![L’UNIVERSO, IL DESTINATARIO ASSOLUTO DI OGNI AUTRICE E AUTORE [OPERA “L’ AVVELENATA”, DI FRANCESCO GUCCINI; CITAZIONE DI CLAUDIO ALICANDRI] L’UNIVERSO, IL DESTINATARIO ASSOLUTO DI OGNI AUTRICE E AUTORE [OPERA “L’ AVVELENATA”, DI FRANCESCO GUCCINI; CITAZIONE DI CLAUDIO ALICANDRI]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/04/photo-1614926037384-4159c33e196b-scaled.jpeg)
![L’UNIVERSO, IL DESTINATARIO ASSOLUTO DI OGNI AUTRICE E AUTORE [OPERA “L’ AVVELENATA”, DI FRANCESCO GUCCINI; CITAZIONE DI CLAUDIO ALICANDRI] L’UNIVERSO, IL DESTINATARIO ASSOLUTO DI OGNI AUTRICE E AUTORE [OPERA “L’ AVVELENATA”, DI FRANCESCO GUCCINI; CITAZIONE DI CLAUDIO ALICANDRI]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/04/photo-1614926037384-4159c33e196b-scaled.jpeg)
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INTERVISTA A CLAUDIO ALICANDRI
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FRANCESCO GUCCINI, “L’ AVVELENATA”
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DI WALTER GALASSO

Nel presente articolo voglio lumeggiare solo una delle tante sfumature di un’importante tesi, sostenuta anche dall’artista Claudio Alicandri, che in un’intervista, su YouTube, ha dichiarato, fra l’altro, “Quando dipingi parli con l’Universo”. Musica per le orecchie di chiunque ami davvero la cultura, delle Autrici e degli Autori che, nel solenne momento poietico d’una creazione, innanzitutto parlano dell’Infinito e all’Infinito, auspicando di attingere una rilevanza eterna nelle Società, e poi pensano ai suoi immediati effetti nella particolare società in cui operano. Il pittore che dipingendo parli all’Universo anela a un successo speciale.
C’è Gloria e gloria: Maiuscola versus minuscola, forse estremi che stavolta non si toccano. Francesco Guccini, senza esser prima passato da un Talent di Sessantottini capitanato da una star dell’influenza, ebbe a scrivere e cantare e biasimare la seconda, quella di serie B… -becera, blasfema, bla bla quaquaraquà, boria, buio…-. Andò giù pesante -nella canzone “L’ Avvelenata”- nell’elaborarne una definizione, perché questo cantautore ha sempre messo un’autentica passione teoretica nella sua arte, mica ha preso per i fondelli i devoti fan mirando, pavone in copyright, a mettersi in mostra di riffa o di raffa. Torniamo a bomba: Francesco ha scritto e cantato “questa gloria da stronzi…”. E vai! Mitica assenza di capelli sulla lingua, al diavolo l’ipocrisia politicamente corretta.
Quando come dove e perché il concetto in oggetto va scritto con la lettera iniziale pigmea? Domanda con risposte che possono implicare il permaloso risentimento di potentissime mezze calzette. Qui, in questa questione più turbolenta di un maelstrom, il fuoco problematico è molto più profondo di un j’accuse verso chi ha successo e non lo merita.
Qui bisogna entrare in Lei, la Bellezza di cui mi sono perdutamente innamorato sin da quando ero minorenne: la Filosofia. Quanto è temuta dai bastardi! Si spremono le meningi per inventare, con la scusa di qualche nuova etichetta, dei sinonimi, nella speranza che, a furia di non nominarla, scompaia. La Regina merita di stare ovunque e lorsignori la escludono da quasi tutto. È utilissima, e le nullità mettono in giro l’assurda, ignorantissima voce che non serva a nulla, sia astratta, e altre sesquipedali fregnacce. Mi chiedo quando arriverà il momento in cui questi omuncoli impareranno un po’ di raziocinio da qualche arguto cane, molto più in gamba di loro. Poveretti, chissà come si sta laggiù, nelle tenebre della loro cattiva pochezza.
Nella mia filosofia il tema della gloria implica, come suo nocciolo speculativo, il rapporto concettuale, nell’elaborazione di un messaggio, fra mittente e destinatario. Io, qui lo scrivo e qui lo riscrivo, peroro l’esigenza, per ogni soggetto che partorisca prodotti culturali, di mettere in parentesi la seconda polarità, il Destinatario, oggetto invece, in normali (e banali) visioni del mondo, di una specie d’idolatria feticistica.
