UN CASTELLO,  DIVERSO DA  “LOVE ART 4 ALL”  A  MILANO,  CROLLA:  IL  “JEWEL RAIN VORTEX”  ATTUTISCE IL COLPO   [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 14]

UN CASTELLO,  DIVERSO DA  “LOVE ART 4 ALL”  A  MILANO,  CROLLA:  IL  “JEWEL RAIN VORTEX”  ATTUTISCE IL COLPO   [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 14]

UN CASTELLO,  DIVERSO DA  “LOVE ART 4 ALL”  A  MILANO,  CROLLA:  IL  “JEWEL RAIN VORTEX”  ATTUTISCE IL COLPO   [GALASSIA UNO – RACCONTI ALL’ INFINITO / 14]

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“LOVE ART 4 ALL”,  CASTELLO POZZI,  MILANO

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romacampodeifiori.academy – EDIZIONE MILANO

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DI WALTER GALASSO

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   Un clacson emette segni d’isterica prepotenza e truccata inquietudine. Si strotola, ai bordi del rischio di una larvata alienazione, un plumbeo carosello di rumori, e pure rumors, nel galoppante tourbillon di pettegolezzi che serpeggiano, come sapori inutilmente proibiti, in conversazioni senza fini scientifici.
   Stucchevole il becero protagonismo di tizi loffi, eppur sulla cresta di un’onda (asciutta). Sul sottile televisore a parete di un gettonato locale pubblico, il “Pezzo di Kursaal”, sovente sold out in serate di febbrile e fosforescente movida, un vip, moscia pipa, erutta fake news, le spara grosse, pugnalando l’esattezza con la punta della sua utilitaristica insincerità, ma nel dehors tutti gli avventori non ne sembrano condizionati, impermeabili ai suoi tentativi di attirare attenzione con belle balle. In un programma si scatena una cagnara piena di faziosità un tanto al chilo, reciproci gettiti di astio in un giochino delle parti, volti colti eppur protagonisti di una batracomiomachia, anche se in questa mediatica diatriba non è possibile capire chi diverga da chi, chi faccia parte delle rane e chi dei topi. Lassù, nel piccolo schermo della tivvù, i pasdaran di antitetiche ideologie blaterano imputazioni e giù, fra i clienti, i cervelli fanno a gara per ignorarli, assorti nel duro hobby di trascorrere tempo libero con orgasmo dello spirito.
   Un pizzico di rito nei clichés del divertissement, mentre la casualità erutta originali combinazioni sottovalutate dai cultori dei valori déjà-vu, fra cui conta, in qualche soggetto tradizionale, la supremazia, nella categoria denominata ‘altri’, dell’amico storico, conosciuto prima ancora di nascere, nella potenzialità pré-maman.
   Giorgio Bolso, per esempio, è un retorico alfiere di questo tipo di conoscenza. Nella sua visione del mondo Luca equivale al fratello che non ha mai avuto e ha sempre desiderato. Quando, in sua assenza, ne parla lo osanna, più di quanto benedica sua moglie Anna Burlesca, una simpatica signora, civettuola come una soubrette in carriera.
   La loro coppia, certo, scoppia di salute. In occasione di qualche festività questi piccioncini escono per fare una triadica passeggiata, lui lei e il quadrupede pet chiamato Atomo. Sono così solenni, nella canonica promenade della domenica mattina, che danno l’idea di aver letto l’imprescindibile esigenza di questa operazione su una road map stilata da un think tank di guru. Giò accompagna la sua fiamma con routiniera cavalleria, ostenta il suo ruolo di marito modello, assennato, senza eccentrici grilli per la testa, zero vizi, forte di un imbarazzo della scelta nel rispondere al quiz “dimmi un tuo pregio”. Cerca di esaudire ogni anelito della consorte, dicendo spesso in pubblico, con una banalità più minacciosa del famigerato squalo bianco Contender, che ogni suo desiderio è un ordine.
   Quando erano fidanzati mai un’amica della promessa sposa ha osato dissuaderla dal dirgli “Sì” su un altare. Lo vedevano in gamba, perbene, affidabile come un ottimo usato -era stato in precedenza, per sei secolari anni, con una fata che prima gli ha donato la sua verginità e poi, quando l’erotica audacia della sua sessualità ha spiccato il volo, lo ha permutato con un modello più performante-. Il signorino Giorgio ha messo, nella cerchia di parentela e amicizia della sua ragazza, tutti d’accordo, anche il futuro suocero, un duro che gli ha consentito d’impalmare sua figlia come un burocratico sancta sanctorum d’un Ministero dia a un temerario imprenditore il nullaosta per abbattere una Reggia del Duecento e costruire al suo posto un resort a cinque stelle. Giorgio ha sempre onorato la sua dulcinea dimostrando di avere imparato a memoria il Bignami “Vademecum del perfetto boyfriend”.
