![LEGGERE LA LEGGE CON CULTURA, NON A CUOR LEGGERO: UN BEL GESTO DELLE FORZE DELL’ ORDINE [Comune: BIELLA] LEGGERE LA LEGGE CON CULTURA, NON A CUOR LEGGERO: UN BEL GESTO DELLE FORZE DELL’ ORDINE [Comune: BIELLA]](https://www.romacampodeifiori.academy/wp-content/uploads/2025/02/about_blank_54.gif)
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DI WALTER GALASSO
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In un’ottica di manicheismo doc i buoni, in un film come nella realtà, stanno da un lato, al calduccio d’una buona considerazione dell’opinione pubblica, i cattivi da un altro, forse dietro una lavagna -famosissima ghettizzazione, paradigma di punizione per pagare il fio d’una mala marachella-. Il Progresso, però, un bolide più potente di un dragster, con un motore con i tantissimi cavalli garantiti dalla filosofia, esige un upgrading della mentalità, altrimenti certe presunte certezze, gabellate per verità dai loro agit-prop, retrocedono nella categoria delle fregnacce più fetenti di uova marce.
Voglio tentare di contribuire a questo aggiornamento provvidenziale, più aulente di una profumeria dove ogni vendeuse si diverta a stappare il fior fiore dei prodotti -costosi come la boccetta rubata da un vip che dopo il furto non ha subito nessun processo…- e a spruzzarne buona parte del contenuto nell’ambiente. Desidero commentare un fattaccio, accio davvero, avvenuto in quel di Biella, assurto agli onori della cronaca anche ad alti livelli, sulle colonne del “Corriere della Sera”. C’è un paradosso grande quanto il Monte Rosa, o forse più: l’evento si impernia su un furto, ma il suddetto fattaccio non consiste in esso, in questa sottrazione indebita, bensì…
Procedo con ordine, gustando con ardore il lento senso dei preamboli, innaffiando la suspense come un giardiniere disseta a tempo debito una pianta. In questa fase introduttiva, in questi prolegomeni in bilico tra giornalismo narrativa e poesia, mi corre l’obbligo di precisare che non tutta la cacca può beneficiare di un revisionismo politicamente corretto. È vero, gli escrementi, ebbe a notarlo anche il Faber De André di “Via del Campo”, giovano come concime, ché “Dai diamanti non nasce niente / Dal letame nascono i fiori”, su questo non ci piove -anche se nell’agricoltura una bella pioggia spesso non guasta-. Certe forme di merda, però, anche a metterci tutta la buona volontà, non si possono proprio rivalutare. Un esempio? Certi figuri della storia che sto per raccontare.
Teatro: un supermercato. Una istituzione che può ospitare larvate paturnie come l’oniomania, cioè il folle impulso a comprare comprare comprare, o un suo parente, con un cognome meno simile a un parolone, id est il classico consumismo, foraggiato anche dalle prese per i fondelli di chi ribassa di un centesimo il prezzo di listino di un detersivo e il signor X, un tizio assai minchione, abbocca all’amo con fessa ingenuità. ‘Sto pirla pare il pesce chiamato Coris julis a livello dotto, Donzella nel linguaggio corrente e “cazzo -o cazz- di Re” nel simpatico vocabolario del simpaticissimo popolo: X torna a casa con quattordici bottiglie di quel prodotto, certo di aver fatto un affarone. C’è, insomma, chi spende e spande nei corridoi di questi templi di tempi opulenti, chi acquista pure ciò che non sia strettamente essenziale, chi scambia il superfluo con il necessario, e ovviamente è un ospite graditissimo dall’équipe che lavora nello staff. Tutti, dall’alfa all’omega, dal Supremo padrone di tutta l’azienda all’ultima ruota del carro del personale, passando dal direttore del preciso punto vendita in cui Mister X entri e dia schiaffi alla miseria, lo tengono in ottima considerazione, lo inseriscono nel novero di personaggi positivi della società, e ne hanno ben donde, ché la baracca con i suoi burattini continua a funzionare anche grazie a chi indulge, in modo compulsivo, quasi in una coazione a ripetere, a un’overdose di shopping di derrate e vettovaglie. Fin qui no problem, va da sé, lungi da questo scritto mettere alla berlina, con moralismo, usi e costumi in salsa di edonistica opulenza.
