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DI WALTER GALASSO
“All animals are equal, but some animals are more equal than others” (“Animal Farm”) [“Tutti gli animali sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri” (“La fattoria degli animali”)]: famosa tesi di George Orwell, divenuta nell’immaginario collettivo un paradigma teoretico anche, se non soprattutto, in senso lato, molto utilizzato, per non fare che un esempio della sua amplificazione, in ambito politico. Una prova provata del valore filosofico di questo romanzo allegorico, una cartina al tornasole per capire a maggior ragione tutto il suo spessore culturale.
In questo articolo ne prendo le mosse mettendo un accento, nella sua interpretazione letterale, sui suoi protagonisti in senso stretto, cioè sugli animali. E nel titolo gioco con Orwell, nel senso che gli dedico l’incipit, con un omissis, per poi contrapporre all’amputata citazione una variazione “very well”, atta a rappresentare il valore positivo in oggetto. Nella rima fra cognome e avverbio l’antagonismo è ovviamente solo apparente, perché il senso di questo scritto è identico a uno dei messaggi etici che il grande scrittore ha voluto veicolare mediante la sua opera, ossia che NON ci devono essere animali più uguali degli altri.
È d’uopo un preambolo, per evitare a priori ogni possibile fraintendimento. In questa sede si affronta il rispetto per ogni essere vivente su un piano di doveri scientifici, in un approccio come quello dell’encomiabile WWF, non certo a livello di personali affetti. In senso sentimentale e poetico è bello se una persona, che abbia un coniglio e voglia bene al pet, tenda, nel parlare di animali, a mettere il più possibile in risalto i conigli. Il problema può sorgere se, ella inserendosi, con lodevole engagement, in un impegno culturale a beneficio degli animali, parli solo dei conigli. A tenore di inconcussi, indefettibili, evidenti canoni di etica, ogniqualvolta si consideri una comunità, un insieme, una categoria -sia di esseri umani che di animali-, conditio sine qua non di un’impostazione razionale è, va da sé, una preliminare sottolineatura dell’UGUAGLIANZA fra ogni singola unità. Se si ottemperi a questo imperativo categorico, talmente ovvio che appare pleonastico ogni accento sulla sua positività, allora trionfa la ‘DEMOCRAZIA’, in caso contrario l’antitetico disvalore.
L’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, a proposito del numero di specie animali esistenti sul nostro pianeta ha comunicato, in uno scritto molto interessante, che quelle conosciute, al netto di quelle ipotizzate con generica approssimazione, sono comprese, quanto a una stima statistica elaborata con acribia, in una forbice da 1,5 a 1,8 milioni.
Questa stima merita, come commento di primo acchito, un bel punto esclamativo tout court, solo soletto: !. Quanto all’oscillazione, in questa sede credo al dato ‘1.800.000’: nel dubbio meglio ancorarsi a un’approssimazione per eccesso che a una sua sorella per difetto, così non rischio di fare una scortesia a qualche creatura. Una cifra monstre. Se volessi inserire nella mia biblioteca cartacea almeno un libro su ogni specie -ma, mi conosco, finirei, nei vari negozi dell’edificante shopping, per aumentare, e pure molto, questo minimo sindacale (del nesso ‘bibliofilia e animali’)-, dopo l’addizione dovrei chiedere a tutti gli altri residenti nel mio palazzo la cortesia di trasferirsi altrove e permettermi di sistemare tutti i testi nelle loro case. Questa spettacolare, sublime varietà ci chiede di erogare energie culturali a favore della salvaguardia di TUTTE queste specie, dalla numero 1 -in ordine alfabetico, si intende- alla numero 1.800.000.
