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DI WALTER GALASSO
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Un giornale milanese aiuta un professionista, che aiuta gli artisti (che aiutano, direttamente o indirettamente, tutti). Una lodevole catena, in una trasmissione, giova precisare, in cui il verbo ‘aiutare’ sta per ‘dare a Cesare quel che è di Cesare’, caldeggiare e promuovere, sotto l’egida di precise e rilevanti etichette sociali, il valore di qualcuno, all’insegna d’una scientifica meritocrazia.
Lo stesso protagonista in oggetto, il dottor Luca Vehr, ha preso le mosse, nella sua Mission pro artisti, anche da un loro problema più alto di Punta Perrucchetti: operare in una società dove sovente una pessima conditio sine qua non dell’affermazione è una feudale entratura, l’appoggio dell’amico dell’amico, la sponsorizzazione -non di rado occulta, ma in un segreto di Pulcinella- del mandarino che fa aprire le porte. Va forte chi sia nelle grazie di un potente, chi possa fare affidamento sulle canoniche raccomandazioni -ma quando chi di dovere si prenderà la briga di ‘abrogarle’?-, il figlio o il nipote di, la… Basta così, il concetto è dannatamente già esaustivo e chiaro. Un artista che non abbia, fra i propri ‘asset’, un tale passe-partout inizia svantaggiato, come i cavalli migliori nelle corse ad handicap, e con la differenza che egli, non come i destrieri, è immerso in un décalage che è l’esatto contrario del bilanciamento democratico. Ovviamente “Una società parzialmente clanica è fondata sulla spintarella” non è l’unico problema di un pittore -per non fare che un esempio- non ancora affermato e sprovvisto di appoggi.
Quando Luca Vehr è sceso in campo per dare il la a un’attività di marketing artistico, molti anni fa, ha voluto anche, più in genere, offrire ai suoi clienti una bussola per orizzontarsi nella giungla del mercato e uno strumento professionale per tutelarsi dalla propria inesperienza, dalla propria ingenuità, per certi versi naïf. Il campo dell’arte è peregrino, l’opera da vendere non è, nella Weltanschauung di molti soggetti, strettamente necessaria, come una derrata, né ghiottamente edonistica, come una motocicletta per un centauro. La strada dalla sua produzione alla sua vendita è in salita, una pendenza che aumenta se il demiurgo, l’artefice del prodotto bello e poietico, sia, come spesso accade, un gigante dai piedi d’argilla. Animo grande, sensibilità rispetto alla quale un radar è uno strumento imbecille e ottuso, squisita sintonia con lo spirito dell’universo, questo attore sociale può essere nel contempo alquanto imbranato nella quotidianità degli interscambi, in quel vasto do ut des dove si dà una merce affinché si abbia in cambio, da chi le sia interessato -id est ogni potenziale cliente- tot conquibus. Il successo dell’artista non scafato s’inceppa nel suddetto “affinché”, e sorge subito la solitudine (del suo lavoro), l’irrelata autoreferenzialità di chi, beandosi di un suo quadro in una bottega, un attimo dopo cambia umore, perché la sua gioia si ammoscia nel ricordarsi che il dipinto è stato partorito un anno prima e nel frattempo il numero dei clienti non è salito nemmeno a 1. E poi, a parte l’eventuale gap di know-how mercantile in un artista ‘puro’ e poco astuto, in qualsiasi branca della dimensione lavorativa il pivello, l’autore alle prime armi abbisogna di una guida.
Il signor Vehr, permeato d’una tempra pioneristica, quando s’è tuffato in un’audace coupure del suo cammino professionale ha voluto donarla a ogni suo potenziale cliente, anche ai timidi, che non se la sentono di lanciare un S.O.S. e soffrono nell’invisibile interiorità della loro rabbia boomerang.
Sul suo Canale YouTube, che mentre scrivo ha 3360 iscritti -recentemente è stato teatro del workshop interattivo “Come Vendere Arte”-, l’incipit della presentazione include “brucia la sua laurea per inseguire la sua folle passione…”. Egli è stato un ingegnere informatico, ma in realtà, al netto dell’indubbia virata, il predicato “bruciare” forse può essere sostituito da “arricchisce”. La sua competenza informatica, infatti, è stata sicuramente preziosa nel suo nuovo lavoro, radicato nella Rete: ogni attività, se voglia essere davvero up-to-date e proficua, deve esserlo, ha da inquadrarsi nel meraviglioso oceano di Internet.
Luca, un ribelle non allineato, come si legge sul suo sito, sempre lungi dalla voglia d’impancarsi a guru, nel comunicare innanzitutto a quali idee non crede inizia il discorso sottolineando che lo smartphone e il digitale non sono nemici del mestiere dell’artista. Tipo pragmatico, enuncia la tesi dopo averla messa in pratica, a partire dal 2005, l’anno della svolta.
Innanzitutto un ‘hors-d’oeuvre’ -della fenomenologia del suo talento-, rappresentato dal progetto di iniettare nuova linfa nella rivista fotografica -Franco Maria Ricci Editore- ‘FMR’ -“definita da un grande regista come Federico Fellini “la perla nera dell’editoria mondiale”” (lucavehr.it)-. Poi una brillante sequenza e sequela di iniziative.
La prima, appunto, un blog online, nel 2015, archetipico sito, a livello europeo, del marketing fotografico: lui ci tiene, giustamente, a sottolineare come questa ‘aurora’ abbia incluso il coraggio di infrangere regole ortodosse.
Discende indirettamente da questo debutto, che come ogni ‘prima volta’ ha un sapore speciale, ‘mercatofotografico.net’, “ll primo sito in Italia dedicato al marketing fotografico”.
“Giornale dei Navigli” lumeggia con precisione gli highlights della sua ascesa. Diverse le pietre miliari. L’art advisor e l’art consultant intima l’altolà a ogni tentennamento nella progressiva crescita del suo impegno, e nel 2019 piccona un antipatico tabù, cristallizzando le sue scientifiche dritte a favore degli artisti -in barba all’idea ch’essi non possano avere un metodo di vendite come quello di un’industria di automobili- in una precisa Accademia, “Fine Art Photo Academy”. Il nuovo avanza, l’uovo di questo progresso si spacca e ne esce un’inedita forma del rapporto fra ispirazione e conto corrente. Nel 2020 fonda la ‘Luca Vehr International Consulting’, in cui eroga performances nei panni di esperto che, con le sue consulenze, funge da coach per artisti sia materici che digitali. I suoi insegnamenti di marketing non trascurano mai la fotografia, star delle nuove arti visive. All’Accademia il poliedrico Luca, che non bada a spese mentali, dona, come sorella quasi gemella, la ‘NFT Artist University’. È online, profuma di futuro mentre deodora le chances del presente. L’anno scorso si è nitidamente definito il profilo della ‘Super Artist Academy’, e contestualmente egli ha affinato il sistema d’internettiana condivisione di apprendimento e insegnamento in un’omogenea community online, tutti maestri e tutti discenti al tempo stesso, con un’osmosi contrassegnata da feedback e una forza dell’insieme diversa e superiore alla mera somma delle parti.
La missione di questo brillante ed eclettico professionista merita il dovuto approfondimento, e il ricco articolo del “Giornale dei Navigli” contribuisce molto a far germogliare nei lettori l’istanza di saperne di più. Il dottor Vehr, già ingegnere informatico, non vuole essere chiamato ‘professore’, ma lo è, e le sue lezioni possono giovare molto a qualsiasi artista.
Walter Galasso