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DI LEO TIGRE
Oggi sono in vena di misericordia, il mio animo è permeato d’una pia disponibilità a fare un focus su soggetti pietosi, ergo dedico questo scritto a un parziale identikit di Nulla Bile.
Questa persona sciupa l’intelligenza che la Natura ha inserito nel suo cranio: ne fa un uso, come dire?, piuttosto lacunoso, risultando così schiappa che per certi versi è d’uopo far finta che non esista. Ma in data odierna preferisco non percorrere quei versi, e vado incontro a Nulla, parlandone un po’.
Tanto per cominciare, ha qualcosa in comune con gli angeli, che spesso vengono definiti esseri privi di un sesso ben preciso: Nulla può apparire sessualmente in qualsiasi modo, e lo presento al maschile solo per mera convenzione, prefiggendomi di usare la schwa in un’altra sede.
Costui non appartiene nemmeno a un ceto, non è radicato esclusivamente in una classe sociale, può essere un creso o un indigente, un CEO di una multinazionale, un top manager che prenda una megagalattica buonuscita anche dopo aver disastrato un’azienda, o un accattone che, punkabbestia assiso come un Buddha su un marciapiede d’una metropoli, chieda l’elemosina senza vergognarsene.
Anche a livello di reputazione intellettuale può essere un analfabeta così come un boss dell’intellighenzia: il fatto che una persona abbia nel curriculum una carriera in qualche Istituzione del sapere può anche, se detta carriera faccia parte di un sistema da operetta e una Repubblica delle banane, non escludere che ella sia Nulla. Meglio così: questa trasversalità, ‘bipartisan’, non può che incontrare la mia simpatia, perché la democrazia, in tutte le sue declinazioni, è sempre salubre e bella.
Nulla Bile, quale che sia il suo sesso e il suo ruolo nello Stato di cui fa parte, eccelle in una depravata caratteristica: l’Invidia. La incarna così bene, così a fondo, con un trasporto così maniacale, da meritare l’inserimento in un fetente Guinnes dei Primati.
La prova, la ospita nel suo animo piccino picciò, a determinate condizioni -va da sé, avrei anche potuto astenermi da questa precisazione, che può essere definita pleonastica-. Il Nostro, siderale rosicone, non prova questo obbrobrioso sentimento in assoluto. Per esempio esso, feccia della psiche, scriviamo pure merda che inquina come fogna la pulitissima acqua d’una conoscenza onesta intellettualmente, tende a non ammorbare il signor Bile quando egli si rapporti a proiezioni di sé, a figure del suo clan, a unità della sua tribù. La sua mente sa vedere e apprezzare -al cento per cento- valore nel prossimo se questi sia suo marito o sua moglie -o comunque qualcuno con cui abbia una relazione amorosa-, una sua figlia o un suo figlio, un amico o un’amica, un nipote, una cognata, un proprio raccomandato -se Nulla sia un mandarino con un cerchio magico intorno-, eccetera. In tal caso non solo non invidia, ma è capace di superare la duratura monotonia di un disco incantato nel tessere lodi, nel magnificare virtù con un’esaltazione che supera quella di un peana. Queste apologie, bene inteso, possono risultare esatte e giuste, perché chiunque può essere un Grande e meritare mirallegro in quantità industriale. Il problema sorge quando Nulla stambura come un agit-prop presunte doti d’una mezzasega, o anche, a un minor grado di gravità, quando sostiene che valga 100 chi a malapena meriti 6. V’è, in questo suo modus operandi, un non so che di criticistico. La mente di Bile vede in qualcuno che le stia a genio quel che vuol vedere, secondo un preliminare schema a priori.
Altra eccezione alla regola -della sua meschinità-: egli sa dare a un Cesare (non facente parte del suo ‘clan’) quel che è suo se ‘sto Cesare sia lontano nel tempo e nello spazio, non gli sia concretamente vicino. A tale condizione la pusillanimità cognitiva della sua invidia o non si pone proprio in essere, oppure, se puta caso sia in qualche modo albeggiata nel suo animo, implode sotto la pressione di fattori come i condizionamenti ambientali ed esogeni, gli scrupoli endogeni, i consigli d’una zia Ninfa Egeria, gli insegnamenti di una o un influencer, e compagnia bella.
Faccio un esempio papale papale, così il messaggio è ancora più chiaro e distinto. Poniamo che Nulla sia un docente -universitario o liceale, non ha importanza-. E poniamo che insegni Letteratura Italiana. Scommetto molti euro sulla sua disponibilità ad apprezzare Alessandro Manzoni. Nulla, sia quando pontifica ex cathedra che quando chiacchiera con il proprio alter ego nella privatissima sfera della sua privacy, certo non osa dire che Alessandro valga poco, né è talmente squilibrato da auspicare che il prestigio di Manzoni vada in frantumi, dopo un’assurda rivisitazione revisionistica, da parte di qualche Barone universitario, che ne ridimensioni la topica importanza come Autore. Nulla Bile non esula dal seminato, e anzi sa, all’uopo, tenere delle belle lezioni sul grande letterato, senza provare alcun fastidio nel tessere con enfasi le sue lodi. Il perché e il percome di questa obiettività possono essere facilmente lumeggiati: Nulla non invidia quel Grande, non spera toto corde che il suo carisma tramonti, non pretende di dire che un proprio parente, autore di libercoli, gli è superiore, innanzitutto perché Alessandro non è un materiale, concreto signore a un tiro di schioppo da lui; poi perché la Storia e il Tempo Galantuomo lo hanno già inserito, irreversibilmente, nell’Olimpo del sapere, e qualsiasi potenziale gufo, rosicone record, non può che farsene una ragione, si deve rassegnare, ha da tollerare l’egemonia di Alessandro. Ma se Alessandro, per assurdo, fosse qui in mezzo a noi e non avesse ancora spiccato il volo… E vai! La cacca d’una cloaca darebbe il cinque al letame contenuto nella livida pochezza di N.B., che si scatenerebbe, nella sua stupida cattiveria, nel desiderare il male di Manzoni.