Nelle menti il sistema inculca un avvaloramento addirittura ossessivo di qualcuno che, un Autore avendo prodotto una sua opera, la recepisca, leggendola vedendola fiutandola giudicandola e, possibilmente, apprezzandola. Tu -poniamo che questo tu generico si chiami Gennarino- hai dipinto un quadro? Beh, questa creazione è solo il grado zero. Adesso, nel fondamentale grado Uno, Gennarino deve darsi da fare affinché esso sia visto da un’altra persona, Sua Maestà il Destinatario, che dica “questo quadro mi piace, vale”, magari scucendo schei per comprarlo, o adoperandosi, nell’esercizio delle sue funzioni lavorative, affinché esso venda, abbia un mare di follower, cuoricini à gogo, Mi Piace Mi Piace Mi Piace, eccetera. L’ Albo dei Destinatari avalla, con santa e dogmatica autorità, la legittimità e il valore di qualsivoglia work culturale. È chiaro, Gennarino? Se un musicista componga una canzone e il sistema non se la fili, pochi internauti ascoltandola su YouTube, nessuna Casa discografica volendola pubblicare, poche persone apprezzandola -quattro gatti, anzi tre, che un micio alla fine si tira indietro, in un’omologazione felina-, il brano è spacciato, kaputt, e l’Autore è uno sfigato fallito. Sulla base di questo pregiudizio, radicato nel solido buon senso di chi dice di saper stare al mondo, molte persone con un talento culturale crescono con l’ossessione del destinatario, e quando compongono -un romanzo, un quadro, un’installazione, una poesia, una sinfonia, una seconda “Casa sulla cascata”, un racconto, un saggio di estetica… qualsivoglia opera-, pensano soprattutto a Lui, il Commendator Destinatario, un boss che se esibisce pollice dritto ne decreta la ghiotta apoteosi, mentre se nell’aria una sua mano diventa un verso pollice…Noo!!, mai sia!, l’aspirante Autore-di-successo incrocia le dita, più superstizioso che super, anzi non ci vuole neppure pensare e rimuove la cupa ipotesi. E se, purtroppo per lui, il suo prodotto ha poche visualizzazioni, la sua mente s’ammala di splenetica tristezza, egli corre il rischio della depressione, ha il terrore di non apparire un buon partito agli occhi della femme fatale che sta corteggiando.
A questa mentalità -il messaggio di un mittente ha da trionfare nell’attenzione del destinatario, per avere atout di celebrità- posso contrapporre tante obiezioni, ho abbondanza di scelta, sia pur senza imbarazzo.
Caveat numero uno; e i Grandi che, prima di spiccare il volo nel firmamento del Tempo Galantuomo, sono stati ostacolati dall’indifferenza e dall’ostilità di numerose mezzeseghe? Cambio registro -ma la conclusione è idem-: siamo forse in società perfette? Spesso le dimensioni sociali in cui opera un’Autrice o un Autore sono piene di porcherie: Repubbliche delle banane, alla mercé di feudali raccomandazioni e favoritismi, meritocrazia ridotta a brandelli, zarine e mandarini che nella stanza dei bottoni decidono arbitrariamente -Guccini, meno diplomatico, scriverebbe di peggio- quale cantante abbia la faccia che funziona e chi invece debba darsi all’ippica. E poi tanti omuncoli che, affetti da patologica invidia, di fronte a un genio non sono disposti a dire che lo è, piuttosto torturano il proprio inguine con una bottiglia di plastica, come Tafazzi. E allora? Il Genio forse deve buscarsi il magone se questi vermi gli fanno un meschino dispetto?
Il successo sporco, ottenuto in un sistema da operetta, o frutto della simpatia dei mediocri verso un prodotto valido ma non troppo, dunque non in grado di suscitare in loro invidia, è gloria con la minuscola, talvolta, come direbbe Francesco, str…., farlocca.
La Gloria, invece, è quella nel Tempo Assoluto, e non può non iniziare nell’autenticità degli Autori, che nella fase demiurgica della composizione devono pensare innanzitutto a creare nella Verità, senza credere che conditio sine qua non del valore di una loro opera sia un immediato boom di consensi. Un vero Grande, va da sé, può avere, e io lo spero intensamente, un immediato riconoscimento; chi non lo abbia, però, non necessariamente non è un Grande, magari lo diventerà dopo aver messo kappaò i dispetti dei mascalzoni.
Il Destinatario è sì un concetto fondamentale, ma nella misura in cui sia, in senso molto lato, l’Universo intero, nella fulgida oggettività ontologica di un’opera. L’Universo è il Referente che ispira gli Autori, e questi, nel voler cantare qualche sfumatura delle sue infinite verità, devono contestualmente, con commozione più o meno larvata, riferirsi alla sua sublime maestà quando le loro menti creano. Esso include pure tutto il pubblico possibile e immaginabile, anche, facendo l’esempio di Giacomo Leopardi, i suoi posteri che gli hanno dato l’onore -rubato da imbecilli- che è suo, nell’Olimpo del Sapere.
Walter Galasso
Grazie un bellissimo articolo…sul link che ti ho inviato troverai molto di me…grazie ancora e ti auguro un buon fine settimana 🎨🙏