   Egli è, in qualità di marito, quel che rappresenta, nel pianeta Delikatessen, un maritozzo della romana Pasticceria Regoli: un’Eccellenza con la maiuscola. La coccola e vizia: al fine di estrinsecare meravigliosamente la dedizione che le tributa si è pure prodotto, in via del tutto eccezionale, in una performance canora in un locale pubblico, dove i due coniugi stavano trascorrendo una serata romantica un dì di San Valentino. A un certo punto è iniziato il karaoke e lui ha eseguito “Annarella”, della band “CCCP – Fedeli alla linea”. Eppure, stonato come una campana, odia cantare, ma per lei questo ed altro.
   Il signor Bolso, insomma, dimostra in mille modi di tenere a lei, ma, nella sua personalissima scala di valori, Luca forse, ed è quanto dire, per certi versi viene prima, anche a livello cronologico, Giorgio avendolo conosciuto in illo tempore, quando ancora forse il Fato nemmeno aveva preso in considerazione l’ipotesi di fargli incontrare la bella Annarella e caldeggiarne il connubio come un metafisico sensale.
   Comunque Giò, che in questo momento si trova solo soletto, lontano da entrambi, in un angolo del “Pezzo di Kursaal” -Anna è andata in toilette-, sa come armonizzare i concetti “MOGLIE” e “MIGLIORE AMICO” nella sua savia forma mentis. La sua mentalità è prodigiosamente equilibrata come un castello fatto con Carte Napoletane plastificate Modiano. Il suo magico equilibrismo consta anche della capacità di occultare nella privacy del proprio cuore alcune pulsioni che è meglio non bandire ai quattro venti. Luca addirittura più su, da certi punti di vista, della sua anima gemella? Forse, ma comunque, ammesso e non concesso che questa priorità non sia una balla destituita di fondamento, è d’uopo che il maritino chiuda questa preferenza in una psichica cassaforte metaforica, non rivelando la combinazione nemmeno al proprio cane, che pur gli è così tanto fedele che non lo tradirebbe neanche per un succulento osso di prosciutto. E comunque, a parte la comparazione fra l’importanza in lui della dolce metà e quella del fratello ad honorem, Giorgio è encomiabile con entrambi, eccelsa fonte di amoroso sentimento per la donna e amicale pathos per l’uomo.
   Peccato che, come sta per scoprire in una tremenda doccia scozzese, i due, verso di lui, siano assolutamente identici nel tradirlo. Purtroppo, infatti, mentre la donna s’attarda nel suo parentetico soggiorno in bagno, Giorgio, che nel suo smartphone ha un numero WINDTRE , tenta di navigare ma ci sono problemi nella copertura della rete mobile. Decide così di pescare, dalla borsa di Anna, il suo Samsung, che include una SIM TIM, nella speranza che prenda meglio e lui possa navigare bene. Bene? Pene tremende, semmai, perché, l’occasione facendo l’uomo ladro, egli non resiste alla tentazione di spiare i messaggi e, in mezzo a quelli memorizzati, trova un SMS di Luca. Inequivocabile. ‘Sto brother va a letto con Anna -sono amanti da un poker di mesi-, la quale cancella sempre ogni sua traccia, ma evidentemente in questo ciclico reset (delle prove della sua infedeltà) s’è distratta un attimo e…
   Giorgio ha la sensazione che Marte, sia pur compresso nelle dimensioni di un’anguria, gli piombi addosso. Il suddetto castello non è come “Love Art 4 All”, nel castello Pozzi, vicino alla City Life di Milano, tra Via Berengario e Via Benedetto Brin -un’installazione, 45 enormi carte da gioco, che non cade nemmeno nell’occhio di un ciclone-. L’equilibrio triangolare del signor Bolso, moglie-marito-amico, è caduto e pure di brutto, è drammaticamente crollato, diventando moglie+amico [dove il + significa AMPLESSO] – marito [dove il meno significa le corna di un FESSO].
   Nel giro di pochi secondi diventa un uomo fuori di sé, e non è dato di prevedere cosa possa fare quando lei ritorni dal lieu d’aisances.
   Sullo schermo Tv, però, appare una meraviglia: una cascata, il Jewel Rain Vortex, nell’aeroporto di Singapore. L’uomo ne resta così colpito che un po’ si calma. Quello splendore, con un inconfondibile sapore artistico, quasi lo ipnotizza, e ha il potere di domare la sua sete di violenta rappresaglia. Certo non la spegne del tutto, ma l’abbassa, in un modo e in una misura sufficienti a iniettare in lui la voglia di far finta di niente quando lei finalmente ritorna.
   Il redde rationem è rinviato, chissà a freddo che cosa questo povero diavolo, doppiamente tradito, dirà e farà. Per il momento lei parla e lui, dissimulando a fatica l’inferno che alberga nel suo cuore, guarda quella installazione, in uno dei migliori aeroporti del mondo, e ne è poeticamente consolato, come in una catartica purificazione del suo tormento.

Walter Galasso