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DI WALTER GALASSO
“Da ‘Apple Garage'”, romanzo breve, narra ore di avventure di Giacinto, un normalissimo eroe, minore ma a suo modo titanico nell’alzare l’asticella a livello di progetti professionali, in un’ambizione coraggiosamente gagliarda.
Questa storia, strettamente legata alla libera interpretazione -filosofica, fantasiosa ed ermeneutica- di peregrine opere del pittore polacco Jacek Yerka, è anche un omaggio al valore, emblematicamente universale, del box, ormai nella Storia, in cui è nata la Apple. Un marchio iconico, potentissimo, emblema di valentia informatica e/ma anche generale e generico simbolo d’una qualità all’avanguardia, glamour e trendy, avveniristica, perennemente up-to-date. Una Mela capace di calamitare la stima e l’affetto culturale di aficionados su tutti i continenti.
Apple Inc., azienda di grande successo economico, produttrice di gioielli contrassegnati da un je-ne-sais-quoi che li rende inconfondibili, famosa e rispettata anche dai competitors, ha pure, fra i tanti suoi meriti e pregi, la bellissima, paradossale, rivoluzionaria indole della sua genesi: è nata in un umile locale, ad opera di un illuminato pioniere, Steve Jobs. Il fatto che la prestigiosa multinazionale, Istituzione nel gotha di Big Tech, abbia visto la luce, agli albori della sua attività tecnologica, in un garage, la rende anche un meraviglioso simbolo morale, a maggior ragione per le difficoltà che in quella spettacolare ‘alba’ il ragazzo Steve, alle prime armi, incontra e patisce. Il geniale pischello partorisce un’idea grandiosa non in un ufficio sibaritico, in un laboratorio megagalattico, in un tempio laico simile all’headquarter di un cappato barone dell’Industria, bensì sui metri quadrati di una modesta tipologia immobiliare, in genere adibita a ricovero di veicoli o deposito di roba secondaria. Mister Jobs in un box cambia tout court la Storia, non solo l’evoluzione dell’informatica. Il fascino di questa favola lievita quando il giovane, a proposito dei suoi iniziali stenti, lancia un S.O.S. a chi, come un noto imprenditore italiano, può supportarlo economicamente, e chiede il prestito di denaro per finanziare i suoi audaci progetti, ma ottiene solo un Niet che rappresenta la classica, sgradevolissima porta in faccia.
Assaporando teoreticamente il senno del poi, gustando, a tanti anni di distanza da quella aurorale ed epica epoca, il successivo trionfo della Apple, interpreto quel locale bellamente spartano, la valentia onirica e scientifica di quell’uomo, l’iniqua amarezza da Steve provata quando, lui esordiente, non hanno creduto nel suo talento, come emblemi di un Valore con la maiuscola. Apple Inc… oraggiamento: la sua vittoria regala fiducia a tanti giovani, bravi e al tempo stesso penalizzati, in una dura gavetta, da chi per beceri pregiudizi non gli dà ciò che meritano. È per e in questo Valore che il garage della Apple è diventato il titolo di questo mio romanzo -“Da ‘Apple Garage'” è anche l’incipit del titolo del primo Capitolo-.
Giacinto -traduzione in italiano di ‘Jacek’, il nome del pittore dei quadri presenti nel romanzo- è un fan ultrà dell’azienda, con californiana sede a Cupertino. Ama particolarmente proprio il garage, in quel di Los Altos, in cui è stata fondata, tant’è che nella sua camera spicca l’immagine di questo locale stracult su un poster, a cui egli è molto affezionato, quasi con romantico feticismo.
Il ragazzo non nuota nell’oro, né può godere di raccomandazioni -piaga della Repubblica, tradizionale infezione che rende il sistema una società di serie F, da operetta, men che feudale: che aspetta l’ONU a estirparle?-. Però è ricco di talento, e di temeraria e sana ambizione. Nella misura in cui ammira la storia della Apple, e benedice tutta la strada fatta dalla creatura che in quel semplice immobile ha mosso i primi passi, vuole pure lui assurgere, partendo da una condizione normale, alla realizzazione di res gesta, o giù di lì. È un tipo in gamba, non un omologato e conformistico pecorone, che si mette sull’attenti innanzi allo status quo. Ha palle quadrate, è disposto a lottare controcorrente e, Apple docet, per iniziare la scalata gli basta un buon localino. Non si vergogna di presentare come un ‘Quartier Generale’ una stamberga, anzi l’idea lo seduce. Quel che conta è il genio nella mente. Se uno yuppie, un membro della razza padrona, lavora in una reggia, e se ne va in giro con una giacca e una cravatta che valgono un perù, che se ne fa se nel cervello è solo una mezzasega? Bene, anzi benissimo, ma un giovane esordiente, senza la protezione di un padrino malavitoso e ‘borbonico’, ha da percorrere una tremenda strada in salita, irta di difficoltà, e pure il progetto di diventare conduttore di un banale immobile può creare problemi quando il portafogli e il salvadanaio piangono a secco. Ma lui ci prova.
