia, è dovuto al fatto che per il proprio cervello quel vagabondo merita solo un cicchetto, altro che presentarlo come un eroe.
   Ma quale eroe d’Egitto! Per Flavio è solo un fetente sporcaccione che i propri occhi hanno beccato, per ben tre volte, in flagranza di reato. Quale? Orinare nel loro cantiere. Perdindirindina!, il manovale ha dovuto contare fino a mille per non alzargli le mani e fargli vedere i sorci verdi. Lo hanno dissuaso due suoi colleghi, particolarmente sensibili a livello di solidarietà sociale, e infatti molto impegnati nella militanza in una nota Associazione di Volontariato, sotto l’egida di un Movimento artistico. Uno, in particolare, Lino, il più giovane componente di questa équipe, un guaglione di anni 21, si è speso per calmarlo, per fargli capire che quel miserabile va compatito, non menato. Flavio gli ha dato retta, ha chiuso un occhio, ha tollerato la sua volgare minzione, e ha pure un po’ capito che quel tipo allo sbando è un povero diavolo, alla mercé di un destino avverso, sfortunato nella giungla della cosa pubblica, dove vige la legge del più forte lui essendo tanto debole. Da qui, però, a farne un superman corre una distanza abissale.
   Nel captare il mirallegro rivoltogli dal signor Formaggio ha subito pensato che costui è un esaltato ‘compagno’, tendente a gabellare per Fenomeno qualsiasi soggetto al verde, fallito, in patenti difficoltà finanziarie e senza un briciolo di prestigio. Un atteggiamento, apologetico in modo pacchiano, che gli dà molto fastidio, lui essendo un attore sociale equilibrato, sempre voglioso, nel suo piccolo, di non sparare cazzate dal profondo.
   Evita di parlare in faccia al signorino Formaggio, anche perché è giunta voce, alle sue orecchie spesso piene di cerume, che quel sofisticato giovanotto in questo rione è un mito cool, conosce un sacco di gente, meglio non metterselo contro. Però la sua faccia parla chiaro. Snobba Mario, percependolo come un esaltato giacobino che legge capovolto il libro del mondo, e guarda Beppe con pupille che paiono disprezzo in sintesi. All’improvviso il signor Cialdieri si alza di scatto e corre verso di lui. Forse, avendo percepito ancora una volta la sua ostilità, vuole aggredirlo, per esempio mollargli un ceffone, per vendicarsi? Interpretazione del tutto fuori strada, o forse no.
   Giuseppe, con la testa alzata perché spesso gli piace interrompere la lettura per ammirare il cielo, ha visto che un pesante martello, inavvertitamente toccato con un piede da un operaio, collega di Flavio, al decimo piano della loro impalcatura, sta precipitando addosso al suo nemico, e in un beau geste tenta precipitevolissimevolmente di spostare quel bastardo e salvarlo. Ci riesce -in gioventù è stato un atleta dilettante, e il suo fisico ancora se la cava-. Scaraventa verso est Flavio e un attimo dopo quell’utensile arriva sul suolo come un missile.
   Ovviamente il beneficiario del salvataggio “grazie amico, fiuuu!, per un pelo non mi è arrivato in testa”. Ma la reazione del salvatore è gelida. “Non sono un tuo amico -gli dice senza neanche guardarlo, anzi dandogli le spalle mentre ritorna sul suo trono gradino-, non insultare pure la sincerità. Per favore, continua a disprezzarmi”. Sberla manuale no, schiaffo morale sì.

Walter Galasso