DI WALTER GALASSO
[…INSPIRATION FROM: ‘Private Wave 2 (‘Priwatna Fala 2’), by Jacek Yerka]
Il ragazzo, all’apogeo della sua meraviglia, pensa ‘Encantado’, in riferimento a ciò che la sua soggettività sta provando al cospetto di quell’acqua. Il fatto che l’onda sia tale a prescindere dal suo contesto, assurdamente avulsa, come per magia o fiabesca fantasia, da un marino insieme, non lo spinge più di tanto a chiedersi come questo miracolo sia possibile. In lui prevale la poetica sorpresa innanzi a un’Eccezione per antonomasia.
Forse una delle cause di questo atteggiamento è il modo in cui, a suo tempo, egli ha interpretato l’anomalia durante quella dormita nella Torre. In quel sogno, in cui se n’è verificata una forma ante litteram, per così dire, egli vedeva la Wave e metteva l’accento più sulla bellezza della sua eterodossa irregolarità che su una scientifica disamina del perché e del percome. Quella sensazione è rimasta anche a posteriori, quando, sveglio e lucido, ha tentato di mentovare il più possibile il dream.
Piuttosto la sua mente è perplessa circa un altro lato della stranezza, cioè l’aggettivo ‘privata’. In quale preciso senso, si sta chiedendo adesso, l’onda, ‘dissaldata’ dalla sua situazione naturale, può essere tale? Essa, o.k., s’è affrancata dal suo mare, come un’entità emancipata in sommo grado, equoreo emblema di Libertà con la maiuscola, però è davvero possibile che, in quanto tale, possa appartenere a qualcuno? Cinto, ovviamente, auspica che questo ‘qualcuno’ sia lui, vorrebbe tanto trovare il modo di portarla seco, e farne il fiore all’occhiello del quartier generale (che verrà). Ma vattelappesca un acconcio modo per effettuare l’insolito trasloco! A meno che egli rinunci a realizzare al cento per cento il contenuto del sogno, dia a ‘privata’ un significato in senso lato, e nella corrente avventura si accontenti di filmare ‘sta cosa così grande e bella. Uhm, può andare il progetto, però non è il massimo. Nel sogno dentro la sfera subconscia -lui, nella sua memoria mirandolesca, si ricorda perfettamente tutto- il legame tra sostantivo leader e gregario aggettivo era strettissimo, indissolubile, come un connubio che tale resterà per l’eternità, a prova di attentati logici, inossidabile.
Il suo curiosissimo e scrupoloso cervello, sempre sul pezzo, con le antenne in esposizione come corna sulla testa d’un grazioso e schivo cervo, dà il la pure, su un altro crinale argomentativo, a una diversa meditazione. Riflette in merito alla possibilità che, attesa nell’Onda la relazione tra privatezza e avulsione dal globale mare a cui appartiene, nella società la proprietà privata debba essere interpretata come un’individualistica anomalia rispetto a un’originaria comunanza, universale e democratica, di beni. ‘In effetti -il suo pensiero parte in quarta, mentre gli occhi continuano a fissare lei, Wave senza paragoni sul globo terracqueo- è carino pensare che i frutti degli alberi, e tutta l’edule roba che si possa trovare, a livello agricolo e georgico, in campagna e nella Natura in genere, appartengano a tutti’. Questo il preambolo -comunque è chiaro dove vada a parare-. Poi: ‘E invece c’è sempre un padrone, d’una vigna pampinosa come d’un ferace frutteto, d’una prosperosa piantagione di ulivi come d’una distesa di raffinate carote, che se al suo fazzoletto di terra s’avvicina un affamato pezzente, intenzionato a spiccare da un ramo qualche ghiotto portato, intima l’altolà’. Altri sette secondi di cesura, e albeggia la terza puntata: ‘Il boss, è cinicamente chiaro, crede di averne ben donde, si appella alla Legge e ai suoi eterogenei derivati, fa leva sul fatto che ufficialmente, nello Stato a cui lui e il tapino ilota appartengono, sia lui e soltanto lui il titolare di quelle zolle, ergo è fatto divieto, tassativo, a qualsiasi altra persona di prendere quei frutti, se lui non sia in vena d’un regalo e non dia, magnanimo, il suo caritatevole nullaosta. Orbene, io, pensatore au-dessus de la mêlée, equidistante dai due antitetici protagonisti di questo esempio, mi permetto di far notare al ricco che se è vero che nella sua società quegli alberi vanno definiti ‘suoi’, è ancor più vero che l’Universo se ne frega. Nella Natura è normale pensare che ogni parte dell’ambiente sia, a livello primigenio, assoluta, senza paletti e senza un matrimonio fra Lady Boria e Lord Patrimonio’.