Forte della sua verde età, temerario e voglioso di fare qualcosa di speciale, si tuffa in una sequela di avventurose peripezie. Un atomo di ‘Bildungsroman’, per così dire, in cui il suo anelito a scoprire un nuovo orizzonte, esistenziale e professionale, sarà nutrito, come da un raffinato pabulo, da poche ma topiche certezze.
Il fresco, frizzante protagonista, per riuscire ad attingere la sua Meta, dovrà munirsi di una valenza di Ribellione, condannato a fare i conti con la minaccia di un mostro che simboleggia tutta l’ostile avversione che ogni ordine costituito scaglia addosso a chi non si adegua -integrato e mogio mogio- alle sue regole. Cerca il non plus ultra oltre l’orizzonte, pensando che un Eldorado in senso lato, mecca di frutti d’eccellenza intellettuale, sia chissà dove, e strada facendo, nella Mission in contrastata evoluzione, comprende che esso è innanzitutto sotto il proprio naso, anzi ancora più vicino al suo centro, nell’imo del suo motore inconscio. Proprio la capacità di leggere meglio le profondità psichiche del suo animo lo aiuterà a cercare un valore limite, un’Onda Privata, assurdamente e utopicamente estrapolata dal suo originario pelago. Un Bene che simboleggia proprio un frutto più che rarissimo: unico. Il risultato eccezionale che, atto a sbalordire mezzo mondo, anzi l’universo intero, ti fa entrare nella Storia come la Apple di Jobs.
Visionario e razionalissimo al tempo stesso, amante di Internet -un meraviglioso dono, democratico e meritocratico, fatto al mondo dal Progresso-, sempre preoccupato di seminare l’eventuale persecuzione di un Moloch alle calcagna, l’eroe alla fine sfiora l’emblematica Wave, ma il fatto che essa sia più un tendenziale e asintotico ‘ricercare che è già un trovare’, trend sempre in fieri, più che un preciso obiettivo su cui mettere concretamente le mani, si traduce in un finale a sorpresa. Un salvataggio subordinato alla capacità di eccellere nella meravigliosa branca chiamata ‘Philosophy’. Soprattutto in essa -va da sé- una persona può salire sempre più in alto nella teoretica carriera della sua sete di Conoscenza.
Giacinto non fa la fine di Icaro, non soffre come Prometeo, non paga il fio di una hybris fuori moda: la parzialità del suo successo, lungi dall’essere l’amaro in bocca di un insuccesso, è solo, è addirittura la scoperta dell’importanza, sempre in divenire, di ricercare con coraggio la verità. Sfidando mari e monti, non avendo paura di nessuno e niente, con la schiena ritta e la mente in volo.
Ragazze e ragazzi, ‘colleghe’ e ‘colleghi’ del mio Giacinto, talentuose persone che, non protette dal Palazzo, sognate, e fate benissimo, di eccellere in modo record, di passare alla Storia con prodezze del vostro genio: non arrendetevi mai. All’inizio è dura, dovrete sciropparvi sadici No, l’ignorante arroganza di palloni gonfiati che nemmeno si prendono la briga di ascoltare un vostro brano musicale, o leggere un vostro scritto -per fare solo qualche esempio-, prima di bocciare con crudeltà la vostra proposta. Ma voi dovete fregarvene, perché magari la vostra opera, ve lo auguro calorosamente, è un capolavoro e quel mascalzone un giorno si pentirà di averla sottovalutata. La vostra tenace lotta deve essere eterno, inesauribile élan verso la Verità, che è sempre appannaggio del Tempo Galantuomo, non certo di un capetto stronzetto, capace di sopravvalutare chi gli vada a genio e di rifiutare la “Recherche” di Proust.
La vostra Mission sarà uno slancio fortissimo e ottimista, a dispetto d’ogni svantaggio, esattamente come Steve ha lottato partendo da un box, chiedendo invano finanziamenti a chi in quel periodo non ha avuto la lungimirante capacità di capire dove quel genio potesse arrivare.
“Da ‘Apple Garage'”, titolo di queste avventure di Giacinto, significa anche, in uno spessore semantico universale, ogni Progetto culturale che, validissimo e in mezzo a mille difficoltà, attinga una bella parte del proprio entusiasmo dalla meravigliosa apoteosi della Apple.
Walter Galasso