SONO RIAPPARSI IL LAGO GERUNDO  E  IL DRAGO TARANTASIO!   [Writers e Tarantasio – 1;  RACCONTO  (FAVOLA);  Comuni:   MILANO,  LODI,  BERGAMO,  CREMONA]

SONO RIAPPARSI IL LAGO GERUNDO  E  IL DRAGO TARANTASIO!   [Writers e Tarantasio – 1;  RACCONTO  (FAVOLA);  Comuni:   MILANO,  LODI,  BERGAMO,  CREMONA]

SONO RIAPPARSI IL LAGO GERUNDO  E  IL DRAGO TARANTASIO!   [Writers e Tarantasio – 1;  RACCONTO  (FAVOLA);  Comuni:   MILANO,  LODI,  BERGAMO,  CREMONA]

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DI WALTER GALASSO

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   Una sera tendenzialmente serena, almeno al di fuori delle coscienze. Dentro qualcuno, ovviamente, serpeggia qua e là un filo di varia negatività, ma è un’inquietudine tanto larvata quanto fisiologica. L’atmosfera in questo spicchio di Lombardia è densa di segretissime pulsioni.
   Fra chi cena e chi digiuna, nella bruna coda di un tramonto in cui il crepuscolare cielo ha giocato con gli occhi degli spettatori, brulicano aspirazioni in stand by. È ovvio, mica i grandi obiettivi di un’esistenza possono stare sempre in primo piano nella sua mentale cabina di regia. Attirano sempre, senza l’ausilio d’una fune, gli basta il profumo del loro sapore metaforico per entrare nel prestigioso club dei magneti, ma ‘sta calamita ora funziona in modo latente, sotto la manifesta fenomenologia dei comportamenti. Dopo una sbornia di festeggiamenti vari, un tourbillon in cui qualcuno, in appendice a brindisi e cin cin e doveroso rito di ciclica baldoria, ha sotto sotto pensato ‘tutto qui?, alla fine della fiera non mi sento poi così diverso da prima’, adesso si celebra una cheta fase d’intermedia, innocente normalità.
   Le classi sociali sono mescolate come gl’ingredienti di un cocktail, l’aria, si sa, è democratica, lo è sempre stata, sin dal primo minuto della nebulosa preistoria, e nel capoluogo della Lombardia, in ogni suo spicchio, prima di ogni differenza trionfa il termine ‘Milano’, ché ogni atomo meneghino è un microcosmico specchio dell’insieme.
   I rumori del traffico sono anche rumors, veicolano mozziconi di messaggi, come un urbanistico tam tam vicino a tram speciali, ATM serie 1500, vetture a carrelli, meccanici campioni che, quando arriva un ignaro turista, gli bisbigliano un loro record: ‘siamo i decani della nostra categoria, a livello mondiale’. Glamour classico e solenne modernità, ieri e dopodomani, in ogni orologio la lancette contengono al loro interno un intensissimo succo, al 49% apollineo e al 51 dionisiaco. Della serie: la voluttà del Tempo non si vuole far mancare niente. Dai veicoli, dunque, arrivano boatos cifrati, messaggi all’insegna dell’effetto ‘vedo non vedo’, ché pure un braccio un po’ sporto, parzialmente oltre un finestrino abbassato, di un pilota può raccontare molto di lui. Per esempio che è un birichino ganassa, che ancora sogna di mettere al tappeto le leggi di gravità e iniziare a galleggiare nell’atmosfera, come un fortunato astronauta, anzi meglio, magari a un certo punto decollando. Un simile soggetto peterpaneggia? È, nella sua mezza volontà di tripla potenza, un doppio immaturo che ancora crede alle favole? Ma no! In fondo non fa male a nessuno, almeno con i suoi aneliti, ché con il clacson -che le sue mani stanno suonando in una piccola ossessione, per dire “vaffa” a un tizio che non gli ha dato la precedenza- sta disturbando il signor Ambrogio Fugalli, un professionista che suole quotidianamente fare 4 passi.
