ELEMENTARE, WATSON… È INNOCENTE!   [DA CRONACA A RACCONTO;  SCARCERAZIONE  DELL’ AMBIENTALISTA  PAUL WATSON]

ELEMENTARE, WATSON… È INNOCENTE!   [DA CRONACA A RACCONTO;  SCARCERAZIONE  DELL’ AMBIENTALISTA  PAUL WATSON]

ELEMENTARE, WATSON… È INNOCENTE!   [DA CRONACA A RACCONTO;  SCARCERAZIONE  DELL’ AMBIENTALISTA  PAUL WATSON]

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DI WALTER GALASSO

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   Un pelago speciale, sulla sua Carta d’Identità, liquida, è scritto “Oceano Antartico”. La solenne National Geographic Society lo ha promosso a Quinto Oceano della Terra, il suo carisma è sulle creste delle onde. Giubilo e bollicine effervescenti, nel gelo -sembra un’atmosfera di un altro pianeta- tanta euforia, silenziosissima. A queste latitudine e longitudine la trash caciara è vietata, come una battuta becera in un teatro di alta qualità. Il suo occulto meridione, il suo arcano fondale, talvolta è più profondo di sette chilometri, e 7.235 m da giù al pelo sono la traduzione (nello spazio)  di una sensazione temporale di eternità. Nuota con metafisico glamour la discreta fauna, tanti ed eterogenei esseri, che si fanno i fatti loro, schivi, forse introversi, o forse siamo noi esseri umani non sufficientemente estroversi per capirne il linguaggio, i pensieri invisibili, le dinamiche interiori. Perennemente ballerini i fluidi punti cardinali, universali e infiniti, qui non esiste l’estero, né verso ovest né verso est, non c’è uno iato fra un capo e un suddito né a sud né a nord: le orde di prepotenti sono altrove.
   Questa democratica pace è merito anche della signorilità insita in lei, la meravigliosa creatura chiamata balena. Dolcissimo gigante, tenero nella sua maestosa stazza, grazioso archetipo d’ogni sommergibile, spettacolare animale, un vanto del globo terracqueo. Ha una grandezza monstre, ma, non cattivo, non ne approfitta. Regna senza essere maramaldo, ché alberga gentilezza nel suo cuore di quasi duecento chili, centro di un’esistenza che nella fenomenologia dei suoi ieratici spostamenti rappresenta un capolavoro del fulgore subacqueo.
   Assurdo volerle male, anche perché il suo aspetto è già di per sé una preziosa risorsa da tutelare, a cui voler bene e portare rispetto, però assurdità ancora serpeggia fra certi uomini, affetti da un cervello che pare vuoto come un orpello senza funzioni, aggiunto quasi per caso a una struttura architettonica. La balena, regina cheta, signora buona di Nettuno, tende a non attaccare, ma depravati ‘umanoidi’ non ricambiano la cortesia. Vige un’internazionale moratoria che vieta la caccia a questi esemplari, tuttavia alcuni Stati non le hanno aderito: fra questi c’è il “Paese del Sol Levante”: tante virtù, come ogni posto della Terra, ma in questo vizio merita una draconiana stigmatizzazione.
   E così un natante giapponese, una nave fabbrica, una maledetta baleniera, sta viaggiando a fin di male, avendo come scopo un obiettivo così insensato che rispetto alla sua irrazionalità una partita di scopone scientifico merita il Premio Nobel per l’Intelligenza:  la caccia alle balene. In un uomo normalmente dotato a livello etico la sola idea di un arpione esplosivo sparato contro il suo benessere non può non suscitare nausea morale, schifo, rabbia, profondissima voglia di giustizia. In ogni persona ammodo c’è una pleiade di sentimenti, un club d’interiori animalisti, tutti protesi a fare il tifo per la salvaguardia, anche poetica, di questi giganti. Purtroppo, però, gli aneliti, se non coadiuvati da delibere consone ai virtuosi imperativi categorici, possono poco.
   Per esempio non hanno il potere di fermare l’infernale avanzata, in questo momento, della suddetta imbarcazione nipponica. I suoi motori obbediscono meccanicamente alle decisioni di chi la pilota -se avessero un libero arbitrio, non ho dubbi, si ammutinerebbero-, e ormai aleggia, come un potenziale strazio che ferisce l’onore dello spazio, la gamma di laide minacce contro il voluminoso e carino bersaglio di qualche bellissima whale. Il tragico conto alla rovescia è iniziato, armi assassine pregustano lo scempio. Sta per trionfare ancora una volta un volgare appetito pecuniario, sbagliato business al posto di creanza, mentre le stelle, lassù, vomitano sui colpevoli il loro cosmico disgusto.
