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DI WALTER GALASSO
Un Comune è stato da poco chiamato a eleggere il nuovo sindaco, ma nell’attuale primo cittadino non v’è proprio nulla di diverso rispetto a quello di prima: è la stessa persona, Pamela Panna, un’impiegata della pubblica amministrazione, sindaca uscente rimasta trionfalmente sul suo cadreghino, rieletta con un consenso plebiscitario. Non vi è stata partita fra lei e il principale antagonista, diciamo che queste elezioni sono state un walk-over, questa leonessa ha stravinto con stupefacente facilità, polverizzando le chances dei candidati rivali. Le percentuali di voto parlano chiaro, la winner ha assaettato chi si è permesso di insidiare la sua riconferma, e ha introdotto nel bulicame della campagna elettorale una sottrazione di suspense. Il suo, infatti, è stato un primo posto largamente preconizzato da sondaggi, previsioni di studiosi, chiacchiere da bar di gente che la sa lunga, profezie di giornalisti aspiranti stregoni, intuizioni di ieratici analisti, che hanno partecipato al largo pubblico i verdetti del loro sesto senso in concitati talk show, mandati in onda in prima serata.
Parole parole parole, come recita una famosa canzone, duelli in diretta, tavole rotonde con celebri guru dei mass media, sinistra contro destra, progressisti versus reazionari, volti famosi contro il primo piano di qualche carneade, pure lui voglioso di dire la sua su come sarebbe andata a finire questa tornata elettorale. Una proliferazione di liste da fare spavento, il bipartitismo trasformato nella babele di un’imbarazzante molteplicità di punti di vista politica. L’eterogeneità di questi analisti è stata pari a quella degli avversari della dottoressa Panna. Nel suo Comune il numero di liste e candidati non è stato molto inferiore a quello degli aventi diritto al voto. Alcuni neonati partitini hanno superato, sia nel nome che nel programma, la fantasia.
In teoria questo frazionamento non è un male, anzi è sempre una lodevole espressione di progresso la libertà di fondare una nuova polarità culturale per scendere nell’agone dell’impegno istituzionale. Il punctum dolens è che in questo trend, in questa narcisistica corsa a separarsi da un partito tradizionale per mettersi in proprio e fondare l’ennesimo club di mezze calzette, ha lasciato alquanto a desiderare il curriculum e la deontologia di questi avventati pionieri. La maggior parte di questi soggetti ha dato l’impressione di assemblare attori sociali di dubbia competenza, talvolta scelti solo per qualche merito tanto documentato quanto incoerente con lo scopo in oggetto.
In una lista è stato candidato un argonauta: sì, il lettore ha letto bene, non ha le traveggole, in queste elezioni amministrative ha provato a conseguire gloria pure un navigatore solitario, assurto agli onori della cronaca per aver compiuto la circumnavigazione di un luogo lontano e pericoloso. Bravo, che qualcuno gli dia un premio come miglior allievo di Ulisse, ma questa sua perizia (e peripezia) cosa c’entra con la politica? Il leader del gruppo in cui costui si è presentato, un ex assessore che appunto ha fatto palinodia della sua passata e decennale appartenenza a un noto partito, provando l’uzzolo di fondare un’avveniristica ‘casa’ di democrazia e libertà, ha cooptato questo lupo di mare al solo fine di incuriosire l’opinione pubblica e il potenziale elettorato. Spettacolo allo stato puro: possiamo definire così questa candidatura. Un tempo forse ogni elezione, amministrativa o politica che fosse, peccava di eccessiva serietà: la gente si disamorava da personaggi uggiosi, ‘pesanti’, sempre pronti a intessere una concione farcita del cosiddetto politichese, adornata di tecnicismi e articolata intorno ad argomenti spesso noiosi per il cittadino medio. Le ‘Tribune’, fiore all’occhiello della propaganda veicolata dagli schermi della televisione di Stato, aggredivano il relax degli utenti, e molti cominciavano a grattarsi dopo qualche minuto di trasmissione, tanto era urticante il fastidio iniettato nel loro umore e nel loro organismo da quei plumbei personaggi.
Oggigiorno nella città di Pamela si indulge al vizio contrario. Serietà prossima allo zero, il dibattito inquinato da una pletora di soggetti inadeguati alla meta che si prefiggono di attingere, i principi dello show trapiantati da circhi e teatri e cinema nelle diatribe preliminari all’assegnazione delle cariche pubbliche. Abbondano nani e ballerine, e usiamo questa espressione nella misura in cui risulta molto gettonata nella prosa giornalistica e i più capiscono al volo il suo significato: ovviamente bisogna precisare che il suo uso non implica offesa alcuna per queste persone. Il budget assai elevato di certi aspiranti sindaci -anche a causa di certi magnati che foraggiano le loro campagne con dovizia di esborsi- fa sì che abbiano molti strumenti i loro scatenati tentativi di ascendere all’agognato incarico di cittadino numero uno. Ecco dunque un caleidoscopico ambaradan di discorsi in piazza, comparse in emittenti (private e pubbliche), interviste rilasciate a pennivendoli -sempre pronti a tenergli bordone, facendo finta di onorare con oggettività la mission del ‘quarto potere’-, comizi in qualche angolo della città, con tanto di fanfarona claque, assoldata per far vedere che il personaggio che parla è una specie di mito odierno. Caos, insomma, e anche la campagna elettorale in cui ha lottato Pamela non ha fatto eccezione.