Cambio ipotesi del ruolo sociale di questo pusillanime. Immaginiamo che sia uno di quegli editori -ah, che usurpazione di titolo!- che per partito preso nemmeno prendono in considerazione l’opera di un esordiente, la rifiutano a prescindere, e gli dicono a maggior ragione No se questo personaggio gli appaia un antipatico pallone gonfiato. Questo pseudoeditore sarebbe capace, in regime di simpatia, di pubblicare opere pure a un delinquente che perpetri atti di violenza ai danni di una donna, un criminale condannato dalla Magistratura a diversi anni di galera, mentre in regime di antipatia non dà nemmeno una chance a un manoscritto che, perché no, può essere un nuovo capolavoro. Questo pseudoeditore -meglio farebbe a darsi all’ippica, e tutto il mondo del turf mi perdoni- potrebbe tranquillamente reagire con ostilità se fosse contattato da un collega di Alessandro Manzoni, XY, autore di un’opera scritta con uno stile senza eguali, enorme, audace. Una persona che, in virtù della propria autostima, lo rispetti ma non lo veneri con feticismo. Immagino la scena: l’editore Nulla Bile, chiuso nel suo sancta sanctorum, ha sulla sua scrivania una pila di manoscritti, decide di leggiucchiare una pagina di uno a caso, e prende il testo di XY, un altro masterpiece come “I promessi sposi”. Il destino, mediante la longa manus rappresentata dal suddetto caso, gli sta dando una grande opportunità. Un treno importantissimo gli sta passando davanti, se il professionista lo prende la sua vita cambierà, deve solo riconoscere l’evidentissimo valore dell’opera. E invece il minchione che cosa fa? Inizia a leggere, nota una scrittura superdotata ma il Nulla Bile che è in lui lo induce a storcere il naso. L’invidia getta un tremendo velo sulla sua capacità d’intendere e di volere. Ma chi si crede di essere questo sconosciuto!? Come osa essere migliore dei cocchi del mio cuore, degli scrittori della mia scuderia!? In Nulla Bile, nella misura in cui il suo cervello scatta l’astio verso il fuoriclasse hors ligne, si configura l’atteggiamento di chi, di fronte a un Alessandro non ancora diventato Manzoni, gli augura con tutto il cuore di non diventarlo mai, per punire la sua superiorità.
Questo editore (di serie Z) è analogo a chiunque, di fronte a un grande valore, in qualsiasi campo, se il proprietario di questa bravura non gli talenti (per un motivo o per l’altro), rosichi e gufi, gli auguri di non trionfare, e ce la metta tutta per non dargli soddisfazione.
Una delle armi preferite di Nulla Bile è l’Indifferenza. Questo str…ano personaggio la preferisce anche per vigliaccheria. L’aperta critica d’un fuoriclasse, infatti, significa dichiarare in senso lato guerra a una superpotenza, e Nulla, vile pidocchio doc, non se la sente. Meglio volergli male nell’ombra di un’ostentata e simulata Indifferenza, magari fingendo un’apparente amicizia, per esempio dandogli un piccolo premio, rivolgendo una piccolissima lode, improntata a un parsimonioso apprezzamento, che possa voler dire tutto e di fatto non dica niente -fuffa tipo “sei intonato” -a un cantante-, “il tuo articolo è interessante” -a uno scrittore-, “giochi bene” -a un centravanti di football-. In questo modo, con l’ipocrisia che s’avviluppa come edera intorno a un naso di Pinocchio, se l’asso dovesse spiccare il volo al mille per cento Nulla Bile potrà andare da lui e dirgli “Ti ricordi di me, amico mio?!”.
Ho visto tanti grandi Filosofi, Letterati, Artisti trattati così da moltitudini di vermi. A ogni Nulla Bile voglio e devo inviare un messaggio qui ed ora, in questo ritratto letterario che ne faccio nel suo stesso interesse -mister o miss Nulla, perché ti fai del male?, non sai che piacere culturale ti perdi!-. Mancare di rispetto a una grande penna significa scherzare col fuoco, ma a tutti i Nulla Bile invio una pietosa rassicurazione, perché una grande penna non ragiona di lor, ma guarda e passa. Può essere molto fortunato un moscerino -paradossalmente aiutato dalla sua pochezza- che si trovi nei paraggi d’una Tigre. Il grande felino lo lascia dov’è, perché nemmeno si accorge della sua presenza…
Leo Tigre