![DALLA SCAPIGLIATURA AL “CIMENTO INVERNALE” [Comune: MILANO; 1 VIDEO] DALLA SCAPIGLIATURA AL “CIMENTO INVERNALE” [Comune: MILANO; 1 VIDEO]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/01/2013-01-ipad-793-0.jpg)
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DI WALTER GALASSO

Scapigliatura, termine famoso. Forse in un eventuale gioco di associazioni libere anche una persona immersa in un’ignoranza che non perdona, per esempio uno studente che detesti il verbo ‘studiare’ più di quanto invidi il fidanzato della sua pin-up-girl ideale, dopo averlo udito pensa prima al milanese movimento culturale e poi al suo parrucchiere di fiducia.
È permeato dell’italico sapore di quella bohème così stravagante che se chiedi a un assennato e pacioccone signore della canonica borghesia “secondo te un bohémien che senso ha nella società?”, cercando di formulare la domanda con un’espressione più imperturbabile e sfingea di qualla di uno scafato pokerista durante un bluff, l’uomo fa spallucce e sospira il primo tratto di ‘bohème’: “boh…”.
E proprio questa distanza siderale dal vigente conformismo, dall’aurea mediocritas dei bravi e omologati ragazzi del sistema, è la precipua meta che quei ribelli si prefiggevano. Tutti, da Cletto Arrighi in giù e in su, furono strenuamente allergici alla normalità sociale, agli usi e costumi moderati, invalenti, in modo trasversale, in coloro che, in ogni ceto, possano adorare la premiata sintonia con le regole del leviatano. Pionieristici antesignani di pregnanti movimenti come il Verismo e il Decadentismo, romantici ma a modo loro, ognuno gipsy -in senso lato- fin nel DNA, essi flirtarono con la forma mentis di chi esula dai virtuosismi con masochistica passionalità, felicemente dannato. Ebbero uno spirito non meno maudit del maledettismo di un genio come Baudelaire.
Dentro la soggettività alberga un’abbondanza di pulsioni scatenate, invereconde, anarchiche, tendenzialmente eccentriche. L’acqua di un oceano non può essere come il casalingo laghetto contenuto in un lavabo in cui l’abisso più profondo è il buco in cui si incastra il tappo. Nel pelago della psiche -che è coscienza dal pelo dell’acqua a qualche metro di profondità, è il misterioso inconscio più giù- v’è in potenza un subisso di energia dionisiaca, élan verso una regione eterna e irregolare della ragione, al di sopra e al di sotto dei paradigmi che vanno per la maggiore nella particolare società in cui si è. Un vivacissimo tourbillon, non privo di una spettacolare galassia di bollicine, che è sete di mete personalissime, oscena voglia d’essere al centro della scena collettiva più di quanto sia consentito al disciplinato cittadino, che esclama “Obbedisco!” alle regole anche quando non gli sfagiolano. Gli scapigliati rifuggono dalla norma, temendo che nel suo rispetto l’Io dorma.
Esecrano il moderatismo che, arma boomerang contro l’insuccesso, inocula nelle menti un alloppiamento autolesionistico. Il borghese un tipo quadrato? Nossignori: secondo loro è tondo, più della O di Giotto. Merita come logo il disegno d’uno sbadiglio. Se valutato secondo i valori dell’agricoltura equivale al suo zero, chiamato ‘carestia’. Non va da nessuna parte, anchilosato sull’attenti si perde il meglio della produttività esistenziale, bravo solo a baciare le pantofole a bwana. L’eccesso di bolsa e moscia ottemperanza ai potenti canoni diventa, nella loro infiammata ottica di teste calde all’avanguardia, una visione del mondo troppo casta nell’erotico rapporto con il progresso, e una mentalità che castra buona parte delle chances artistiche.
Abbisogna di privatissimo sale celebrale, assolutamente autonomo, l’uomo che sale ai piani alti della creatività, perché dagli antichissimi graffiti -nella notte dei tempi- in poi l’arte messa al guinzaglio è sempre retrocessa nella categoria della sua parente povera, la parte (in società).
Sono stati strani pure a livello di stile generale gli scapigliati italiani, innanzitutto milanesi. Mai assurti a vera e propria scuola formale, ma anche più filosofici rispetto alla maggior parte dei colleghi e maestri stranieri. Perché il loro atteggiamento non si limita ad amare un fare scanzonato e fine a se stesso, ma anela a tradursi in costruttive e precise scelte artistiche e letterarie. E in questa pregnanza essi, nella ferace ‘elettricità’ della loro eccitazione libertaria, hanno a cuore, e perorano con largo anticipo, aspetti che nel futuro diventeranno parte del pane quotidiano del lavoro intellettuale, come l’intensità sregolata dell’interiorità e, in altro ambito, l’emancipazione delle donne -in quell’epoca molto più penalizzate di adesso- nel perimetro dello Stato. La protagonista che in Faruffini è trasgressiva così nel leggere narrativa come nel fumare è un inno a una donna affrancata da clichés antiquati.
