MESSALINA BRAMA SESSO BOCCACCESCO  CON UN PRETE   [DA ARTICOLO A RACCONTO;  1 giornale italiano  (GAZZETTA DI PARMA)]

MESSALINA BRAMA SESSO BOCCACCESCO  CON UN PRETE   [DA ARTICOLO A RACCONTO;  1 giornale italiano  (GAZZETTA DI PARMA)]

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DI WALTER GALASSO

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   Messalina Fregola passeggia in quel di Padova. Solita solfa intorno e dentro il suo animo, né alti né bassi nel suo umore, entusiasmo standard nel motore psicologico che spinge invisibilmente i suoi passi.
   Il momento più trasgressivo della promenade è l’attraversamento di una strada nonostante il rosso divieto di un pignolo semaforo: le ordina “Alt!” anche se eccezionalmente nemmeno un’auto transita sulla via, e Lina prescinde dal diktat provando la sensazione di essere una bandolera che infrange con audacia l’ordine costituito.
   A parte questa parentesi di anarchica insurrezione, la donna appare la tipica passante che deambula più per inerzia che per inseguire un peculiare scopo nel trasparente flusso del tempo.
   Ogni tanto, davanti a qualche vetrina zeppa di magnetico lusso, sospira per l’emersione d’una latente frustrazione: chicche troppo care per le sue tasche, oggetti del desiderio che la umiliano con il loro appeal off limits. Questa problematica, però, resta una sfiga sotto controllo, la signora Fregola -la chiamano signora ella essendo nubile- non ne fa un dramma, anche perché nel corso della sua esistenza ha imparato, dagli oggi e dagli domani, ad assuefarsi al gap di protagonismo nella sua identità di attrice sociale. In questa resilienza è stata paradossalmente aiutata dal fatto che mai, sin dalla sua adolescenza, ha sfiorato il successo. Mai sulla cresta dell’onda, perciò non si è mai sentita una fallita; nemmeno per un nanosecondo alle stelle, non ha potuto dolersi come una perdente nelle stalle. La sua mente si è dolcemente abituata a una quasi squallida lontananza dall’eccellenza in società. Ecco perché adesso non sclera sentendosi un’aspirante e impotente acquirente nel vedere un’irraggiungibile bag del brand L. V. -omissis perché la citazione non deve correre il rischio di somigliare a una pubblicità occulta che faccia rima con una multa, anche se pure le pietre probabilmente hanno capito quale fashion house si nasconda dietro l’acronimo-. Ah, com’è bello e impossibile quel capolavoro! Peccato che costi un occhio della testa, ma non è il caso di strapparsi i capelli. In fondo pure la sua borsa dozzinale, con la tartaruga del marchio Carpisa, è carina, anche perché ‘non è bello ciò che è bello ma è bello ciò che piace’, il suo cervello pensa, quasi involontariamente, quando si allontana dallo store e medita, appunto, sulla propria capacità di farsi piacere quella fetecchia -comprata, fra l’altro, ai saldi-.
   Nel proseguimento del suo metropolitano mumble mumble, iniziato mezz’ora fa e proseguito a singhiozzo, con momenti di assurda coazione a ripetere, la donna salta d’Arno in Bacchiglione, forse perché l’incoerenza nel passivo fiume dei suoi pensieri li aiuta a non perdere smalto mentre lasciano a desiderare come profondità speculativa. Si avvicina alla Basilica di Sant’Antonio e si chiede, radicata più nella curiosità profana che nella serietà sacra, come mai questo illustre santo sia uno dei motivi per cui Padova è soprannominata ‘La città dei tre senza’. Pensa ‘ma che senso ha definirlo il Santo senza nome?: lui un nome ce l’ha, ed è pure famosissimo!’. Prova un (teoretico) fastidio degno di miglior causa, ma il suo intelletto è libero di dare a ogni perché il peso che gli piaccia attribuirgli.
   Stoppando una parte di questa riflessione avverte, in un’altra, quella più solenne, l’esigenza di visitare la Basilica, una delle più maestose a livello internazionale -quantunque le abbiano negato il titolo di duomo-. Ha appreso en passant, su un giornale letto gratis dal suo coiffeur di fiducia, che la chiesa ospita un ciclo di affreschi assurti a Patrimonio dell’umanità e Bene protetto dall’UNESCO, e vuole dargli uno sguardo. Lei non è una donna di grande cultura, ma cerca, nel suo piccolo, di arricchirsi interiormente davanti a opere di un certo rilievo. Nel suo passato molte volte ha gradito tuffarsi in un turismo d’arte, sacrificando un maggiore divertimento edonistico e mai pentendosene a posteriori.
