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DI WALTER GALASSO
Una bellissima ragazza, Pamela, venere anadiomene da urlo, marcia, con graziosa autorevolezza, verso l’ufficio dove lavora come segretaria.
Esce da una tabaccheria Giovanni, il figlio dei proprietari dell’esercizio, la vede e sbava dietro alla sua immagine. Il guaglione s’è da tempo invaghito della gnocca, per sedurla sarebbe capace di vendere -e pure svendere- l’anima al diavolo -anche a un suo facente funzione-. La desidera in preda a una libidica tempesta ormonale, sogna a occhi aperti di non riceverne un calcio nelle parti basse quando riuscirà a pescare in se stesso il coraggio di farle una romantica dichiarazione.
Peccato che, affetto da una mezza timidezza, essendo un tipo tendenzialmente schivo, introverso, comunque non sfacciato e spavaldo, ancora non è stato capace di salutarla o sorriderle quando sono stati vicini. S’è prefisso tante volte di rompere il ghiaccio, di farsi sotto, di osare, ma mai, nonostante la sua oceanica brama di conoscere questa fata, il suo Io è evaso dal blocco psicologico che l’attanaglia quando la dea in calze a rete è a un tiro di schioppo. È più forte di lui: la vede, sta per dirle ‘Ciao!’, o per abbozzare un incipiente inchino, che le faccia capire quanto l’ammiri, e la sua audacia s’inceppa e abortisce.
Si odia per questo gap di spavalderia e temerarietà, soffre per tale ‘vigliaccheria’, che è pure un sintomo d’irrazionalità quasi assurda. Lui, infatti, se tutto filasse liscio nel funzionamento della sua psiche dovrebbe buttarsi a capofitto nel corteggiamento di questa sexy girl. Attesa la passione che prova per lei -ne apprezza così tanto la beltà che la reputa Miss Via Lattea-, se nel suo comportamento regnasse una fulgida coerenza, ad angolo giro, dovrebbe avvertire l’incontrovertibile esigenza di manifestarle il proprio innamoramento. E invece la sua bellezza lo inibisce, ne paralizza lo spirito d’iniziativa.
In questi freni forse ha un ruolo pure il suo orgoglio. Lui teme che se, puta caso, riesca ad abbordarla e a farle capire che vuole mettersi insieme, ne riceva un umiliante ‘No’. Una simile figura di merda renderebbe la sua capacità di superare la paura (di corteggiarla) una vittoria di Pirro. Preferisce, in barba all’apoftegma ‘chi non risica non rosica’, non fare nulla e restare fermo su uno zero piuttosto che correre il pericolo di scendere sotto quel segno così simile a una ‘O’.
Comunque il ragazzo, in questo caos di contraddittorie pulsioni, a tratti autolesionistiche, soffre per l’assenza di fertile souplesse nel suo caliginoso modus operandi. Talvolta ha ipotizzato, per debellare i lacci e lacciuoli da cui è condizionato e penalizzato, di pagare il soccorso di qualche scienziato, magari di uno strizzacervelli molto noto, già ospite in tivvù di tanti talk show. Vorrebbe chiedere a un guru della psicanalisi di aiutarlo a domare i propri limiti fino a diventare un superman, un duro guascone. Tuttavia anche in questa terapeutica direzione i suoi tentennamenti sono venuti a galla, nel senso che si vergogna di confessare a un estraneo paturnie con sfumature ridicole. Il giovane non riesce proprio a capire che un allievo di Freud non può deriderlo se lui gli confessa che, pur agognando rapporti sessuali con Pamela, non fa nulla per tentare di averli, perché è un cacasotto in senso lato. Un terapeuta sa ascoltare, va da sé, con distaccata professionalità dati del genere, e certo non potrebbe mai sbellicarsi dalle risate dopo averli uditi in un colloquio con un paziente, disteso su un’amaca di ‘poltronesofà’.
Ha una ragione da vendere Mirco, il più caro amico di Giovanni, un giovanotto appassionato di musica e cinema. Stanno chiacchierando in una caffetteria, l’argomento scivola sulla segretaria -forse è la millesima volta che Giò gli parla della sua cotta- e non ne può più. Lo rampogna, certamente a fin di bene, con rude severità. “Giovà, e dacci un taglio con le tue turbe! E provaci con ‘sta Mela del peccato!, falle avances, ché se pure ti rifila un due di picche, nella peggiore delle ipotesi, la tua situazione non cambia”. Qualche secondo di eloquente silenzio, e poi “Devi ripetere a te stesso, prima e dopo i pasti, come un provvidenziale mantra, il detto “chi non risica non rosica”, senza torturarti in nevrotici pensieri che, secondo me, forse denotano pure un pizzico di stupido masochismo nella tua mentalità, nel tuo modo di fare”.
Purtroppo il destinatario di queste parole, lezione e cicchetto al tempo stesso, non ne fa tesoro, e si permette pure di allargarsi e alzare la cresta, dicendo all’altro, in un tentativo di sfotterlo, “Pasticciere, fai il tuo mestiere! Ma chi ti credi di essere, Lacan o la Bruzzone?”.
Mirco resta di stucco. “La Bruzzone? Questo è troppo!’ Che cazzo c’entra citarla con Lacan? Semmai col cancan. E poi… Avessi detto almeno la psicologa Rebecca di “Eileen”… Ah, Anne Hathaway!”. Liquidata con questa battuta la fregnaccia, ritenta di regalargli una pia terapia, ma giura a se stesso che questa è l’ultima bella ciambella di salvataggio che gli lancia. ‘Sto personaggio è davvero un minchione ‘di coccio’, purtroppo per lui tetragono e ostinato nell’arrecare a se stesso un bizzarro danno: non è il caso di aiutare troppo chi non lancia un S.O.S.. Mirco è un fan dell’ex frontman dei “Thegiornalisti”, il dottor Tommaso Paradiso, e gli sovviene, per coronare con un punto senza accapo l’explicit della faccenda, il titolo d’una sua canzone. Mette le sue mani sui bicipiti del fesso, s’inclina leggermente e “Amico mio, ficcati in testa un concetto terra terra: ogni lasciata è persa. Ma lo vuoi capire?”.
Walter Galasso
“Pasticciere, fai il tuo mestiere! Ma chi ti credi di essere, Lacan o la Bruzzone?”…e qui non smettevo più di ridere!!!