Però, e appunto, in mezzo a tutta questa farraginosa complessità il sentore che la suddetta impiegata stesse per bissare il suo mandato ha costituito il comune denominatore di ogni fase di questo periodo convulso. La sindaca, numero uno uscente, ce l’ha fatta a rientrare nello studio occupato per ben cinque anni con ardore del suo vanto.
L’intera Nazione si è occupata di questa rielezione, tanta è stata la sua forza. Mai, nemmeno per un istante, qualcuno ha potuto nutrire dubbi sull’esito di queste elezioni amministrative in questa tranquilla cittadina di provincia. Il dato, già di per sé peculiare, lo diventa ancora di più ove si consideri che l’equilibrio verificatosi altrove ha raggiunto forme e cifre da record, e pure mass media internazionali hanno fatto un focus su tale fenomeno.
In tanti altri Comuni -un centinaio i centri, sia paesi che città, coinvolti in questa tenzone- si è verificata un’incerta battaglia. Quando è suonato il gong, forse il re degli idiofoni, e un’emittente privata e ricchissima, con telecamere piazzate davanti a ogni luogo deputato a ospitare gli elettori, ha annunziato che l’ultimo fra gli aventi diritto al voto aveva espresso la propria preferenza, si è aperta in molti centri abitati una fase di suspense. I sondaggi avevano preannunziato duelli assai equilibrati in molti seggi, tanti rivali protagonisti di un braccio di ferro in cui, sotto le smorfie di tremendo sforzo fatte dai volti degli antagonisti, la coppia di arti coinvolti nella prova di forza è restata a lungo nella stessa posizione, perché gli avversari erano più o meno pari, non gareggiavano da una parte un Sansone e dall’altra un ‘coglione’. Opinionisti attendibili, chiamati ad esprimersi a livello previsionale, hanno dovuto ammettere di non essere dei maghi, degli stregoni capaci di predire il futuro: l’unica certezza era l’incertezza. “Qui si vincerà anche per pochi voti”, ha sentenziato un inviato, dopo aver detto, al suo superiore collegato da studio, 30 volte “Direttore” in 21 secondi. Molti si chiedevano che cosa potesse provare uno che arrivi secondo per un soffio, diciamo per due preferenze in meno rispetto al competitor. Chissà quante volte, in un caso del genere, lo sconfitto si pente di aver salutato male, nel suo palazzo, una coppia di coinquilini incontrata per caso nell’androne dello stabile. Mannaggia, un pizzico di cortesia in più verso quei due, lui titolare di una ferramenta e lei tabaccaia, e magari i due esercenti lo avrebbero appoggiato in questa sua avventura politica, dandogli la loro preferenza e facendolo così non perdere.
Al ‘boh’ degli esperti si è sommata la voce del popolo. ‘Saranno elezioni al fotofinish’, questo il succo di un mare di parole, in mezzo ai tintinnanti urti fra tazzine e piattini nei bar profumati di caffè, nella caciara folcloristica di mercati rionali, nei cicalecci dal barbiere -fra clienti in attesa di salire sulla poltrona del loro figaro-, nel corso dello ‘struscio’ lungo il viale principale di paesi provinciali, in ristoranti dove il titolare è invadente e ogni tanto piomba come un ospitale falco sulle tavolate servite dai suoi dipendenti -per chiedere ai clienti “tutto bene?”, e poi attaccare bottone, parlando dall’arrivo del primo piatto al momento della frutta-, e in un sacco di altri posti. Perché -molti hanno aggiunto con leggero qualunquismo- il popolo ormai è sfiduciato, i pochi potenti sono tutti uguali e i tantissimi membri della semplice gggente non credono più a nessuno: anche i politici che vogliono distinguersi, e appartengono a un partito in lotta contro i corrotti usi e costumi di tutti gli altri, quando poi conquistano il potere si mostrano identici ai vituperati avversari. Quindi quando si arriva a un turno di elezioni chi ha il diritto di votare, ed entra in una cabina, può generare su un simbolo o un nome un segno come la maiuscola di Zorro, immaginando, mentre disegna la lettera, di produrre una lacerazione a guisa di Z con una spada. Non c’è un gigante etico in cui credere, a cui tributare una leadership a priori. Il risultato del match si decide per un dettaglio, come succede in quelle partite di calcio inchiodate sullo 0-0 fino ai tempi supplementari e poi sbloccate solo dalla gaffe di un difensore, che scivola sul manto erboso e consente a un numero 7 della squadra avversaria di involarsi in contropiede sulla fascia e violare la rete del povero portiere.