   In questi casi solo un eroe può osteggiare la geenna, un superman in cui voli pure, nei piani alti della solidarietà, la gentilezza delle pulsioni più recondite. Vorrei chiamare ad alta voce, rivolgendomi alla Storia del Cinema, qualche prode, uno di quei paranormali fuoriclasse che con un dito arrestano la corsa di un treno dell’Alta Velocità, per esortarlo a intervenire, a stringere in un pugno la prua dell’abominevole baleniera e poi decollare e portarla in un hangar vicino Tokyo. Sicuramente i tantissimi giapponesi che la pensano come me esulterebbero, stappando bottiglie di champagne, nel vedere il mostro riconvertito a sede di una mostra artistica.
   Solo un sogno, ma, proprio quando comincio a temere ch’esso sia un’idealistica chimera, arriva davvero, in queste acque anecumeniche, un eroe in carne ed ossa. È lui, un nobile e romantico rompiballe, Paul Watson. Uno dei suoi segni particolari? È uno dei fondatori di Greenpeace! A questo grande onore, siccome l’animalismo della sua tempra fortunatamente non si accontenta, egli ha voluto aggiungere un’altra gemma, diventando protagonista di Sea Shepherd, organizzazione  pro fauna marina. Mentre tanti si stanno scervellando per trovare un ennesimo pretesto di cazzeggio arciedonistico -Rocco Ciuco, per esempio, sta proponendo, al sindaco della sua città, d’istituire la festività ‘Vigilia della Vigilia del Carnevale’-, questo personaggio, con il fisico del ruolo dello scafato lupo di mare, ha voglia, sotto i settantaquattro anni dei suoi liberi capelli bianchi, di contrastare i nemici delle sue amiche balene.
   Dipinto come ‘ecopirata’, apostrofato come criminale -falsissimo- da veri criminali, Paul arriva di gran carriera su questa scena di potenziale delitto, e già tanti pesci, che hanno riconosciuto il loro grande capitano, esultano, con sorrisi che solo un profano può scambiare per tentativo d’introiettare plancton. No no!, loro salutano con affetto il suo ennesimo blitz, sono ultrà di questo campione: forza, paiono dire -mentre lui, con la sua imbarcazione, sbarra il passo ai delinquenti-, vinci, o almeno provaci. E Paul ci prova, ingaggiando una battaglia campale. Un duello epico, memorabile. Sabota i piani dei cacciatori delle vite di balene, e quelli, costretti a battere in ritirata, se la legano al dito.
   Nel loro Paese una minoranza della minoranza spicca un mandato di cattura internazionale, perbacco!, costui è un bandolero bucaniere, deroga a…, non ottempera a…, e sciocchezze varie. Talvolta, però, nei bassifondi d’insensati regolamenti le sciocchezze hanno un effetto. Passa un po’ di tempo e il signor Watson, in Groenlandia, esattamente nella capitale Nuuk, viene arrestato. Alla bocca dell’attivista viene quasi da ridere, ma alle sue mani no, quando scattano le manette intorno agli innocenti ed encomiabili polsi. È costretto a trascorrere il compleanno in carcere, ma se ne frega. Pensa solo, con rammarico, che le sue balene sono difese da un alfiere in meno.
   Il suo cuore è permeato di consolazione, perché gli amici di quei giganti sono comunque molti. E fra questi molti, meno male, contano gli illuminati giudici della magistratura danese, che ha giurisdizione sulla Groenlandia. Deliberano la sua scarcerazione, con una sentenza che può fare scuola. Respinta al mittente la giapponese richiesta di estradizione.
   Qualcuno si stava chiedendo come si dovesse valutare il suo caso, e sembra, alla luce della spontanea velocità della loro decisione, che essi, spiegando la situazione, abbiano esordito con “Elementare, Watson… è innocente!”.
   Paul, di nuovo libero, libero di aiutare gli animali, adesso passeggia baldanzoso. Gli si avvicina un giornalista e, dopo un selfie, gli dice che autorità giapponesi stanno protestando. Mister Watson nemmeno percepisce le sue parole. Il suo apparato sensoriale è immerso nell’ascolto di una meravigliosa melodia. Se non erra… Saluta lo sconosciuto, mentre la musica s’interrompe, e si avvicina al mare. Aspetta qualche minuto, fiducioso, finché la melodia ritorna, e stavolta è più chiara, inconfondibile: è una balena, intenta a cantare. Vuole ringraziarlo, a modo suo.
   Poi la regina fuoriesce dal mare, e il Sole emana un raggio che unisce, nella sua traiettoria, i paraggi del suo enorme muso e il volto di Paul, per suggellare l’affetto che li lega.

Walter Galasso