Il cuore hippy di un autentico scapigliato, rivoluzionario doc, non accetta la camicia di forza di un ruolo sociale che includa un individuo come un carcere un prigioniero. Aspira a una sopraffina e più ampia latitudine del raggio d’azione della mente. Sa che si può dare di più, e vuole dare davvero questo maxi contributo all’onore del progresso, a vari stadi di professionismo dell’eversione spirituale: a livelli di alto e culturale engagement, in letteratura come nell’arte, e nella vita di tutti i giorni.
Già nella Milano in cui siffatta corrente ha visto la luce si è registrata questa vivace complessità. Nei molti scapigliati della prima ora v’è stata una coesistenza di iniziative di ufficiale impegno intellettuale, come l’Indisposizione di Belle Arti -grazie a Vespasiano Bignami- e tante scelte inerenti alla quotidianità.
Un tipico esempio di questo doppio registro fu il vulcanico scultore Giuseppe Cantù, brio risorgimentale e garibaldino in un outfit spesso eteroclito, uno show fenomenologico a suon di tabarri e capelli in subbuglio sotto cappelli vistosi come guglie che vogliano attirare l’attenzione. Pièce de résistance nel suo curriculum il busto bronzeo di Giuseppe Verdi nella sua Casa Natale, in quel di Roncole di Busseto. Questo signore fu nella gauche più di qualche personaggio che oggigiorno ha ufficiali onori nella Sinistra politica e fa pensare a molti detrattori “a me pare solo un compare della poltrona”, e a qualche avversario “fiuuu, meno male che il nemico è così minchione!”. Il baldanzoso Cantù è stato capace di partorire “La questione sociale”, una scultura dove un operaio catechizza compagni con un protagonismo da istrione, e di attirare, in queste vesti di demiurgo con palle quadrate, le lodi di un certo Émile Zola…
Un artista, dunque, anche a livelli di poiesi illustre, altamente formale. ‘Anche’ perché il suo animo estrinsecò la sua passione culturale in modo eclettico, non disdegnando un culto di ben diverse propensioni, a cui lui teneva molto quantunque non potessero inerire al gotha dell’Arte più elevata.
Fu, per esempio, un grande appassionato di nuoto. Da scapigliato non si peritò di attendere a questo sport, per lui molto più che un mero hobby, in una originalità che a qualcuno potrebbe apparire svitata se non espressione di follia. Questo eccentrico scultore nuotò da Arona ad Angera completamente vestito, per andare a degustare buona pappa con amici. ‘Sorella’ di questa bravata, tale e quale quanto a tasso di brillante e simpatica originalità, fu una iniziativa destinata a fama futura.
Il 27 gennaio del 1895, vigilia dei siberiani giorni della merla, qual persuasore magnetico ed eroe che esorta i proseliti a res gesta essendo lui il primo a compierle, catechizza sei amici e li convince, forse allarmando le loro famiglie, a tuffarsi nel Naviglio Grande. Nasce così il “Cimento invernale”, un evento clou nelle tradizioni di Milano. Fare d’inverno una tipica azione estiva. Avere brividi di freddo, battere i denti, qualcuno con la pelle d’oca, e nell’animo di tutti solo euforia, mica problemi, e ad agosto, mi raccomando, non cercateli nel mare: troppo facile, la banalità non fa per loro. Signore e signori, gli istruttori di nuoto di questi atleti si chiamano Iginio Ugo Tarchetti, Vittorio Imbriani, Carlo Dossi, Giovanni Cam…
Quella favolosa prodezza non è stata una meteora. Continua, eccitante più che mai. Recentemente il Circolo “Canottieri San Cristoforo”, “REMUS ADVERSO FLUMINE”, un lustro dopo l’ultima edizione ha organizzato il “Cimento invernale” del 2025. Alla mezzanotte di sabato 25 gennaio primo tuffo, ‘gelidisti’ in uno splash denominato “Leoni del Cimento”, nell’area prospiciente la sede dei Canottieri che vogliono ESSERE IN VOGA A MILANO: Alzaia Naviglio Grande 122. Cento metri controcorrente, brrr…avissimi! L’indomani è d’uopo soddisfare il bisogno di un bis.
Per tutti i protagonisti di questo antico e ciclico rito la soddisfazione, fra l’altro, di entrare idealmente a far parte del club teoretico tanto caro al fondatore: la Scapigliatura e i suoi derivati.
Walter Galasso