UN RITOCCO A   “COMPAGNO DI SCUOLA”,  BY ANTONELLO VENDITTI   [Bozzetto  13]

DI WALTER GALASSO

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La casa stregata – Panzironi Emilio – YouTube – AMON1100 – 19 ott 2020

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   In una banca, ubicata nell’ombelico d’una cittadina, ci sono diversi clienti e, a parte le postazioni di consulenti deputati a mansioni e funzioni speciali, solo uno sportello aperto al pubblico. V’è fila, e qualche persona mugugna.
   La signorina Carla Alfetta, per esempio, pare avere un diavolo per capello, è lì lì per sclerare e sbottare in esternazioni polemiche e inconsulte. Ella ha un look ibrido: è infatti elegante dalla vita in su, mentre per il resto somiglia a una sessantottina volutamente trasandata. Questo paragone, però, non ingeneri equivoci. Non è dato d’intuire, a chi la circonda, se costei sia una rossa giacobina, magari pasionaria campionessa di militanza politica, oppure una borghese piccola piccola. Il fatto che tenda a protestare, già con lo sguardo, per la snervante attesa a cui è costretta -è entrata trentanove minuti fa- non può tradire alcun credo ideologico. Nell’impazienza somigliano un comunista della gauche -specie a rischio, il WWF esorta la gente ad adottarla-, un fascista dei tempi nostri -categoria diffusa, anche se non pare, ché eccelle nella tecnica del travestimento- e pure un moderato soggetto di centro, nostalgico del cosiddetto Capodoglio Bianco. Chiunque in un ufficio pubblico può pretendere celerità di servizio e ribellarsi se invece chi di dovere lo faccia aspettare troppo. La nevrotica demoiselle è particolarmente sulla graticola, sbuffa, bisbiglia imprecazioni, si sposta da una parte all’altra sembrando in preda a una larvata alienazione, però anche i nove utenti che stanno facendo con lei la fila sono in una fase d’incipiente incazzatura.
   Chi invece lavora in questa filiale, al contrario, al 99% pecca del vizio opposto: l’accidia. V’è un’atmosfera moscia, sembra che questi lavoratori si sentano in un’uggiosa (ed ennesima) giornata della marmotta. Si fa eccezione solo con il signore attualmente servito al front office, il titolare di un faraonico conto corrente, Alvaro Sapone, un sardanapalo che sta interagendo da mezza eternità con un dipendente che lo tratta con i guanti. Gli altri possono aspettare. E vabbè…
   Nella suddetta decina due cittadini, Paolo e Osvaldo, per ingannare l’attesa iniziano un colto pissi pissi. Però restano in tema.
   Il primo, boomer amante del glorioso cantautorato del passato, enuncia una tesi osé. Forse non ha avuto tutti i torti il noto artista Antonello Venditti, verace romano de Roma e engagé figlio dei fiori, quando in una sua celeberrima composizione ha cantato “compagno di scuola, compagno per niente ti sei salvato o sei entrato in banca pure tu?”. ‘Sta presa per i fondelli ha calamitato l’animadversione di molti detrattori, che hanno imputato all’impegnato artista una mancanza di rispetto verso una laboriosa e rispettabile categoria di onesti lavoratori, nonché un luogo comune tendenzialmente becero, un prevenuto e iniquo j’accuse, che non sta né in cielo né in terra. Nondimeno molti aficionados di Antonello, fra cui il qui presente Paolo, e tanti che la pensano come lui in merito alla bassa valenza, su un piano di creatività, di questo job, si sono allineati con la song in oggetto.
   Osvaldo, per non essere da meno e tenere testa al vicino gossipparo, estrae un asso dalla manica. Ieri l’altro, manco a farlo apposta, ha visto in televisione un comico, nella prima puntata di un varietà che quest’anno costituisce il fiore all’occhiello dei palinsesti della televisione pubblica. Il guitto, Ruggero Casamedia, in un’esilarante gag ha sbertucciato con crudele umorismo un suo cugino, direttore di un istituto di credito, sostenendo che nell’esercizio delle sue funzioni è gradatamente diventato, dagli oggi e dagli domani, un coglione in giacca e cravatta, borderline, paranoico, pieno di tic, e soprattutto sostanzialmente depresso, tanto da avere ormai problemi d’impotenza. Insomma, uno sfottò a dir poco giambico, imperniato, appunto, sul convincimento che questo tipo di attività, pur ottimo gagne-pain, fonte di una garantita e rosea locupletazione, implichi purtroppo, come brutto inconveniente psicologico, un’overdose di piatta e reificante routine.
   Accusatori -del milieu in un istituto di credito- e avvocati difensori gli uni contro gli altri (dialetticamente) armati. Chi ha ragione? S’ingerisce nella conversazione il dottor Peppino Maialdi, altro cliente, e dice la sua. La risposta più paracula, fra le tante possibili, è che questo antagonismo sia una vexata quaestio destinata a non essere domata nemmeno dal più cappato think tank di luminari accademici. Bisogna dunque sospendere scetticamente il giudizio. Ognuno, restando del e nel proprio parere, ha da tollerare chi la pensi in modo dispari, con squisito fair play, eccetera bla bla.
   Paolo è in disaccordo. A giudicare dal clima, incartapecorito e stantio, che si respira qui dentro, non solo è possibile ma risulta addirittura necessario dire che Venditti, con la sua irriverente e impietosa critica di cui sopra, non ha avuto ragione: di più! Tutta l’équipe che presta servizio in questa filiale lascia molto a desiderare dal punto di vista del brio, della celere efficienza, dell’ottimistica baldanza. C’è, fra queste mura, un non so che di splenetico, si ha la sensazione che tutti gli addetti ai lavori, dal boss apicale all’ultima ruota del carro, versino in un misterioso alloppiamento.
