VICINO AL RASOIO DI OCCAM:  I PARROCCHETTI A BOLZANO  PERCHÉ È BELLA   [DA CRONACA A RACCONTO  (FAVOLA);  Comune:  BOLZANO]

VICINO AL RASOIO DI OCCAM:  I PARROCCHETTI A BOLZANO  PERCHÉ È BELLA   [DA CRONACA A RACCONTO  (FAVOLA);  Comune:  BOLZANO]

VICINO AL RASOIO DI OCCAM:  I PARROCCHETTI A BOLZANO  PERCHÉ È BELLA   [DA CRONACA A RACCONTO  (FAVOLA);  Comune:  BOLZANO]

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DI WALTER GALASSO

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   Un boom di ‘parrocchetti dal collare’ nell’aere di Bolzano, in una proliferazione esponenziale che attira vivacemente l’attenzione di molti fan -sia nazionali che internazionali- di questi pittoreschi pappagalli.
   Fiorisce un tourbillon di spiegazioni del perché e del percome di questo fedele allignamento, talvolta in un irriducibile antagonismo di scuole di pensiero, una teoretica divergenza così pronunciata da apparire a tratti una vexata quaestio. Del resto, va da sé, il tentativo di lumeggiare il precipuo motivo di fenomeni come questo connubio ‘Psittacula Krameri – Bolzano’ se la batte, quanto a tasso di probabilità di finire in un flop, con quello di trovare la capocchia d’uno spillo in “Un pagliaio sotto il sole della sera”, di Claude Monet. Vattelappesca il primigenio evento scatenante! Tante le plausibili ipotesi, alcune in esatta salsa d’ineccepibilità scientifica, altre partorite nell’alveo di saporite leggende metropolitane -chiavi di lettura che da un lato possono apparire bufale e dall’altro un balsamico concentrato di saggezza popolare-. Non mancano storielle del tutto soggettive, spacciate -da autori alquanto ambiziosi- per assiomi a tutto tondo, laddove valgono entro e non oltre il perimetro del loro cervello, propenso a reputare equivalente a un’intera Foresta Amazzonica ogni filo d’erba che cresca nell’ombelico del proprio orticello.
   Casi…stiche e interviste rilasciate da presunti esperti non possono fugare fino in fondo la penombra dei dubbi e l’amaro sapore di verità depauperate del 51% della loro liceità. Una massiccia dose di prudente scetticismo, ingrediente jolly d’ogni ricetta metodologica, è più che d’uopo: è proprio un draconiano imperativo categorico. Derogarle significa scivolare rovinosamente su una buccia di banana e rischiare, patapumfete, di riportare la frattura scomposta dell’autostima. Lo scafato guru, uno che non crede (di valere) se non è visto -San Tommaso era meno ingarbugliato nella sua forma mentis-, e per conseguenza ci tiene a non correre rischi che in qualche modo possano alienargli le simpatie di un potenziale pubblico pagante, sa bene che è provvidenziale  il trucco di patrocinare pareri sotto l’ombrello protettivo di un’overdose di aria fritta, magari menando il can per l’aia nel fungere da istrione come protagonista della conferenza “Come s’è posto in essere, chissà quando, l’avvento dei parrocchetti in quel di Bolzano?”. Dire tutto e il contrario di tutto, perorare ma fino a un certo punto, sponsorizzare una tesi ma senza bruciarsi i ponti alle spalle, ammettendo cioè, contestualmente, che quella tesi è vera, ma la sua antitesi non è falsa e può, perché no, fare carriera e diventare anch’essa un profumato oro colato.
   E allora “Pronti, Via!”, si dia la stura a una variegata filastrocca d’opinioni, nella liturgia del compromesso storico, bipartisan, fra ogni possibile interpretazione del volatile fenomeno in oggetto. Ore ed ore, ebdomade e mesi, anni e abbozzi di sintetici secoli dedicati, in tavole perfettamente rotonde come la O di Giotto, a enucleare ogni nuance analitica della nidificazione di pappagallini nella Porta delle Dolomiti; a spiegare la loro babelica moltiplicazione dopo un’ipotetica Ora Zero del primo esemplare intento a volteggiare, a vertiginosa quota, nell’aria di Bolzano.
   Il popolo, cioè la categoria che spesso ne sa di più, è escluso a priori dall’assise e dalla sua corte, ma, magnanimo, non si offende e la segue dall’esterno, su un maxischermo installato con sussidi donati filantropicamente da un tycoon di Aspiag, e qualche spettatore, quando sente supposizioni che secondo lui non stanno né in cielo né in terra, urla a squarciagola, con tutto il dissenso che si può annidare dietro le tonsille, il suo divergente credo.