   La signora Fregola entra lemme lemme in un luogo di culto con l’intento di esplorarne arte e cultura, ignorando che il Destino, forse colpevole e birichino nel darle una spinta in questa direzione, sta giocando un tiro mancino ai danni del suo quieto vivere. Qualche minuto dopo la sua entrata, infatti, la donna, fedele e turista, vede un sacerdote e…
   Torrido e osceno colpo di fulmine, traumatica aurora d’una lussuria con impertinente furia, un moto pulsionale che interrompe un digiuno passionale durato anni. Un tunnel in cui talvolta la signora/ina è sprofondata in seri disturbi della sua sessualità. Adesso quel prete, don (Osvaldo) da un lato, dono (per la sua eccitazione) da un altro, ha il potere di trasformare la turista in una peccatrice ninfomane, già frigida, ora strenuamente protesa, nel caldissimo tourbillon della tempesta ormonale in corso, a iniziare una Mission a dir poco impossibile: trasformare quello sconosciuto in un boccaccesco amante.
   Si rende conto che, lungo questo crinale altamente pruriginoso, sarà vista come una sirena tentatrice e una poco di buono, ma questa teorica consapevolezza non è in grado di spegnere la sua passione, esattamente come un incendio non possa essere domato da un pompiere che getti sulle lingue del falò, da un Viking Air 415 Canadair, solo qualche anodina goccia d’acqua. Zero sensi di colpa, tanta gustosa polpa in una scandalosa mela del peccato. L’eros, con le sue istanze focose, la esorta a provarci, e la voglia è così intensa che nella sua psiche si velocizza il senso del tempo.
   Messalina è scatenata e rapida. Attacca bottone, con una scusa, con l’ignaro prelato, il quale cade nella trappola per eccesso di fiducia nella sincerità del prossimo. Si scambiano i numeri di telefono -e la femmina custodisce il biglietto su cui ha scritto quei ghiotti numeri con una cura non seconda a quella con cui un vincitore di cinque milioni alla Lotteria conserva il biglietto finché non riscuota tutti i soldi-.
   La donna ben presto getta la maschera e invia a Osvaldo messaggi borderline, quasi hard-core. Il prete sobbalza e suda freddo, le dice, con le buone, di darci un taglio. Taglio? Macché! Ella, recidiva, insiste e non recide le sue avances.
   Lui la blocca sullo smartphone, dopo aver chiesto a un teen-ager come si fa. Ah sì?! Tu mi blocchi? E io cambio numero. E la sua libido ritorna alla carica. Gragnuola di calls, una più osé dell’altra, sul povero don.
   L’uomo a questo punto decide di trasferirsi. Da Padova è destinato alla Dotta, ma non riesce a seminare la torrida aficionada, che lo insegue fino a Bologna, riprende a tempestarlo di telefonate e sprofonda in un cinereo squallore quando, non riuscendo a sedurre l’integerrima castità del sacerdote, ne infanga la reputazione, denunciandolo, pure alle autorità ecclesiastiche, sostenendo di esserne stata violentata.
   Don Osvaldo, sotto choc, deve ricorrere alle cure d’uno psicologo -il quale, senza pudore, in un momento di animalesco utilitarismo prova, sia pur per pochissimi (ma comunque gravi) secondi, un pizzico di gratitudine verso la rea, per i soldi che quella ninfomane e bugiarda gli sta facendo guadagnare-.
   Il prete, buon per lui, è assolto, contestualmente a un secondo successo (in questo drammatico e surreale match con l’arrapata fan): un tribunale vieta alla spasimante in calore ogni possibile avvicinamento alla sua preda umana.
   Osvaldo, per sentirsi ancora più al sicuro, si trasferisce a Genova, nella parrocchia di San Francesco di Albaro. Crede d’averla seminata irreversibilmente, e si sente in una botte di ferro. La botte, invece, è di carta velina, ché Messalina, ancora -e più di prima- nel bel mezzo d’una gran voglia di fare l’amore con lui, un giorno si materializza al suo cospetto. Punto e accapo.
   L’incubo continua, il prete, in totale confusione, cerca su Internet il numero di telefono di Freud, ché stavolta alla guarigione della sua mente non è sufficiente un semplice psicanalista.
   Messalina finisce ancora una volta sotto processo, per stalking, ma ella se ne frega: pure in galera sognerà di fare sesso con lui, il suo adone in abito talare.

Walter Galasso