FRANK O’HARA, “BERE UNA COCA CON TE”:  OMAGGIO ALL’ AMORE E A NEW YORK   [COVER  4  –  11/9/24]

FRANK O’HARA, “BERE UNA COCA CON TE”:  OMAGGIO ALL’ AMORE E A NEW YORK   [COVER  4  –  11/9/24]

FRANK O’HARA, “BERE UNA COCA CON TE”:  OMAGGIO ALL’ AMORE E A NEW YORK   [COVER  4  –  11/9/24]

DI WALTER GALASSO

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COVER

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   Bere una coca con te

“Having a coke with you” – Frank O’Hara

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   Frank O’Hara, autore sui generis, penna nella pleiade della ‘New York School’, per tanti altri motivi è un pregnante cantore del milieu della Grande Mela. Nel suo élan parnassiano la metropoli è quasi un paradigma dello Spazio, un teatro universale degli eventi, grazie anche alla sua caleidoscopica modernità. Nel poeta l’antitesi alla cultura ortodossa accademica, alla paludata e conformistica tradizione formale -atteggiamento ch’egli incarna con sfrenata e anarchica originalità- procede di pari passo con la voluttuosa capacità di trovare nel suo tessuto urbano spunti (d’una profonda Weltanschauung) che sono tout court pure ponti verso una Poetica ontologica. Gli occhi vedono e nell’intelletto albeggia una poietica conversione dei dettagli in idee assolute.
   Nella poesia “Bere una coca con te” l’idea è l’Amore. L’opera, molto famosa e apprezzata -è stata pure definita “la più bella dichiarazione d’amore mai scritta”-, è un romantico peana che si pone in essere “nella calda luce delle quattro di New York”. L’ambientazione è un fondo della sostanza, non un mero sfondo del quadro. Un frame che, allargandosi e spezzando il perimetro che delimita la scena al centro, entra di diritto nel protagonismo del racconto lirico.
   Arzigogolata e tremendamente complessa questa operazione all’avanguardia? Tutt’altro. Essa affonda le sue incantevoli, profumate, spettacolari radici nella genuina capacità di valorizzare la primigenia e vera sede di tante verità: il mondo circostante, con il suo semplicissimo intrico di particolari che, apparentemente giù nella scala gerarchica della gnoseologia, a ben vedere grondano di senso. Molte, troppe volte gli intellettuali diversi da questo autore cercano oltre l’orizzonte  -che non si fa mai acciuffare e li frega sempre in questo asintotico inseguimento-  tesori che sono sotto il loro naso. O’Hara, invece, recuperando un prezioso magistero dell’empirismo, si guarda intorno, spia l’infinitamente piccolo per intercettare nel suo ambito qualche categoria generalissima, che è sinteticamente in esso come, nell’informatica, tanta roba in un file compresso.
   Sin dal giorno prima del Big Bang -il suo estroso cervello ha forse pensato talvolta- le verità sono accadute innanzitutto nella basilare concretezza della realtà, mica in astrazioni famosissime su libri e mai avvistate nella quotidianità. Ergo il poeta, altamente rispettoso della messe di significati racchiusi in ogni spicchio della Mela, non prova alcun senso di colpa, anzi sente un dionisiaco tourbillon di soddisfazioni autoriali, quando s’imbatte in due piccioncini, intenti a tubare contestualmente alla consumazione di Coca-Cola, e pensa, se tanto gli dà tanto, che lì, in quel romantico momento così minimalista, splenda nientepopodimeno che l’essenza dell’amore.
   Qualche detrattore con la puzza sotto le narici può forse obiettare che quell’Eros, ammesso e non concesso che entri a far parte del parolone ‘Amore’, tutt’al più può rappresentarne un esempio profano. Per O’Hara, invece, più che profano questo Sentimento è prof, nel senso che insegna, comunica che cosa significhi l’adorazione reciproca fra due anime gemelle. L’autore è talmente convinto che intorno a quella Coca stia accadendo un prodigio emozionale, un Evento che fa venir la pelle d’oca pure a chi guarda, che si permette l’ardimentoso lusso di giocare in un’iperbole e rischiare d’apparire un ‘critico’ dell’arte nell’accezione peggiore dell’espressione.
