![25 APRILE, UN SIMBOLO DI ANELITO A LEGGI GIUSTE [COVER 28 / 2] 25 APRILE, UN SIMBOLO DI ANELITO A LEGGI GIUSTE [COVER 28 / 2]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/04/GIF_20250425_193857_646-1.gif)
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DI WALTER GALASSO

Un individuo, indi un’entità piccina picciò rispetto a tutta la società in cui egli si ritrova. Essa lo include, quasi come in un enorme contenitore può esserci una microscopica esistenza, invisibile a occhio nudo, bisognosa di una lente d’ingrandimento buona, per esempio una performante Schweizer, o di un microscopio per essere percepita.
La prima ha leggi, dettami, regole, canoni, usi e costumi, mode, ruoli, stanze dei bottoni, Palazzi, poltrone, altissimi papaveri, criteri di un glorioso cursus honorum, eccetera. È un ‘sistema’, con le sue gerarchie, con una generale architettura di dislivelli strutturali, ceti eterogenei, classi disposte idealmente una sopra l’altra, in un complessivo effetto triangolare e/o piramidale, e chi sta su ha più soldi, potere e miglior reputazione rispetto a chi, in questa dimensione per gradi, sta più a sud. Fin qui tutto normale, la suddetta descrizione è meramente analitica e a tratti tautologica, si srotola al di là del bene e del male, lungi pure da ogni arrière-pensée, da ogni secondo (e critico) fine.
Una società, nel suo significato di Stato o in quello, meno istituzionale ma comunque concentrico, di comunità può essere, a livello teorico, ottima, va da sé, però a questo assioma bisogna aggiungere, in una precisazione per certi versi appendicolare, due caveat.
Innanzitutto “ottima” non significa, al netto della sua positività, “il non plus ultra”. Qualsiasi consorzio umano è perfettibile. Ogni ente o evento, se voglia abbinarsi con un’iconica ed icastica locuzione in un meme -con cui furoreggiare online su social network- o in un mantra da eleggere a preghiera politica del mattino, deve scegliere “Ad maiora semper”. Se qualcuno o qualcosa prescinda da questa istanza e da questa consapevolezza, se dimostri di peccare nella socratica arte di sapere di non sapere, è “il ciuccio presuntuoso” -“come si dice in gergo”- messo alla berlina, in un’intervista, da Pino Daniele, in un j’accuse contro ogni persona non umile, contro “la megalomania spicciola”.
Questo relativo ‘indebolimento’ di un’idea di Assoluta Giustezza del sistema in vigore -una restrizione decisamente non offensiva, coincidente con un dovere di minima lucidità filosofica- diventa orribile problema “Quando l’ingiustizia diventa legge”, come ha scritto il grande Bertolt Brecht. Una possibilità che purtroppo è accaduta spesso nel corso della Storia, e continua ad accadere in molte parti del pianeta Terra. Anche un regime totalitario, dittatoriale, fondato sulla brutale soppressione degli indefettibili e inconcussi diritti civili, abominevole nella sua impostazione tirannica, si presenta come uno Stato o.k., con sue leggi, dettami, regole…
In questa sede, in un articolo pubblicato il 25 Aprile, Anniversario della Liberazione d’Italia, voglio stigmatizzare una figura concettuale così antitetica alle persone protagoniste della Festa della Liberazione da costituire un penoso contraltare al loro valore: l’omologato pecorone, ‘marito’ di un’ambizione fine a se stessa, personaggio che si mette sull’attenti di fronte alla sua società, adorandone a priori ogni legge, anche se essa sia piena di porcherie, anche se sia una democrazia parziale, inclusiva di forme (più o meno larvate) di ingiustizie; anche se, addirittura, sia proprio una dittatura.
Questo yuppie, schiavetto di regime, è affetto, nella sua Weltanschauung assolutamente priva di acume filosofico, da un morbo assai preoccupante: il ‘dogmatico’ sentimento d’una santa infallibilità del ‘sistema’ in cui egli vive -indegnamente- e sgomita -in modo ancora più indegno-. Bertolt Brecht è stato chiaro. Il suddetto suo insegnamento, molto noto, recita integralmente: “Quando l’ingiustizia diventa legge, la Resistenza diventa dovere”. Yuppie Pecorone di fronte a queste parole, bellissime, è analfabeta, non le sa leggere, nonostante tutti i titoli -forse uno più farlocco dell’altro- di cui consta il suo curriculum. Lui onora ogni atomo del sistema in cui è e spera di diventare sempre più importante.
Il sistema per lui è sacro, comunque, dovunque, a ogni sua latitudine e longitudine, in ogni sua componente contenutistica -dalla Legge più cardinale all’ultimo comma del regolamento condominiale nel palazzo in cui abita-. Perché a costui non importa affatto la Filosofia, il suo cervello è indifferente a Cultura, Etica, Letteratura, Democrazia, Arte. La sua psiche ama solo la propria carriera, l’attingimento di un blasonato prestigio, che non vale niente in una Repubblica delle banane, e il Tempo galantuomo lo dimostrerà sempre meglio, ma lui non lo sa, perché lui nel casco di banane, in mezzo alle sue mani e alle sue dita, è una delle banane peggiori.
Per Yuppie Pecorone una persona è tanto più importante in uno Stato quanto più alto sia in esso il suo ruolo. Nella sua mentalità il suo prestigio è direttamente proporzionale al grado ch’ella ha nella gerarchia, ai suoi guadagni, al suo eventuale possesso di incarichi istituzionali, o di cattedre accademiche, o ai galloni da dirigente apicale in un’azienda, eccetera eccetera. E se il sistema è inquinato dal metaforico letame di ingiustizie monstre? Mister Pecorone, anche in questo caso analfabeta di ritorno, non riesce nemmeno a comprendere minimamente che se un soggetto ipodotato ha un ottimo ruolo in un corrotto sistema -in cui lui abbia usurpato gloria in quanto caro ai padroni della merda- un cesso rimane, nonostante le apparenze.
Per lui la sua società è tout court la realtà; è un Valore Santo, in cui credere con acquiescente dogmatismo. Un tipo così rispetta al cento per cento il suo ‘sistema’ -il suo Bwana- anche se esso sia una dittatura. Le dirà sempre Sì, venderà la sua anima al diavolo per assurgere a onori nei suoi orrori, farà l’occhiolino al despota, scriverà, in colascionate da zelante ‘gerarca Apparatchick’, perversi versi con una miserabile rima fra duce e luce.
La Storia deve molto a chi, eroe della Liberazione, si è comportato in modo diametralmente opposto rispetto a questa tipologia di servi di regime. L’Italia onora le persone che si sono battute -con coraggio nelle emozioni e nei sentimenti, con amor di Verità nelle idee- per promuovere in questo bellissimo Paese, caratterizzato da una meravigliosa e universale Cultura, un’assoluta e splendida Democrazia. Era la notte del senso, loro l’hanno avversata, anelando alla Luce della Civiltà. Grazie, 25 Aprile.
Walter Galasso