Si rende conto che pende su questa concatenazione di congetture, deliranti ma non troppo, il rischio culturale che qualcuno ne inferisca ch’egli voglia disconoscere l’autorità del sistema, il suo vigente apparato legislativo. Inferenza erronea. Lungi da lui la voglia di assumere un atteggiamento sovversivo. È un bravo ragazzo, rispettoso delle Leggi, non abita nella sua forma mentis uno slancio anarchico e iconoclasta. Semplicemente, premessa la liceità delle norme che autorizzano il proprietario terriero a impedire a un estraneo di mangiare a ufo i prodotti del suo podere e del suo potere, Cinto pensa, sulla base della pregnante vicenda dell’Onda, che esista un ordine antecedente e superiore rispetto a quello legale. Il sintetico nocciolo della ‘Private Wave’, egli crede di poter arguire dalle considerazioni fatte dianzi, può essere più o meno il seguente: un’onda appartiene naturalmente a un mare, se se ne distacchi è innaturale, e se si definisca questa irrelata e assurda Wave ‘privata’ vuol dire, in ultima analisi, che la proprietà privata non è ontologicamente primigenia e naturale.
Comincia a credere, anche un po’ turbato, che il sogno di cui sopra gli abbia voluto insegnare, in una sua valenza vagamente metafisica -nell’accezione più scientifica del termine-, proprio questa morale della favola. La ‘Private Wave’ è una provocazione intellettuale, dimostra che, almeno in ambito naturalistico, ‘privato’ e ‘assurdo’ sono i due lati della stessa medaglia. Comunque, a parte questa dissertazione, da cui, volendo, si può anche prescindere nell’interpretazione dell’avventura di questo estroso picaro, adesso egli ha davanti ai suoi occhi cotanta Eccezione, la può tangibilmente toccare, se le si avvicina e mette nell’acqua una mano.
Indipendentemente dal chiedersi quale senso filosofico possa e debba attribuirle, qui ed ora ha da capire se abbia qualche chance d’inserirla stabilmente nella sua esistenza. Su un limite non ci piove: se pure potrà portarla con sé, esistendo il preciso modo di trasferirla ad altre latitudine e longitudine, egli deve rassegnarsi a procrastinare, a data da destinarsi, il trasloco. Esso va demandato, ammesso che sia possibile, a una ditta specializzata, a un composito team di professionisti, magari in uno di quei trasporti speciali che, su qualche autostrada, su un maestoso TIR, fanno strabuzzare gli occhi agli automobilisti. Adesso il giovane può solo conoscere meglio quest’opera a base di speciale arte, vederla e rivederla per prendere maggiore confidenza (con la sua fenomenologia e pure con il suo concetto), non dimenticandosi di effettuare un video con il suo iPhone, o con il suo smartphone -li ha entrambi con sé-, o magari con ambedue. Più tracce e testimonianze di questa wonderful esperienza incamera e meglio è. Perché -è d’uopo precisare, e auspichiamo che pure lui faccia questa considerazione- può anche abortire il suo progetto di impadronirsene, ma se in patria potrà far vedere un video di tale meraviglia, un film che non avrebbe/avrà alcun termine di paragone nella sua città e in tutto il mondo, questa chicca basterà e avanzerà per fare di lui un essere speciale, per renderlo, magari agli occhi della sua donna ideale, er mejo fico der bigonzo.
Walter Galasso