In un video virale, con due protagonisti, una ragazza e un asino, il delizioso equino, in precedenza cresciuto e allevato con affetto dalla donna (che esso non vede da tot anni), quando si accorge di lei ha una reazione bellissima, molto calorosa, di gioia allo stato puro, e la esterna in un modo che non può non commuovere gli spettatori. Ci è dato di supporre, anzi di asserire con certezza ad angolo giro, che la sua ‘umana’, alla luce di quella manifestazione di amore, e chissà di quante altre prove di vicinana sentimentale del suo amico, gli voglia un tale bene che, in un intellettuale gioco di associazioni libere, se tu le dici la parola ‘animale’, nel suo cervello albeggia l’immagine di un donkey. Per il suo cuore l’asino è l’animale per antonomasia: ci sta, anzi questa predilezione è tanto carina, rappresenta un legame romantico nel campo degli affetti. Non possiamo che diventarne followers, cercando pure di contattarla su qualche social network per complimentarci, magari postando “Bene Brava Bis!”. Il suo quadrupede -lo chiamo Platero, come il suo ‘collega’ amico, nell’opera “Platero y io”, dello scrittore Jiménez Juan Ramón- stravede per lei e lei per lui, ricambiando un nobile sentimento.
Se, però, questa persona, oltre all’amore per il suo asino, aneli a perorare la causa dell’animalismo con un atteggiamento universale, improntato a razionalità ed etica, è bene che nella sua Weltanschauung due cardinali principi nel rispetto degli animali siano, esattamente come nelle società umane, l’Uguaglianza e la ‘democrazia’, intesa in senso lato. Tutti gli animali vanno rispettati da una persona, a prescindere dai suoi affetti e dalle sue simpatie. Per un uomo deve essere un bene da tutelare anche la bestiola che non gli dedichi un grande attaccamento emozionale e non lo faccia sentire importante. L’amica di Platero, che quando l’ha rivista si è comportato come se avesse innanzi l’imperatrice di tutte le galassie, fa benissimo ad apprezzare questa dedizione e a provare, con puro pathos, tanto affetto per lui, ma deve voler bene anche alla bestia che resti indifferente quando la percepisca: essa non lo fa apposta, con colpa, ogni animale ha le sue caratteristiche, c’è quello più empatico ed espansivo e quello meno, ma la vita di ambedue ha il medesimo valore. Sbagliamo se enfatizziamo una particolare specie, quella a noi più gradita, e trascuriamo i pari diritti di qualche altra.
Recentemente, a marzo del corrente anno, si è verificato un abietto episodio a Tarquinia. Quattro meravigliosi cavalli, dinamici emblemi d’una lirica voglia di Libertà, in struggente fuga dalla sua repressione in qualche dorata galera, erano intenti a correre -criniere al vento come pennelli che dipingano traiettorie sull’aria- sopra la pista d’asfalto di strade vicine al Comune. Uno spettacolo naturalistico, con tanti valori armonicamente sintetizzati nel brado e audace galoppo all’unisono. Un’ordinanza amministrativa, in barba a ogni dettame di moralità, ne ha impietosamente decretato l’abbattimento a colpi di arma da fuoco, adducendo, a motivazione di cotanta violenza, il nocumento che i libertari destrieri avrebbero potuto arrecare alle persone. Follia, punto e basta. Scriteriato arbitrio, anche perché, ammesso e non concesso che quegli esseri potessero causare danni, bastava sedarli.
L’argomento merita un esaustivo approfondimento. In questo articolo mi limito a evidenziare che un così perverso provvedimento non ha suscitato nell’opinione pubblica la dovuta stigmatizzazione. Un vibrante j’accuse è stato ovviamente sollevato dagli ‘addetti ai lavori’, da tutte le associazioni ambientaliste, sempre pronte, nella loro fulgida Mission, a osteggiare ogni forma di violenza verso la fauna. Minore indignazione, invece, si è registrata in altri ambienti. La negatività dell’evento avrebbe invece meritato un coro -trasversale, virale, senza se e senza ma- di proteste incondizionate.
Forse tra coloro che non hanno fatto sentire la loro voce c’è pure l’amica del nostro caro asino -chiaramente in questo scritto la cito come un simbolo concettuale, non certo riferendomi esattamente alla sua identità personale-. Qui ed ora le voglio dire: “E se avessero sferrato al tuo Platero il sopruso che hanno perpetrato ai danni di quei poveri cavalli? Non te ne saresti fregata, e avresti fatto benissimo, mentre hai fatto male a non dispiacerti per quei quattro simboli di conculcata libertà”. Sono parimenti convinto che se Platero sapesse parlare e, seguendo i mass media, avesse appreso la notizia dell’abbattimento di quattro suoi fratelli, sarebbe andato da lei e l’avrebbe rimproverata per la sua indifferenza.
Walter Galasso