   Osvaldo, siccome è uomo di mondo, e nota che la discussione, se protratta, rischia di tradire il fine primigenio per cui è sorta -un impegnato cazzeggio per meglio aspettare il proprio turno-, sdrammatizza i toni cambiando relativamente argomento. Allude a colui che, in teoria, dovrebbe garantire la sicurezza in questo posto. Vicino all’entrata fa quasi pena un vigilante di serie C, Guido Paletta. Os sottolinea che i bancari, pur difettati, sono oro rispetto a questo pirla. Non ha nulla in comune con la stragrande maggioranza dei suoi colleghi, che spesso si ergono a guerrieri, all’altezza di Rambo, si sentono forti come tori, fierissimi d’una pistola nella fondina, e lanciano sguardi eroici, per ostentare l’assoluta assenza di fifa blu rispetto alla possibilità che all’improvviso facciano irruzione dei malviventi, col volto travisato, per effettuare una tremenda rapina. Loro, angeli custodi in splendida uniforme, gli faranno vedere i sorci verdi, gli daranno la lezione che si meritano. Guido, invece, dà l’idea d’essere un paradigmatico cacasotto, l’emblema della pavidità. Con una faccia molto diversa da quella di un genio, gracile, tutt’altro che un Maciste -per avere un fisico bestiale deve allenarsi come minimo due anni di seguito, sotto la guida del migliore coach dell’universo-, questo giovane è palesemente inadeguato al suo ruolo. Sprizza paura da tutti i pori, è disorientato come un pesce fuor d’acqua, pecca in autocontrollo.
   Giova considerare che è, nello staff, avventizio, lavora a part time in una collaborazione transeunte, tristemente a termine, anche se ufficialmente gli è stato detto che è in prova, e che se si comporti in modo egregio il gran capo, il dottor Mario Attore, può, all’apogeo della sua pia misericordia, anche assumerlo a tempo indeterminato. Difficile -qualora debba contare solo sul proprio merito- che ciò accada se il signor Paletta non muta a centottanta gradi il suo modus operandi e, lasciandosi alle spalle il suo tono troppo dimesso, non diventi un duro, sul pezzo, se non proprio, nella sua categoria, il numero uno.
   Fino a questo momento in lui solo un dato eccelle: la barba. Peppino mormora “Ragazzi -sono tutti e tre negli anta, ma il Nostro vuole fare il simpatico: passi-, ha un barbone decisamente degno di miglior causa”. Non ha tutti i torti.
   Enorme, una specie di foresta, curata, pettinata, nemmeno un pelo fuori posto, e poi con una forma peregrina. Chapeau! al suo figaro -da escludere che quel boschetto sia frutto della bravura di Guido, in un performante fai da te-. Però, e appunto, come una rondine non fa primavera così una barba non fa un guappo. Ci vuole ben altro per avere successo come ‘gorilla’ a presidio di un ufficio.
   Forse lui crede di poter attingere il posto fisso con un metodo antichissimo, antecedente alla notte dei tempi: leccare il culo a Sua Eccellenza il Direttore. Mentre il signor Attore esce dalla toilette, infatti, il ragazzo cambia espressione, inizia ad andargli incontro, con sguardo adorante, pronto a incensarlo con feticismo, a indirizzargli enfatici salamelecchi. Il dirigente non lo pensa proprio.
   Il Re ad honorem, diversamente da tutti gli animi alle sue dipendenze, non è sottotono, ma la banca non c’entra. C’entra un’alcova adulterina. Il personaggio, una specie di Übermensch in questo ambiente, nasconde un segreto: poco fa, chiuso a chiave nella toilette, ha telefonato alla sua amante – nata 34 anni dopo di lui-, che gli ha fatto i complimenti per il sesso di ieri sera -non è che per caso la crescita in lei di un naso di Pinocchio ha scassato una finestra?-, e lui s’è gasato. Adesso marcia, con andatura ritmica ma non per questo grintosa, come un hidalgo in vanitosa parata. Solo le sue shoes costano novecentotrenta euro, e il suo Io è fiero di questo lusso, reputandolo uno status symbol di chi comanda.
   Quanto al fido Guido, Sua Eccellenza Il Direttore -meglio regalare ‘pure’ all’articolo una maiuscola farlocca- lo ignora, ma senza cattiveria. ‘Sto guaglione, infatti, è nipote di Al Sapone, dunque non deve contare sulle proprie forze e il suo ruolo non si tocca. Alvaro e Guido si vogliono bene, sono parenti normali, non serpenti, tant’è che adesso, mentre il miliardario finalmente esce, il nipote “Ciao zio, t’ho visto ieri sera, in tivvù, sei un grande”. Origlia l’impavido aggettivo Nico, uno dei dieci in fila. Non ha partecipato alla suddetta conversazione tra i suoi colleghi, perché è un po’ introverso, ma ha seguito benissimo tutto, mentre ha calcolato, con il cronometro del suo smartphone, il tempo dedicato dalla banca -1 ora e 12 minuti- al signor Sapone. Uno che, gli è stato detto da fonti attendibili, ha fregato la Legge con porcherie come evasione fiscale e usura. Il giovane, quando il mandarino se ne va, salutato con deferenza dal Direttore e da tutti i suoi eleganti dipendenti, inizia a ritoccare Venditti nei suoi pensieri, e canticchia: ‘Compagno di scuola, compagno per niente ti sei salvato o hai pugnalato la poesia pure tu?’.

Walter Galasso