APP… APPETITO,  LA GOLA ACCOMUNA   [Bozzetto  20]

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COVER

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DI WALTER GALASSO

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   Un capannello di ragazze davanti a uno storico palazzo. Sono impegnate in un frivolo pissi pissi, in salsa d’ameno gossip. Sembra una comitiva democratica, e sostanzialmente lo è, quantunque per certi versi ci sia una leader di fatto, Giulia, una sorta di primus inter pares, una ‘capessa’ che detta la linea, dirige l’orchestra, funge da dolce archimandrita delle sue acquiescenti amiche. Ella è anche la più bella, e oggi generosamente espone la sua venustà in e con un look libertino e audace. Un abbigliamento pure ricercato, ogni capo è griffato e vale un occhio della testa.
   La nota un maschio laureato, il dottor Arnaldo Positano, e come un satiro la contempla in un desiderio tanto torrido quanto occultato. Egli, infatti, fa di tutto per non far trapelare la sua lussuriosa libido, vergognandosene, volendo apparire un uomo che non perde la testa di fronte alle fantastiche grazie di una gran bella cover-girl.
   Da nord proviene un ilota, Pippo, intento a trascinare un carro stracolmo di merce. Lavora per conto del signor Pino Imparo, un datore di lavoro che lo aggioga -talvolta perpetrando antipatici atti di mobbing- a disumani ritmi di fatica. Per ‘sto povero servo della gleba non c’è, in ogni ebdomada, un giorno in cui non gli tocchi una corvé, e la sua psiche inizia a risentirne. Dagli oggi e dagli domani, a furia di ‘fare un mazzo così’ -la sua espressione preferita per lumeggiare ogni stressante carico di lavoro-, questo povero diavolo è a un passo dal buscarsi un preoccupante esaurimento nervoso. Nel suo allucinato sguardo si legge spaesamento esistenziale, crisi del suo ubi consistam, represso anelito a tempi migliori. Comunque, al netto del suo interiore disagio psicologico, egli vuole sempre, nell’esercizio delle sue umili funzioni, dare il massimo. Il salario che gli sgancia il suo principale ammonta a pochi quattrini, ma lui tiene moltissimo a questo pur modesto gagne-pain, è reduce da un periodo di grave crisi economica e sa bene che uno stipendio, anche se scarso, è tanta roba rispetto alla disoccupazione. Il carro ch’egli tira -come potrebbe fare un cavallo- è molto largo, e quasi ostruisce il passaggio pedonale in questa strada. Due turiste si fermano, con le spalle vicine a un muro, e aspettano che esso passi. L’operaio le ringrazia per questo atteggiamento, avendolo interpretato come un beau geste.
   Un viandante, Gino Laione, cerca di aprire la porta d’ingresso di un’agenzia di viaggi, ma il serramento è chiuso a chiave. Dentro la titolare, Lucia Presto, una dama con i capelli lunghi e tinti ed eccentrici occhiali da vista, sta confabulando al telefono, con una concentrazione degna di miglior causa. La donna è così assorta nella call che fuori Gino ironicamente pensa, per prenderla un po’ per i fondelli, ‘forse sta chiacchierando con il Presidente degli Stati Uniti’. Lei lo ha visto, ha percepito il suo progetto di entrare, ma se ne impipa, lo snobba. Lui deve solo chiedere info, non ha intenzione di acquistare un ticket, se se ne vada non perde nulla d’importante. Ciò nondimeno insiste. L’altera professionista, ultimata la chiacchierata fiume, finalmente si alza e lemme lemme si appropinqua allo scocciatore. Lo guarda dall’alto in basso, come una spocchiosa badessa, e crede che il non avergli detto, dall’altra parte della door, ‘sciò!, alza i tacchi e togli il disturbo’ sia già un atto di corrusca e benevolente cortesia. Gino, scusandosi a priori per il disturbo arrecato, pone un tris di domande, la primadonna risponde a modo suo e finalmente, quando l’intruso sta ormai per congedarsi, ci tiene a dirgli che l’agenzia oggi è chiusa al pubblico, il front office ufficialmente è in stand-by… Morale della favola: gli fa presente, in modo neanche tanto sibillino, anzi diciamo pure papale papale, ch’egli le ha dato fastidio. E il voyager, recepito forte e chiaro il j’accuse, se ne va con la coda fra le gambe, leggermente affetto da un sottile senso di colpa.