Il problema, e che problema!, sorge in un’altra direzione concettuale, in un biellese punto vendita della catena “Euro… 6” -un nome di fantasia, e anche un regalo allegorico, nella sua somiglianza con un’ecologica classe ambientale dei veicoli brum roarrr brum-.
Nel negozio, in un’atmosfera che ha molto in comune con un incasinato caravanserraglio, continuano a entrare eterogenei/e clienti. Una fiumana di persone, un allupato battaglione di consumatori, chi con un pet al guinzaglio, chi con la Codacons nel cuore, tutti con schei nei portafogli. Ovviamente varia, da ospite a ospite, il numero di banconote e monete a disposizione dell’istanza di acquisti. Ci può essere il paperone, così ricco da poter inserire nell’approvvigionamento l’intera bottega -e magari se ne astiene per non fare il gradasso e recitare il ruolo di soggetto pio e democratico-, e ci può essere, anzi oggi c’è davvero, la povera signora Y, una pensionata, 84 anni, che non naviga nell’oro. Anzi, faccio apostasia dall’eufemismo: questa donna se la passa proprio male, è in pessime condizioni economiche, tira la cinghia e stenta ad arrivare alla fine del mese.
È indigente, indi diverge dalla gente che ha così tanti quattrini da non sapere esattamente quale sia il miglior modo di scialacquarli, però la Natura, sempre Democratica, ha stabilito che la fabbrica dell’appetito è uguale per tutti. Così come in tutti può albeggiare un uzzolo, un’improvvisa e alimentare voglia di… La signora, creatura che ispira tenerezza, desidera tanto un po’ di pesce, sarebbe bellissimo poter preparare pasta al tonno per sé e per il figlio. Ha solo venti euro, un budget che non le consente una scatoletta del pelagico animale. La sua psiche è così permeata di questo “vorrei ma non posso” che cerca istintivamente di ritoccare “non posso”, trasformandolo nel tentativo di trafugare di straforo l’agognato prodotto. Non resiste alla tentazione, l’acquolina in bocca è cattiva consigliera -come una Ninfa Egeria che prima di dare un suggerimento si scoli mezza bottiglia di vodka-, ella è in balia di un desiderio così piccolo, così tenero, da far sembrare struggente la sua finanziaria impossibilità di esaudirlo. Forse nella mente della donna divampa un solare ottimismo mentre nasce il birichino proposito di un taccheggio. Un doppio ottimismo, consistente da un lato nella sopravvalutazione delle possibilità di successo, dall’altro nell’escludere a priori che succeda un quarantotto se ella si appropri indebitamente di una merce del valore di quattro euro e venticinque centesimi.
Il suo cervello somiglia a un pendolo o a un metronomo, “la prendo”, “no, non devo”, “no, non devo”, “la prendo”. Tentenna, come un ossessionato falco che vada da Enna ad Aosta e viceversa, andata e ritorno, e poi ancora andata e… Alla fine degli irre orre prevale la tentazione sugli scrupoli e le paure, e Y occulta nel suo umile outfit la benedetta scatoletta e paga alla cassa meno del dovuto.
Poco dopo questo momento narrativo appare la merda di cui sopra. Dipendenti del market hanno il barbaro coraggio di fare una telefonata al 112. Di trattare come una criminale una donna, di anni 84, povera, affamata, tenerissima nella sua voglia di un po’ di pesce per lei e suo figlio. Come possono essere definite le persone che le aizzano contro le forze dell’ordine? Fanno schifo, nullità infami, vigliacche, vermi crudeli, zero poesia e compassione nel cuore, feroci robot che, con un quoziente intellettuale inferiore allo 0,00, e una sensibilità umanistica non pervenuta, non esitano a inguaiare una dolcissima creatura con i capelli bianchi. Meno male che l’uomo in divisa costretto a intervenire, mosso a compassione dalla signora quando la raggiunge e lei confessa e motiva il furto, con un beau geste evita di condurla in caserma per denunciarla, va nel market e paga lui la scatoletta di tonno. “Figliolo, te ne sono infinitamente grata”, gli dice lei, con gli occhi velati di commozione… Raggi di luce, che squarciano, nella loro poetica emanazione, il buio dell’ignoranza e dell’indifferenza cattiva.
Walter Galasso