![INQUILINA BREVE – VICINA ROMPI 2-1 [BOZZETTO 34; RACCONTO INCLUSIVO DI UN’ODE IN PROSA AL GRATTACIELO BURJ KHALIFA] INQUILINA BREVE – VICINA ROMPI 2-1 [BOZZETTO 34; RACCONTO INCLUSIVO DI UN’ODE IN PROSA AL GRATTACIELO BURJ KHALIFA]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/04/9020704_copy_4000x4000-scaled.jpg)
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DI WALTER GALASSO

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“Ciao Burj Khalifa, grattacielo splendido, altissimo capolavoro. Ti chiedo una cortesia: insegna Ragione a chi pensa terra terra. Trasmetti, nei tuoi spettacolari record, nella tua corrusca architettura, l’archè dell’armonia: la Fratellanza fra Tutti i Popoli. Il panorama che si gode sulla tua cima è ‘comprensivo’, inclusivo, wonderful a trecentosessanta gradi, tale da far apparire stupendo l’insieme, non solo questo o questo dettaglio: sia simbolo di Pace universale”. Penso queste commosse idee, una specie di ode in prosa, mentre, navigando nel fulgido oceano della Rete -ADORO INTERNET…-, contemplo una grandiosa immagine, ad altissima risoluzione, del Burj Khalifa, il re dei re, attualmente il grattacielo più alto del mondo. Quasi un chilometro in verticale, un prodigio di design e tecnologia, icona ieratica nella sua manifesta maestà. Anche lui, nel mai intermesso fluire dell’evoluzione sociale, prima o poi sarà superato da un nuovo collega, capace di strappargli questo record, sia pur grazie a una superiorità risicata, a un décalage di un metro. Ad maiora, ciò che in illo tempore era primo, number one, oggi può essere penultimo e non destare più alcuna ammirazione. Però oggi l’imperatore è lui, il gagliardo Burj, ed è bene che se ne bei, godendosi in tutti i modi possibili e immaginabili la sua medaglia d’oro.
Getto uno sguardo en passant su un mio orologio, il risultato del controllo mi sorprende, non pensavo di aver dedicato così tanti minuti alla contemplazione del masterpiece. Decido di interromperla, prefiggendomi di procrastinare a domani l’approfondimento scientifico di questo studio, istruttivo e ameno al tempo stesso. Abbandono la mia poltrona -l’esercente me l’ha presentata come “aspirante presidenziale”-, alzandomi con uno scatto che non ha nulla da invidiare alla performance d’una cavalletta entusiasta, e mi dirigo verso due grammi di polvere su un’edizione della “Recherche” di Proust, per buttare la prima -con un pennello da pittore- e così dimostrare alla seconda, in modo indiretto, che voglio tanto bene a lei e ai rifiuti che la sua Grandezza ha avuto. Missione compiuta.
Mi preparo, a livello di abbigliamento, per uscire, e mentre sostituisco un paio di stivali con griffate e verdi shoes da ginnastica odo, oltre la porta d’ingresso, la voce d’una mia vicina, la mitica signora Margherita. Non inganni “signora”: ella, in un gioco di parole inerente alla sua biografia, è una nobile nubile. Non inganni “Margherita”: ‘sta zitella è oriunda della Svezia. Lei talvolta si è vantata di essere precisa come gli orologi fabbricati nella neutralità della Svizzera, ma, a mio umile parere, più che precisa è rompicoglioni, in modo quasi paradigmatico. Tende ad avere da ridire. Se nessuno le abbia fatto un torto lei colma la lacuna con l’abbinamento fra la sua fantasia e la sua mania di persecuzione. Forse è affetta da una larvata forma di masochismo. Comunque, a parte l’ipotesi che le possa piacere sentirsi aggredita da uno sgarro, questa persona è nota nel palazzo, e anche nell’intero quartiere, per la sua attitudine a partorire, in modo seriale, un cahier de doléances dopo l’altro.
Qui ed ora sta avvertendo l’incoercibile esigenza di mettere nel mirino di una sua virulenta contestazione una ragazza, inquilina -in un affitto breve- di un appartamento limitrofo al suo. Rita Rompi la rampogna, sostenendo che la sua porta d’ingresso fa un gran casino ogni volta che si apre e si chiude. Ergo urge olio sui cardini, e prima questo intervento verrà effettuato meglio sarà per tutti. Un cicchetto senza se e senza ‘ma però’, un draconiano diktat lontano anni luce dalla possibilità che la tipa chiuda un occhio e lasci correre.
La vittima le fa presente che è diventata conduttrice di quell’immobile solo quattro giorni fa. Questo incipit pare foriero di un rapido inasprimento del suo antagonismo. Sembra che vada a parare dalle parti di un vocabolo famosissimo: “Vaffanculo”. Invece l’imputata, riuscendo a contare fino a mille pur non essendo laureata in Matematica, si astiene, pro bono pacis, da qualsivoglia rappresaglia. Con bonario self-control le dice che riferirà il problema al suo proprietario -il quale, per la cronaca, è uno spregevole usuraio e un laido evasore fiscale, uno stronzo che affitta quella casa a cifre stellari e per brevissimi periodi, come se sia un hotel, e sempre in nero-.
Io, mentre origlio -dicendo a me stesso, nei miei pensieri, che origlio, sì, ma non me ne frega niente-, sorrido. Ah, che tipa da spiaggia la Margherita! L’omonima della nota pizza -la seconda è simpatica a quasi tutti, la prima è antipatica a tutti senza ‘quasi’- se non scoccia qualcuno si sente a disagio. Per un attimo provo il culturale desiderio di avocare a me il ruolo di arbitro e giudice che, nel braccio di ferro concettuale fra quelle polarità, stabilisca, con atteggiamento al di sopra della mischia, a chi dare la ragione e a chi il torto. Sentendomi tale e quale a uno degli Ermellini, e divertendomi alquanto in questa fiction, inizio a meditare sulla faccenda.
Non si può negare che l’accusatrice abbia almeno un po’ di ragione. Io posso confermare che quel dannato serramento cigola in modo mostruoso, cagionando un incivile inquinamento acustico e potendo così arrecare un molesto guidalesco psicologico a qualche soggetto stressato. Uno a zero per madame Margherita.
Al tempo stesso bisogna dire che se nella società, nelle sue infinite forme di coesistenza tra singoli, ognuno si lamentasse dopo un fastidio ricevuto, trascinando l’accusato nelle aule di Temi o anche, meno gravemente, affrontandolo a muso duro e facendogli una ramanzina, il leviatano, in un lievito di astio, diventerebbe un’ingovernabile bolgia di esternazioni. Esprimo in altri termini il concetto: bisogna saper stare al mondo, protestando ma non troppo, evitando di trovare il pelo nell’uovo. Anche perché non esiste, io credo, cittadina o cittadino che possa alzare una mano e dire “io non ho mai disturbato un altro essere umano nella sfera delle interazioni sociali”. L’acida e petulante spinster ha peccato in tolleranza e peccato di odiosa intransigenza. Uno a uno e palla al centro.
La partita volge al termine. Metto un accento sul fatto che la signora Rompi, non disprezzando il principio “due pesi e due misure”, con il potente vicino Carlo Borghesone -alto papavero nel gotha politico e finanziario del Lazio, blasonato vip del jet-set capitolino- è sempre buona e carina, fino a fare le fusa, anche se il boss in piena notte senta la radio a tutto volume. Il punteggio di questo strano match diventa “2 – 1″ in favore dell”inquilina breve’. La signora Margherita deve imparare ad amare la Pace. Burj Khalifa, pensaci tu.
Walter Galasso