![AMRO COME UNA PRIMULA ROSSA [Writers e Tarantasio – 6; RACCONTO (FAVOLA); Comuni: MILANO, LODI, BERGAMO, CREMONA] AMRO COME UNA PRIMULA ROSSA [Writers e Tarantasio – 6; RACCONTO (FAVOLA); Comuni: MILANO, LODI, BERGAMO, CREMONA]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/02/Graffiti_Logo_Maker_App20250205_124631.png)
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DI WALTER GALASSO
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Amro sembra sparito nel nulla, un desaparecido, non dà notizie al suo boss, e a Mirco, che paventa il peggio, in certi momenti di questa eterna attesa, fredda più dell’inverno, viene da piangere. L’uomo, sensibile e poetico, prevale sull’amministratore, e prova pure un pizzico di scrupolo. Forse in una simile serara di strana tregenda non avrebbe dovuto affidargli una missione così delicata.
Il vicepresidente dà però una spallata all’uomo di cui è un alter ego, ridiventa il pilota del timone (dell’intera personalità) e cerca di coniugare la solidale apprensione per le sorti del collaboratore con la regia politica d’un così brutto quarto d’ora. Si chiede quale possa essere un altro gancio per addivenire a un’interfaccia con i writers.
Vattelappesca! Quei ragazzi, anche perché avvezzi a essere braccati, hanno imparato a fregare chi gli dia la caccia, e strada facendo si sono abituati a diventare invisibili nella società dei benpensanti conformisti. Si acquattano in una favolosa privacy. Hanno scoperto un escamotage che gli regala trasparenza più e meglio di quanto donasse invisibilità la pietra, l’elitropia, di cui in una novella del Boccaccio il fanfarone Buffalmacco parla a Calandrino. Un persecutore afferra un graffitista e si ritrova in una mano la sua giacca, senza nessuno dentro. Una soffiata di infami svela che dieci campioni d’una crew sono nel rifugio X, arrivano i gendarmi in X e, le loro narici percependo il profumo della ragazza di uno, trovano solo un posacenere pieno di cicche, con una sigaretta ancora non del tutto spenta e, tutt’al più, un libro su Darryl McCray e uno su Caravaggio. Di loro nemmeno l’ombra. Sono inafferrabili anche perché amano la loro arte senza quell’ambizione borghese che, in chi ne è schiavo, induce la mente a una sovraesposizione pro narcisismo. Ognuno di loro se ne sbatte, tant’è che in essi non vige nemmeno l’uso di firmare ogni murale disvelando la vera identità del demiurgo.
Mistero, discrezione esponenziale, agilissima inerenza a una dimensione di segreti, e tanta circospezione, perché la società talvolta è piena di Giuda. Per chi ne sia formalmente estraneo riceverne veramente stima e fiducia è più difficile che trovare la microscopica testa di un ago in mezzo ai granelli di un deserto. Arduo, se non impossibile, individuare soggetti a cui si attagli di più il suggestivo termine ‘underground’. Mirco, perfettamente al corrente di questa caratteristica, sa che il suo intuito deve fare gli straordinari per trovare la soluzione come un mago estragga una lepre da un gibus. Sa che quei giovani si sono emancipati, nella loro attività creativa, dall’ossessivo bisogno di precisi (e utilissimi) destinatari dei loro messaggi. Un bisogno che schiavizza, esorta ogni parte di un attore sociale, dall’aorta all’alluce destro, a dipendere dal successo come da un duce, a vendere e svendere l’anima al demonio, a essere ovunque come un prezzemolo in vetrina. I writers hanno imparato a sentire nel loro cuore il valore Assoluto di un’opera, d’arte o d’altro, a sapere che quando essa viene alla luce, anche a quella artificiale e artisticamente gialla della notte, il suo valore è già in sé, senza dover dipendere, come un iter da un avallo, da qualcuno -talvolta più stronzo di uno sciacallo- che la ratifichi. Se c’è, quando il loro estro scende in campo, un polo che possa fungere da destinatario, esso è solo e soltanto Milano, il che, va da sé, equivale, come emblema di impegno estremamente oggettivo, a un’impersonale universalità nelle loro performances artistiche. È per questa loro libertà che sanno diventare simili a Ulisse, che trionfa anche per la capacità di tuffarsi con astuta souplesse nella controidentità di un Nessuno.
