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DI LEO TIGRE
Scrivo un’ovvietà: i meravigliosi cavalli grigi che, campioni di performances ed exploit da dieci e lode, a Milano hanno incantato gli amanti del turf, e non solo, ragionano meglio e di più di certi personaggi da strapazzo e da operetta. Ci risiamo, l’irrazionale (e politicamente corretta) anarchia ha colpito ancora, sempre a scuola, sempre nella reazione ufficiale a un episodio di violenza. È davvero sconcertante che atteggiamenti informati a una evidentissima stoltezza si pongano in essere, come prima e più di prima, in un’escalation di devianza, e non suscitino le dovute rimostranze anche in chi, destinato -dagli oggi e dagli domani- a esserne inesorabilmente penalizzato alla lunga, beve l’amaro calice e ingoia il rospo. E, forse in escapismo o forse in un mero gap d’impegno, pensa, mentre i mass media diffondono la notizia, a fare ameno shopping.
Vengo al quia. Ho già alluso, in una precedente pubblicazione, al fattaccio in oggetto: ho elaborato un focus sulla sua prima puntata. In questa sede comunico info sulla seconda.
Corre il giorno 15 ottobre 2024, una data che difficilmente sarà dimenticata dalla mente del docente Rocco Latrec…. L’uomo sta lavorando in un Istituto Professionale di Abbiategrasso, un plesso dove in precedenza si è già registrato l’accoltellamento di una insegnante. Impartisce una lezione nel laboratorio di grafica. O almeno ci prova. Perché la sua spiegazione è disturbata da un discente che ascolta ad alto volume musica sul suo smartphone. Il guaglione avverte l’incoercibile bisogno di espandere ad libitum la propria libertà, con prepotente imperialismo, facendola diventare violazione di quella altrui, palese attentato alle regole, sabotaggio di un’attività didattica in corso, eccetera eccetera. Spoiler: il principale reo non è lui. Il Prof, ovviamente, lo esorta a darci un taglio, a smetterla, ché arreca un danno, non solo al proprio lavoro ma anche agli altri allievi.
Il redarguito pischello all’inizio del rimprovero forse non sa che sta per scendere in campo un inconsulto avvocato difensore, un guappo -di cartone?, no, non mi permetto di offendere il cartone-. Un compagno che non si perita di affrontare a muso duro l’Albo Mondiale delle Professoresse e dei Professori, il Ministero competente, le Leggi che non gli talentano, il Potere Costituito se rompe, la Bandiera, le forze dell’ordine, forse anche gli Stati Uniti d’America, se da New York o Washington qualcuno osi scocciare lui o un suo compare. Alcapo -ovviamente un nome di fantasia- è fatto così, se lo irritano lui subito desidera bullizzare lo Stato, così impara. Alcapo s’intromette, e aggredisce l’insegnante in due round. Il primo è orale, ed è tutto un programma, sembra uno slogan tratto da una di quelle operette narrative sulla malavita: “Chi cazzo sei tu per dire all’amico mio quello che deve fare e quello che non?”. Caspita!, costui è un duro. È proprio vero che talvolta la realtà fa marameo alla fantasia. Una simile minaccia è la deflagrazione di tutto il senso di un lavoro didattico. Basterebbe ‘sta mafiosa stronzata per far scattare equi e provvidenziali provvedimenti. Provvidenziali perché se trionfi una violenza del genere, se le si permetta di restare impunita, nulla, da adesso in poi, sarà più come prima. Ma Alcapo, adolescente maschio alfa, ha ancora sete di sadico dominio. Il round 2, zero parole, consta di pugni e calci, e accade un patatrac nel naso del docente. L’uomo prende botte, e se le tiene forse perché sa che se rende la pariglia, o almeno ricambia parzialmente le mazzate, come minimo gli comminano la pena dell’ergastolo. Nella depravazione del politically correct declinato in esagerazioni patologiche, davvero assurde, i forti di ieri sono i deboli e poveri diavoli di oggi. La gabbia è stata rovesciata -non aperta-, e tale nella sostanza è rimasta.