   No, sotto sotto non la critica, lui solo in apparenza sfotte l’altitudine della qualità di mostri sacri della pittura e della scultura. In realtà nella narrazione poetica di questo componimento l’Arte, in una evidente provocazione intellettuale, è un contraltare alla positività dell’attrazione erotica, più o meno come, mutatis mutandis, in poesie di non eccelso livello l’aficionado della dulcinea dichiara urbi et orbi che per Lei sposterà le montagne, pescherà la luna nel pozzo -con una canna che può apparire, in un quiproquò, droga che fa dir baggianate più che strumento dell’alieutica-, sfiderà a epico duello un drago alto un chilometro, eccetera bla bla. È chiaro, al bauscia innanzitutto, che ‘ste res gesta potranno essere compiute solo quando, per dirla con un adynaton, il Sole invidierà i pochi watt di un abat-jour. Sono esagerazioni che, nell’allegorica sala parto della Letteratura, aiutano la mente di un Autore a partorire una performance. Quindi, esaminando la poesia in oggetto con una lente d’ingrandimento, vediamo che questo scrittore, prendendo in giro pittori insigni, in ultima analisi li magnifica, reputandoli, in quanto tattica e assurda antinomia a Lei, il Titanico Valore che solo l’Amore, il Maciste fra i sentimenti, riesce a battere e talvolta umiliare.
   Ciò detto, messi preliminarmente i puntini sulle ‘i’ prima ancora che esse appaiano, assolto il dovere di escludere a priori che un vate possa sottovalutare un artista, divertiamoci pure nel bere l’iconoclasta persiflage, alias presa per i fondelli, che il birichino O’Hara, spirito sregolato e innovativo, scaglia addosso a Bersagli con la maiuscola. Con Grandi come Leonardo e Michelangelo -impossibile sottovalutarli, anche per un ribelle come questo poeta, e anche solo per il suddetto motivo- va cauto, dice e non dice, si limita a piccole scudisciate fatte con una piuma. Ma sotto l’Olimpo si buscano spiritosi guai uomini come Marino Marini, che “non ha scelto il cavaliere attentamente come il cavallo”. Come gli autori di ritratti, dipinti che contengono il 100% di pittura e lo zero per cento di volti. Come gli Impressionisti, che si dannano per stare di fianco all’albero giusto durante un tramonto altrettanto giusto ma, in tale situazione, pur virtuosa per tanti motivi, indulgono al viziaccio, accio davvero, di non cercare la persona ideale per godere appieno della e nella loro ricerca en plein air.
   Lei, la protagonista di questa poesia, è l’archetipo di un tale Ideale. Nel connubio con la fiamma splendono l’amore e il sesso e l’amplesso e le affinità arcielettive fra amanti e il diapason dell’orgasmo e la vicinanza tra cuori fino all’osmosi e alla fusione e… Più lungo dell’equatore l’elenco delle amorose delizie racchiuse nel rapporto con l’amata. Vicino a quella commerciale Coca-Cola, icona di successo popolare, la donna è ipostasi della “meravigliosa esperienza” che manca all’arte se essa si dimentichi che ‘l’amore è il motore del mondo’, uno degli infiniti insegnamenti della Filosofia. Il poeta non commette tale errore, perché il primo dei due grandi amori di questi versi, il sentimento che lo lega alla venere, è inconcusso e indefettibile, il suo soggetto non può sbagliare, esattamente come chi respira ossigeno sa che è un prezioso amico.
   Il secondo?: “…in the warm New York 4 o’clock light…”. Frank O’Hara è grato alla Mela, non Grande ma Grandissima, e la bacia con la sua artistica sensibilità, amandola come tanti ammiratori in tutto il mondo.

Walter Galasso