   Davanti alla faraonica sede di un’importante Istituzione, a livello internazionale, dei militari, preposti a una sistematica sorveglianza di questo tempio laico e profano, perquisiscono tre persone provviste di un lasciapassare per entrare nel sancta sanctorum. Questo Palazzo, oltre ad avere la suddetta valenza politica, calamita pure, ogni giorno, frotte di visitatori culturali, esso includendo tante meravigliose opere d’arte, capolavori dal valore inestimabile. È citato in ogni Baedeker che si rispetti. Il fatto d’essere l’headquarter di molte Autorità  -ognuna chiamata ossequiosamente ‘Sua Eccellenza’ da frotte di lacchè, pronti a leccare i mandarini con una scientifica precisione della lingua-  ostacola il sacrosanto rapporto fra amanti della Pittura e i wonderful quadri lì presenti. Fino a poco tempo fa questo ieratico edificio, sottoposto a lavori di restyling, era impreziosito pure da un’opera, gigantesca, di tromp-l’oeil su un enorme pannello, montato davanti a una vasta area della facciata.
   Pur essendo esso molto noto a livello intercontinentale, un battaglione di guaglioni, nell’Urbe in gita scolastica, gli passa davanti e nemmeno ci fa caso. Da questa scolaresca proviene un casino pazzesco. Ridono in modo sguaiato e ridanciano, gavazzano con effervescente superficialità spirituale. Cristian, un ragazzo che cerca di fare l’istrione, racconta una barzelletta che fa ridere solo lui. E poi, quando imboccano un angiporto, iniziano a cantare all’unisono un inno calcistico. Forse sono tutti parimenti tifosi d’uno stesso club, e adesso vogliono rendere onore, con un élan sentimentale, alla loro squadra del cuore. Questo corale gorgheggio adesso non c’entra nulla, è incoerente come un cavolo a merenda, e infatti Osvaldo, il docente che ha avuto dal suo dirigente l’incarico di guidare questa armata Brancaleone, cerca, nella misura del possibile, di stoppare lo show fuori luogo, esortando gli studenti a comportarsi con bon ton e a guardarsi intorno per ammirare le mirabilia di Roma, splendido museo a cielo aperto. L’équipe  di pischelli obtorto collo obbedisce, e si vede da un chilometro che il loro rapporto con la Cultura merita al massimo un ‘3’ tondo tondo in pagella. Un boomer, Bartolomeo, intento a spiarli come un umarell, pensa ‘Ah, che gioventù bruciata! Di questo passo dove andremo a finire?’. Il punto esclamativo e quello interrogativo sembrano armi -sia pur in un arsenale che non vale-  per colpire -con polemica retorica- gente che suscita invidia, anche perché è nata dopo.
   A circa seicento metri da questo gruppo due ragazze si abbracciano e si salutano, con una cortesia alla moda. Una, Laura, è una sportiva tutto pepe. Frequenta ogni santo giorno una nota palestra di basket, si allena sempre, con il sole e con la pioggia, pure se il suo fisico non sia al top della forma, pure se abbia decimi di febbre. Sogna di diventare una campionessa internazionale, di vincere decine di coppe e trofei -e centinaia di milioni-, con un palmarès da Guinnes dei Primati. Attualmente riesce a conciliare questo impegno -il suo Io non vede l’ora che ‘sto hobby diventi una professione a tutti gli effetti- con gli studi liceali, ma non ha ancora deciso se, dopo il conseguimento del diploma, si iscriverà all’Università. In famiglia cercano di dissuaderla dal sacrificare a quel suo adorato pallone la chance di diventare dottoressa, ma Laura non tiene affatto alla possibilità di laurearsi. Anzi, per essere precisi, se ne frega, e quando si sbottona con Mara, la sua amica del cuore, le confida che se, puta caso, qualcuno le dirà, fra qualche anno, “scegli: o lo sport o una Facoltà accademica”, lei sceglierà il pianeta pallacanestro.
   Giulia, Arnaldo, Pippo, Pino, Gino, Lucia, Cristian, Osvaldo, Bartolomeo, Laura: personalità molto diverse, tra loro nessun tipo di conoscenza, ma v’è un ‘comune denominatore comune’ -il bis dell’aggettivo è un gioco, atto a far sembrare i due ‘comune’ un paio d’ali-. A ora di pranzo tutti stanno facendo la fila davanti a uno storico, mitico e trendy panificio, uno dei più gettonati nel Lazio, famoso per la virtù di sfornare quotidianamente una pizza da favola. Ognuno dei dieci soggetti aspetta pazientemente che arrivi il proprio turno -il locale dentro pullula di clienti- per assaporarne un ghiotto trancio. La gola accomuna. Ogni singola persona, ad una ad una, nell’appetito è simile ad altre, come nell’uso di un’App  gli utenti sono in certo senso parenti.

Walter Galasso