E gli exit-poll? Vogliamo parlarne? Chi si è preso la briga di farli ha potuto solo confermare questo clima di dubbio cosmico. E quasi tutti i casi in cui essi hanno fatto pensare a una gara senza storia, probabilmente stravinta da un candidato, poi si sono rivelati fallaci. A nessuno è venuto in mente che i protagonisti di questo strano rito possano divertirsi -nel dare un voto bis poco dopo essere evasi dai seggi- a mentire spudoratamente, facendo fare, a chi crede negli exit-poll, la figura del pollo che abbocca a un amo -lesivo, almeno stavolta, dei diritti di galli e galline e non di pesci-.
Vox populi, opinionisti, sondaggisti, esperti, votazioni all’uscita: tutti hanno previsto un livellamento e tutti hanno avuto ragione, il torto è stato assente, non appannaggio di qualcuno. Durante la febbrile notte dello scrutinio, man mano che spogliavano tutte le schede, nelle tante trasmissioni televisive dedicate a seguire in diretta questo conteggio apparivano schermate pazzesche: in un sacco di Comuni si registrava un testa a testa, 49% da un lato e 51% dall’altro per minuti, ore, e mai che una della due percentuali avesse un’impennata o subisse un decremento subitaneo, macché! Anzi, in un caso, un paese in provincia di una città assai famosa, addirittura per un lungo tratto un ‘candidato versus candidato’ è equivalso a un 50% cadauno. Sì, proprio una perfetta parità. Gli addetti allo spoglio pescavano alternativamente una scheda favorevole al primo aspirante e una amica del suo rivale: forse quegli elettori si sono messi d’accordo per fare uno scherzo e hanno preventivamente deciso di dividersi in due frange perfettamente equivalenti.
Che stress per tanti potenziali sindaci e assessori! Molti avrebbero preferito sapere, subito, senza residui di mistero, di aver trionfato o anche di aver perso, con un rotondo settanta per cento favorevole, sin dalla prima proiezione, a sé o al bastardo dall’altra parte della barricata. Se per galateo non bisogna dire che l’importante è vincere, almeno si dica che l’essenziale, nel partecipare, è non stare sulle spine, essere avvolti dalla chiarezza, senza dover fissare quei numeri quasi uguali sapendo di essere equidistanti dalla Fortuna e dalla Sfortuna. E no!, questa condizione cagiona nevrosi e schizofrenie, impedisce all’animo di secernere serenamente antidoti contro la iella o entusiasmo in quantità industriale. E tu, povero candidato che ti senti dire che ancora tutto è possibile, sei come un equilibrista che si libra su un filo sottilissimo, a trenta metri di altitudine dalla base del circo, e mentre guardi giù, con un piede su quella sottilissima fune e con tutto il corpo che barcolla nel rischio di cadere, te la fai sotto e sugli spalti hanno l’impressione che il tuo numero includa pure uno stillicidio -di un puzzolente liquido giallo- dallo spago su cui sei in bilico. Questi amanti del contrario della suspense si sono dovuti rassegnare, al massimo le percentuali contrapposte sono addivenute per una mezz’ora a un 48% contro il 52%, ma poi hanno chiesto la linea gli inviati, per comunicare al direttore in studio che si era ritornati a una quasi parità, come due montoni o cervi che incrociano le corna e restano così per un’ora, nel loro mezzogiorno di fuoco dedicato alla conquista di una femmina parimente desiderata, e questa, scocciata per la loro interminabile equivalenza, se ne scappa con un terzo maschio cornuto.
Passeranno alla Storia, dunque, il trend di stabilissima instabilità che ha caratterizzato queste elezioni, la presenza, in tanti luoghi di battaglia politica, di una ‘colleganza’ fra le forze in campo, come quando ci si chiede chi sia più forte, una tigre o un leone?, o quale sia la metafora di lentezza migliore fra tartaruga e lumaca. In tutto questo tripudio di tendenziali pareggi una delle poche eccezioni è stata appunto Lei, capace di ottenere un consenso bulgaro lasciando agli avversari le briciole meno molti grammi, cioè quasi niente.
Pamela Panna adesso se la gode. Complimenti Sindaca! Mezzo mondo si congratula con lei, il suo Partito gongola, anche se il segretario ha paura che questa schiacciante vittoria possa mettere la sua subalterna nella condizione di alzare la cresta, uscire la testa dal sacco, fare un golpe e prendere il suo posto. Ma no!, nessuna paura, la signora ama la politica amministrativa, quella che ti fa aiutare direttamente la cittadinanza di cui pure tu fai parte. Questa campionessa attira elogi non solo per la sua apoteosi, ma anche per questo pathos rosa, per questa sua identità di romantica eroina, che vuole continuare a gestire il suo amato Comune con una dedizione campanilistica senza pari.