Il dottor Obiettivo ha piena contezza di questa forma mentis anche per un pregnante dettaglio della sua biografia: è stato uno di loro, sia pur per un breve periodo di tempo. Da teen-ager, nel suo verde tempo anteriore a laurea e carriera politica, ha tentato, per un annetto, di affermarsi come eroe dell’Urban Art, e si ricorda perfettamente com’era in quell’avventura, indimenticabile e tanto importante nell’uomo che poi è diventato. Perché ha smesso, e perché ha abdicato così presto? Perché non era un granché, e perché, sempre onesto intellettualmente, sin da quando fu bebè in culla, non ha avuto difficoltà ad ammettere a se stesso che, schiappa, non era il caso di fare il sedicente genio.
Per un attimo, pur in questo momento così drammatico, avverte il bisogno di tuffarsi in un agrodolce amarcord, in bilico tra mala malinconia e un proustiano, positivo recupero di quella remota parte di sé. Vorrebbe ma non può distrarsi, e torna a bomba -in certo senso pure ‘a bomboletta’-, riflettendo sul modo in cui arrivare a qualcuno di loro.
Involontariamente gli scappa nel pensiero, mentre riflette sulla poltrona presidenziale del suo ufficio, ‘devo trovare un cavallo di Troia’. Se ne pente, davvero, un attimo dopo, provando un serio senso di colpa per questa imperdonabile caduta di stile. Certe volte i clichés, anche linguistici, sono come i tic nervosi, che scattano, afinalistici e compulsivi, senza essere spinti da coscienti scelte. Lungi da Mirco ogni deplorevole intenzione di ingannarli, di aggirare con un’antagonistica scaltrezza i guardinghi radar del loro anticonformismo.
Piuttosto è d’uopo un’operazione che può essere interpretata come una specie di contrario, cioè trovare l’umano addentellato fra sé e quell’informale categoria e convincerla della propria buona fede, fare in modo che loro trovino in sé un ponte verso un Potere a cui tendenzialmente riservano scetticismo e critiche. Devono capire che il loro prezioso intervento è indispensabile ed esatto dal bene dei lombardi e della Lombardia. Qualcuno, nel contattarli, deve persuaderli con parole che arrivino dritte al loro cuore di amanti della metropoli e spiriti liberi, sempre all’erta, sul chi va là contro gli ambiziosi che, travestendosi da paladini di buone cause, in realtà nel loro lavoro inseguono innanzitutto il proprio tornaconto. Un writer doc sente la puzza di un arrivista anche da Rescaldina a San Colombano al Lambro. Ne sa due, forse pure cinque più del diavolo, a lui non la si fa, se qualcuno voglia stabilire un autentico contatto umano con la sua mente deve non solo presentarsi fumando il calumet della pace, ma avere rispetto e belle intenzioni nel fondo del suo animo, perché se anche in una sola sfumatura non gliela racconti giusta, l’artista di strada prima lo sgama e poi lo sputtana.
Ecco perché il facente funzione del Presidente ha scelto, come ambasciatore nel progetto di convincerli, il signor Lampugnani. Un uomo vero, schietto, sincero amante di chiunque valga, a prescindere dal ruolo ricoperto in società. Un animale politico che tante volte, grazie al suo esemplare rispetto per il popolo, di fronte a gruppi d’interlocutori incazzati, per un motivo o per l’altro, a nome di Mirco è andato a parlamentare e, sapendo come prenderli per il verso giusto, li ha convinti e se n’è tornato con un cordiale accordo in tasca.
Stasera, però, Amro continua a non telefonare, forse è nei guai, e Mirco è in apprensione. Mentre si alza per avvicinarsi a una finestra, per meglio concentrarsi guardando l’esterno panorama, in un’ansa della sua ansia, simile a un fiume in piena, albeggia nel suo cervello uno strano pensiero involontario. Gli balugina, infatti, l’assurda ipotesi che Amro, invece che simile a un tragico desaparecido, possa essere un insospettabile autore di qualche reato e in questa circostanza stia approfittando degli eventi in corso per far perdere le proprie tracce, come una primula rossa.
Se prima s’è sentito in colpa per aver preso in considerazione il progetto di uccellare i writers con un infiltrato, adesso, dopo questa pazzesca cazzata, versa in un livello di resipiscenza cinque volte superiore rispetto a quegli scrupoli. Però nella vita non si può mai sapere, Milan Kundera insegna…
Walter Galasso