   Peccato che non ci siano telecamere a filmare il topico momento in cui dentro, nel Palazzo del sapere, un oratore accreditato, arrivato il suo momento di prendere la parola, indulge alla virtù -viziaccio per molti- di partire da lontano, non da Eva e Adamo ma poco ci manca. Poverino, vuole solo, senza dolo, fare il precisino, inchiodare, con un economico martello Stanley di Leroy Merlin, ogni puntino sulla sua i. Non vuole apparire tale e quale a un’ipodotata medusa, che ha solo un miserrimo migliaio di cellule nervose, ostentando che il proprio sistema ne contiene, invece e addirittura, un numero superiore alla media: nientepopodimeno che 101 miliardi. Il luminare, mentre la sua concione prende l’abbrivo, puntualizza, tanto per cominciare, che non è un bolzanino ogni “Psittacula” -e già qui il pubblico esterno, avvezzo a chiamare terra terra quelle cocorite ‘pappagalli’, si produce, con sarcastiche bocche, in un brusio che vuole veicolare sfottò in sordina-. “Bisogna categoricamente escludere che la specie sia autoctona…”. Fuori la gente nemmeno aspetta che l’uomo, un esperto forestiero, finisca di enunciare la teoria. In mezzo alla calca c’è un dipendente della Casa editrice “Curcu & Genovese”, un marpione che ha giocato un ruolo assai importante nel successo del libro “Lo slang di Bolzano”. Comincia a urlare e compitare “fia-la, fia-la”, e ben presto viene imitato all’unisono da molti altri utenti del maxi, tutti gli astanti meno uno, che preferisce commentare a voce alta, prima di sbellicarsi dalle risate, “e ci voleva l’esperto americano per svelare ‘sta verità!”. Meno male che lassù, nella damascata aula magna che ospita il simposio, non percepiscono calunnie, concentrati, nella trance agonistica della loro ambizione, nel prodursi in performances teoretiche.
   I vari conferenzieri sciorinano una serie di plausibili illazioni, tanti gruppi di ipotesi analoghe. L’intero puzzle di tutte le idee è come un magico stormo di migliaia d’uccelli, paradossalmente simili, nella loro sintonia, a un solo animale. Nel metterle tutte insieme ci si può fare un unitario quadro generale, imperniato su alcune tesi cardinali. In principio -per ripercorrere ab ovo la storia di questo singolare fenomeno-  c’è l’evasione di un parrocchetto da una voliera ubicata vicino alla clinica Santa Maria. Sì, però la maggiore e iniziale spinta è stata data da una coppietta di pappagalli veneti -intenti ad amoreggiare nella torre campanaria di Gries-, emigrati dal loro paese perché i genitori di lei erano contrari alla loro relazione, e allora… Tutto esatto, ma è bene aggiungere che, concausa intermedia fra il merito e la disdicevole cazzata, galeotta fu, in quello stesso periodo, l’iniziativa del proprietario di un esotico parrocchetto, amorevolmente imprigionato in una gabbia. L’uomo, improvvisamente azzannato da un senso di colpa capace di mordere come un cobra, decise di aprirla per un breve lasso di tempo: quel lasso, caz.. -questa parolaccia non fa parte solo dello slang di Bolzano-  fu sufficiente a trasformare il detenuto in uccel di bosco, o meglio: di città. L’evaso si trovò benissimo en plein air e s’inurbò irreversibilmente, s’accoppiò con una pappagalla, liberata da una signora terrorizzata ossessivamente dallo spauracchio dell’influenza aviaria, e…
   I sapienti, durante l’esposizione di questi concetti, non si sono accorti di essere spiati proprio da un parrocchetto -dietro una finestra-, un esemplare che risiede stabilmente nel parco del Talvera. Intelligente, un vero genio con le ali, e pure particolarmente capace di parlare e di capire il linguaggio degli esseri umani. Lui sa qual è veramente la risposta esatta, e, siccome vuol bene agli abitanti di questa città, decide di fargli un regalo. Bussa con il becco sul vetro, ripetutamente, finché i conferenzieri se ne accorgono. Uno va subito ad aprire la finestra, e lui vola fino ad appollaiarsi dietro un microfono, per dire, poco dopo, il primissimo motivo del loro insediamento in questo Comune: “Bolzano è bella”… Della serie: vicino al rasoio di Occam.

Walter Galasso