Questa sua passione è sincera, nessuno lo revoca in dubbio, però subentra un colpo di scena clamoroso -anzi, un giornalista che lo aggettiva così subisce una severa rampogna dal suo caporedattore, il quale gli dice che deve usare un superlativo, per una volta la sobrietà non paga-. Dunque l’avvento di un incredibile e ‘clamorosissimo’ imprevisto getta la Nazione in uno stato di divertito choc. Fra coloro che hanno voluto omaggiare la Sindaca, con qualche gesto di schietta ammirazione, vi è il navigatore che l’ha vagamente avversata, con scarso successo, presentandosi qual candidato della fazione rivale. La Sindaca, a dire il vero, non ha nemmeno saputo chi fosse, nel senso che ha appreso che un argonauta militava nelle schiere avversarie, e ci ha scherzato sopra, e le è pure giunta voce che sia un latin lover -in effetti ha conquistato molte donne-, ma non lo ha mai visto, e del resto era una figura di secondo piano. Già ai capi del partito rivale lei dedicava, giustamente, ben poca importanza, sapendo di essergli così superiore da poterli snobbare, figuriamoci dunque se la signora poteva preoccuparsi di un tipo del genere.
Purtroppo per il suo potere, per la sua carriera politica, questo signore si presenta in Municipio, si fa annunciare e chiede di poter essere ricevuto. Vuole dire e dare tanti mirallegro, con spirito cavalleresco, a questa lady di ferro, di cui molti soggetti stanno tessendo le lodi, e porta seco pure un mazzo di fiori, per fargliene dono e così impreziosire ulteriormente il suo bel gesto. Quando si apre la porta e lui compare sull’uscio, la Sindaca, elegantemente seduta dietro la sua scrivania, nel vederlo ha una specie di giro di testa: colpo di fulmine e, quel che è peggio, la passione è ricambiata.
Un usciere, nel vederlo entrare con quelle rose rosse, ha sospettato che l’uomo si stesse comportando così sulla base di un interesse erotico, e questo portiere pettegolo ha comunicato a un’altra dipendente comunale, sua amica e in quel momento accanto a lui, la sua pruriginosa idea: “Ma che vai a pensare, Alfredo!”, quella gli ha obiettato. E invece Alfredo non si sbagliava: il navigatore Alfio davvero ha organizzato questa sua sortita dopo essersi invaghito della Sindaca, e adesso, essendo davanti alla signora, gli piace ancora di più. Lei piace a lui, lui piace a lei, e…
Fra i due divampa un eros intensissimo, così coinvolgente che quando l’uomo si accinge a un’altra avventura per i mari di mezzo mondo, e le propone di seguirlo sulla sua barca, in una traversata tutta sesso e poesia, lei ci sta, e decide di sospendere, almeno per il momento, il suo impegno politico. Ha preso una sbandata per questo seduttore, tanto da essere disposta a sacrificare il suo potere politico pur di dedicarsi appieno a questa travolgente passione. Del resto nella storia della civiltà ci sono grandi love affairs in cui uno dei due amanti è stato spinto dal suo eros tumultuoso, dalla soave priorità del suo romanticismo, a pagare un costo altissimo, come rinunciare a un prestigioso onore politico -anche molto più importante della carica di sindaco- per votarsi alla persona amata. La dottoressa Panna non è un caso unico, e tanti guardano con simpatia a questa sua ennesima virtù.
Ella, con sprezzo del pericolo (di suscitare uno scandalo nell’opinione pubblica benpensante), rassegna le sue dimissioni. Il partito non le accetta e le congela: ripensaci, prenditi tutto il tempo che vuoi, dai, suvvia. E così si addiviene a un compromesso, sale sulla poltrona di sindaco un facente funzione, una persona di specchiato valore, adatta a rivestire questo ruolo ad interim. Ufficialmente la Sindaca ha dovuto mettere fra parentesi il suo impegno per seri motivi, ma ritornerà a breve. “Cosa vuoi dire -ha chiosato il segretario del partito- a una che ottiene un plebiscito alle elezioni? Le devi far fare quello che vuole…”. La gente, però, non ci crede, questa scappatella è il segreto di Pulcinella, e la rima piace a chi rispetta la politica, ma reputa che l’Amore ne sia sempre più importante.
L’engagement della pasionaria s’è trasformato in passione amorosa. La donna sta vivendo una torrida love story con il navigatore, non più solitario, perché adesso ha lei, non la solitudine, nel suo letto in mezzo a un oceano.
Walter Galasso