Il malmenato insegnante ha fede […] nella probabilità che il reo sia sottoposto alla dovuta punizione legale. Indovina indovinello, che cosa succederà al ribelle monello? Domanda purtroppo retorica. È chiaro che avete già capito com’è andata a finire. La scuola ci prova a operare nell’alveo della razionalità, e decreta l’espulsione di Alcapo. Ma… Innanzitutto la famiglia del picchiatore scende in campo, indignata: ma insomma, e che sarà mai il naso rotto di un Prof!; perbacco, che dittatura, una creatura non è libera di dedicarsi alla boxe!; orsù, è stata una ragazzata, ci sta. ‘Sto clan, armato addirittura di avvocati, protesta con l’Organo di garanzia interno alla scuola. Non ottenendo soddisfazione, alza il tiro, e si rivolge… Interrompo parenteticamente la narrazione per chiedere ufficialmente a qualche banda paesana la cortesia di suonare una marcia solenne, ché sono in procinto di citare un Organo Ufficiale -wow!-, roba grossa, con tanto di ampolloso acronimo. La tribù del giovanotto si rivolge -qui ricomincio a usare nomi di fantasia- al Bureau Scolastico dei Due Mondi, BUSCODUMO, gridando allo scandalo mentre fa ricorso: stanno facendo strame di Libertà, un ragazzo è stato condannato all’espulsione dalla sua scuola solo perché ha spaccato la faccia a un professore dei nostri stivali. BUSCODUMO accoglie il ricorso. Perché? Ma come perché! La colpa, va da sé, è della scuola, che non ha supportato adeguatamente il teen-ager, e poi punire Alcapo significa inquinare il suo processo educativo, e derogare a quel principio di recupero sancito nientepopodimeno che da uno Statuto Ufficiale -qui chiedo alla suddetta banda d’intensificare, nella colonna sonora di queste stro… fe (d’una colascionata in prosa), il pathos retorico delle trombe-. Queste ‘autorità’ non si rendono conto di quello che fanno. Oggigiorno, purtroppo, si registra una gravissima diffusione di violenza, i giornali grondano di reati di cronaca nera. Chiunque, come ‘sti signori, indulga a un permissivismo osceno, a beneficio di soggetti violenti, chiunque ne tolleri l’aggressività, per fare lo splendido con discorsi purtroppo alla moda, si metta una mano sulla coscienza. LA VIOLENZA DEVE ESSERE OSTEGGIATA E CIVILMENTE PUNITA, altrimenti, se la si giustifica, si contribuisce alla sua proliferazione.
Permettere a uno studente il pestaggio di un docente significa favorire il processo educativo? Preferisco non dedicare troppo tempo allo squallido show di figuri che eruttano fesserie -e a quello, correlativo, di chi lascia dove sono questi usurpatori di ruoli pubblici-. Preferisco osservare, in un bel circo, il numero delle foche.
Mi limito a sottolineare innanzitutto che il Prof Rocco Latrec…, impunemente umiliato, abbandonato alla sua amarezza da un sistema sconcertante, medita di lasciare per sempre l’insegnamento.
E poi voglio mettere un enorme accento su un dato evidente: io, in queste battaglie, mi dedico a tutelare diritti altrui -non certo miei-, oltre, naturalmente, a perorare una razionale legalità dello Stato. Questo articolo si prefigge di aiutare il lavoro, prezioso -e non adeguatamente tutelato, e mal retribuito, e sottovalutato a livello intellettuale- di tutte le professoresse e tutti i professori. Di questo passo, se chi di dovere non s’impegnerà nella Mission di debellare i beceri eccessi e fraintendimenti della mentalità politicamente corretta, il loro lavoro diventerà sempre più difficile. Nel contempo suggerisco, a queste amiche e a questi amici, di reagire -insieme, con un’indignazione scritta nero su bianco- ai soprusi subiti da una o un collega. Perché se, dopo la suindicata fesseria di BUSCODUMO, migliaia di docenti, incazzati e solidali, scrivessero ‘Adesso Basta!’, e si mobilitassero, nelle meravigliose modalità della Democrazia, per osteggiare la connivenza regalata a un criminale fra i banchi, probabilmente la società funzionerebbe meglio. Probabilmente il teddy boy e la sua famiglia -che non gli vuole davvero bene se ne difende la violenza-, i suoi avvocati e BUSCODUMO reciterebbero il mea culpa e andrebbero nell’ippodromo di Milano, per imparare un po’ di raziocinio dagli splendidi cavalli grigi, molto più intelligenti di loro.
Leo Tigre