   Quattro? Si fa per dire. Lui cammina ogni dì almeno una mezz’ora, a notevole velocità, per cercare di assottigliare l’adipe, che trionfa nella zona dove un palestrato superman ha addominali a fulgida guisa di carapace di tartaruga. Il dottor Fugalli spesso interpreta i tipici versi della metropoli come un’elettrica, urticante forma d’inquinamento acustico, è un commendatore all’antica, ma la sua intolleranza verso il casino è un peccato veniale, frutto di psiche stressata più che di ubbie ideologiche. Il suo organismo si irrita nel chiasso, così tanto che qui ed ora, dopo il suddetto beep beep, si duole di non avere intorno alla testa il casco che usa quando cavalca la sua Moto Guzzi Galletto. Il baccano metropolitano ha lo stentoreo potere di urtare il suo frale sistema nervoso, inietta nella sua interiorità semi di un’agitazione paragonabile all’ansia di un sintetico oceano che, imprigionato in una bottiglia, abbia l’impressione d’impazzire. Ambrogio Ambrogio!, datti una regolata, non esagerare con le tue paturnie!, potrebbe dirgli, rampognandolo simpaticamente a fin di bene, suo nipote, la trentenne peste Luca, due professioni all’attivo, egregiamente esercitate, ma capace di dare il meglio di sé soprattutto nel cazzeggio intelligente.
   Lo zio, comunque, adesso arriva a poter percepire il Duomo -quando possibile, il passaggio dalle sue parti è un evento da non perdere- e allora si calma. Lui adora la Cattedrale Metropolitana: forse, in una scala di valori da 1 a 100, Ambrogio ama 99 sua moglie, la signora Giordelia, e 100 il Duomo. Anche stasera inizia a gustarlo con le pupille, a scalarlo con le coccole del cuore milanese, a fare acrobatici sogni mentre l’ammira, fantasie in cui il suo animo quasi balla il tip-tap sulle sue guglie. Lo vede e lo rivede, le sue palpebre, durante la contemplazione, tendono ad abbassarsi con minore frequenza, lo assapora e rispetta, e…
   A un certo punto ha la sensazione che stavolta qualche particolare in lui sia differente. L’uomo ha la drammatica, inquietante impressione che qualcosa non quadri, che manchi un dettaglio. Forse ha un’allucinazione. In fondo a quest’ora, dopo una giornata di duro lavoro, non avendo la sera l’oro in bocca, un uomo può perdere colpi, e non deve macerarsi nella preoccupazione che non sia più quello di un tempo.
   Mah, il viandante si lascia alle spalle, quando riprende la promenade, questo sentore, non dandogli peso, credendo di aver commesso un errore intermedio fra uno sbaglio di serie B e un abbaglio di serie C. E invece… L’uomo non sa che non stava prendendo un granchio, e che, mentre davvero nel Duomo spariva un dettaglio, in un’altra parte della Lombardia, vicino a Lodi, ha cominciato a verificarsi uno stranissimo fenomeno.
   Uno scricchiolio, di stampo quasi tellurico, il misterioso prodromo di un prodigio misteriosissimo, che si pone precisamente in essere, in tutta la sua magica pienezza, adesso. Un boato tremendo squarcia un pezzo della Lombardia. Il clacson di prima, rispetto a questo Rumore, è un paradigma di rilassante silenzio. Il mega botto ha epicentro in un’area tra Milano, Lodi, Bergamo e Cremona, e viene udito in tutte queste Province. Udito, ma nella domanda “Che cos’è?!”.
   Dopo un’irrequieta fase di suspense, arco cronologico in cui in qualcuno si registra un soqquadro ormonale che necessita delle cure di un endocrinologo, comincia a correre una voce, messa in giro da un lombardo che giura di aver saputo queste news da un amico informato da un suo mezzo nemico -nella paura certe ruggini lasciano il posto a un’aurora di bella fratellanza semiuniversale-, un ludevegino che le ha apprese da uno scafato agricoltore di quella zona. Un contadino che in genere lavora molto e parla poco, solo quando sia davvero il caso -ergo in questa storia ha aperto bocca con cognizione di causa, e perché il suo intervento orale era d’uopo-. Il risultato di questa incipiente catena di Sant’Antonio, una filiera mediatica che non ha nulla da invidiare a un network, è stupefacente.
   Un’incredibile sorpresa, violenta nella sua novità, dolce amica di febbrile curiosità e/ma incubo allo stato puro per molti cittadini. La notizia, che getta nel panico trasversali categorie dell’opinione pubblica, circola come una rivoluzione allarmante:  in quell’area è riapparsa una parte del Lago Gerundo, e con essa il pericolo che riemerga dagli abissi del Male il terribile, famigerato drago Tarantasio.
   Divampa una brutta fifa blu. La gente vuole saperne di più…

Walter Galasso